Corpi senza volto – Tess Gerritsen

SINTESI DEL LIBRO:
Gliel'ho detto, non c'è niente da vedere. Non c'è più nessuno.»
«Lei mi aspetti qui, d'accordo? Quando torneremo in città, la
pagherò il
doppio.»
Redfield afferrò lo zaino, uscì dall'auto con l'aria condizionata e si
ritrovò davanti un muro di umidità. Non portava uno zaino dai tempi
del
college, quando viaggiava per l'Europa con pochi soldi in tasca, e
mentre
se lo metteva sulle spalle ormai non più muscolose, con i suoi
cinquantun
anni si sentì un adolescente troppo cresciuto. Ma per nulla al
mondo sarebbe andato in giro in quei Paese dalla calura soffocante senza
la sua bottiglia d'acqua purificata, la lozione antizanzare, la crema solare e
i medicinali contro la diarrea. E la macchina fotografica: non se ne
sarebbe mai separato.
Rimase in piedi, grondante di sudore, nel caldo del tardo
pomeriggio, alzò gli occhi al cielo e pensò: splendido, il sole sta calando e al
tramonto arriveranno le zanzare. La cena è servita, piccole bastarde.
Poi s'incamminò. L'erba alta nascondeva la strada e Redfield finì
in un
solco affondando nel fango fino alla caviglia con le sue scarpe
leggere da
trekking. Su quella pista, evidentemente, non passavano veicoli
da mesi e
madre natura se n'era subito riappropriata. Redfield si fermò per
un istante,
ansimando, scacciando gli insetti. Quando lanciò un'occhiata
dietro di sé e
notò che l'auto non era più visibile, si sentì pervadere da un
senso d'inquietudine. L'autista lo avrebbe aspettato? Lo aveva portato fin lì con
riluttanza
e, mentre percorrevano la strada sempre più sconnessa, era
diventato via
via più nervoso. Lì c'erano persone cattive, gli aveva detto, in
quella zona
erano successe brutte cose. Se fossero scomparsi, chi sarebbe
venuto a cercarli?
Affrettò il passo.
L'aria umida sembrava avvolgerlo in una cappa sempre più
stretta. Udiva lo sciaguattare dell'acqua nello zaino e aveva già sete, ma
non si fermò
a bere. Con un'ora o poco più di luce che gli restava, doveva
muoversi. Gli
insetti ronzavano nell'erba e tra le fitte chiome degli alberi vicini
udì quelli
che gli parvero richiami di uccelli, anche se erano piuttosto
insoliti. Tutto
in quel Paese era insolito e surreale e lui camminava come in
trance, col
sudore che gli colava sul petto. La frequenza del suo respiro
accelerava a
ogni passo. Mancavano poco più di due chilometri secondo la
cartina, eppure gli sembrò di dover camminare all'infinito e persino dopo
l'ennesima
applicazione di repellente le zanzare continuarono ad assalirlo.
Nelle orecchie aveva solo il loro ronzio, e il suo volto era una maschera
pruriginosa
di punture.
Incespicò in un altro solco profondo e cadde in ginocchio
nell'erba alta.
Mentre se ne stava accovacciato per terra a riprendere fiato, ne
sputò un
ciuffo che gli era finito in bocca. Era tanto esausto e scoraggiato
che pensò
fosse tempo di tornare indietro, di salire su un aereo per
Cincinnati con la
coda tra le gambe. La vigliaccheria era, dopo tutto, molto più
sicura. E più
comoda.
Sospirò, mise una mano in terra per rialzarsi, ma rimase
immobile a fissare l'erba. Tra i fili verdi brillava qualcosa, forse di metallo. Era
solo un
bottone di latta, ma in quel momento gli sembrò un segno. Un
talismano.
Se lo infilò in tasca, si alzò in piedi e continuò a camminare.
Alcune decine di metri più in là la strada si aprì all'improvviso in
un'ampia radura circondata da alberi alti. Dall'altra parte dello spiazzo
si ergeva
una struttura solitaria, un tozzo edificio di blocchi di calcestruzzo
con un
tetto di lamiera arrugginita. I rami e l'erba frusciavano mossi dalla
brezza.
Questo è il luogo, pensò Redfield. Qui è accaduto.
D'un tratto il suo respiro gli parve troppo rumoroso. Col cuore che
gli
martellava nel petto si tolse lo zaino, lo aprì ed estrasse la
macchina fotografica. Documenta tutto, pensò. La Octagon cercherà di farti
passare per
bugiardo. Faranno di tutto per screditarti, perciò devi essere
pronto a difenderti. A dimostrare che stai dicendo il vero.
Redfield avanzò nella radura verso un mucchio di rami bruciati.
Toccò
quelli più sottili con la scarpa e avvertì un puzzo di legno
carbonizzato. Allora arretrò sentendo un brivido lungo la schiena.
Erano i resti di una pira funeraria.
Con le mani sudate tolse il copriobiettivo e iniziò a fotografare.
Tenendo
rocchio premuto sul mirino, scattò una foto dopo l'altra: i resti di
una capanna bruciata, il sandalo di un bambino in mezzo all'erba, un
pezzetto di
stoffa strappata di un sari di colore vivace. C'era morte ovunque
guardasse.
Si voltò a destra e la macchina inquadrò un muro di vegetazione.
Stava
per scattare un'altra foto quando il dito gli si bloccò sul pulsante.
Una sagoma sgattaiolò oltre il rettangolo del mirino.
Redfield abbassò la macchina fotografica e si raddrizzò,
scrutando gli
alberi. Adesso non vedeva più nulla, solo i rami che
ondeggiavano.
Laggiù... cos'era stato, un rapido movimento al limite del campo
visivo?
Aveva scorto soltanto qualcosa di scuro che ballonzolava tra gli
alberi.
Una scimmia?
Doveva continuare a scattare. La luce stava calando
rapidamente.
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