Canzoniere dell’assenza – Antonio Spagnuolo

SINTESI DEL LIBRO:
La poesia diviene nel ritmo la tappa dell’informe che cerca la
forma, del caos che cerca l’ordine, della speranza che cerca l’esperienza, dell’impossibile che cerca il possibile, dell’illusione che cerca
la realtà. È essa stessa l’infinito che ribolle nei limiti, o
semplicemente un messaggio in bottiglia che vive della speranza di
un pos- sibile dialogo differito nel tempo. Nulla cambia
nell’inconsapevole rivoluzione dell’inconscio, passo dopo passo nel
rigore dell’esplora- zione di quelle emozioni che tingono di rosso il
simbolo. Mentre il corpo nomina la propria presenza, sulla scena del
mondo pur sem- pre densa di ombre, con il calore proprio della
carne, la mente evoca il tempo che trascorre, per rincorrere le
sfumature di emozio- ni nell’incrociare il mistero delle pulsioni e
sedurre indecisioni e tur- bamenti.
I fantasmi che quotidianamente la memoria insegue sono
improvvise illuminazioni che il nostro cervello accetta nel segreto dei
ricordi, incasellati disordinatamente nelle circonvoluzioni .
Rielaborare delle palpitanti presenze, concrete e vitali, cristallizzate
nell’insolubile raffinatezza del disincanto, diviene il magico soffio
vitale della illusione in una circolarità infinita che si dissolve soltan- to
nell’impulso che l’arte, la poesia, percepisce e comunica. Ed è così
che la forma poetica, rincorrendo le figure che si affacciano al nostro
sguardo misterioso, è stata sempre connessa a quella più
strettamente musicale, considerando la sillaba non solo come nesso
ortografico ma anche come suono, un ritmo che si sviluppa in
crescendo, per agganciare i profili che ritornano alla mente. I
fantasmi vengono appagati nei meccanismi di condensazione,
spostamento e simbolizzazione in una interazione che attiva il
disvelamento del subconscio in un percorso emozionale che appare
nella riappropria- zione del “sé”, veicolando emozioni e colori.
Attraverso il cromati- smo dell’iride, che socchiusi gli occhi spazia
per variazioni inaspet- tate, un sotterraneo fiume carsico trova la
luce sfuggente e inattin- gibile del tempo trascorso e irripetibile, tra le
illusioni di un presen- te dirompente nella calamita delle immagini.
Soltanto i ritmi (dura- te o tempi) ed i colori (timbri o forme), nello
scrivere e nel leggere le cose vanno verso il pensiero che affascina
e tortura, vanno verso il rumore della parola che risuona come idea e
fotogramma nella mente. Vi è molta difficoltà a dipanare i fili del
pensiero, quando questi sia avvolto come una matassa inestricabile
nelle illusioni di un recupero impossibile, sullo stesso piano inciso
dalla allegoria che deriva dalla visione. La memoria focalizza i
simboli del mistero che nel tempo riconosce le immaginazioni
rielaborate e registra le sem- plici azioni rincorse negli attimi che
fuggono. Il desiderio di rivive- re attraverso i sensi le ore che sono
ormai ricordi sbiaditi è un vul- cano, un terremoto che dalla mente
violentemente spacca le inter- ruzioni e diviene rinnovamento di
energia per una consumazione che non avrà dettagli.
L’assenza della persona amata è il baratro incolmabile che si apre
ogni sera, quando fra le coltri la mano inutilmente cerca quella carne
che per decenni ha concesso il profumo della sublimazione, quella
carne che nella certezza del dono ha riattraversato le frontie- re del
tempo per sigillare lo stupore della fantasia e la dolcezza del tocco.
L’inganno affiora, denso di lusinghe, pronto a filtrare riflessioni e
sensazioni che la ragione non può controllare, mentre sorge con
prepotenza l’intuizione del linguaggio, espresso in differenti
variazioni, per delineare le sfumature del ricordo. A poco a poco le
visio- ni si svuotano coerentemente e intimamente e si trasferiscono
nelle parole che sono mutevoli, deperibili, diversamente sfaccettate,
deformanti, tali da ricostruire a volte anche in falso quelle che sono
le visioni del ricordo. Ed il ricordo intanto sopravvive fin quando
esiste un cervello che lo custodisce.
Fascino sempre accattivante e comunque debordante la ricerca
che porta alla luce i fotogrammi del passato, in un’atmosfera di anarchia immaginaria dove il reale e l’onirico, senza prefissazione alcuna
e di metodo e di rigore logico si alternano e si inseguono , si frappongono e si giustappongono si elidono o si integrano in un nucleo
ampio e rutilante, incontrastato e autentico nella sua creatività.
Il mondo perduto diviene il mondo da riconquistare, che si può
rivedere come rivivere solo nella fluttuazione nodosa del linguaggio.
I fogli sono il linguaggio che narra, che medita, che soffre, quali
grumi di speranze, di sogni, di sfiducia, sublimando l’essenza e lacerando il disperso nella ir/razionalità della scrittura.
La poesia ha come pilastri di appoggio i sentimenti tutti, indistintamente, la parola nel suo evolversi rapidamente,la memoria con i
suoi rapidi flash, la musicalità con i suoi acconciamenti, elementi che
fanno della realtà materia di decantazione affinché la realtà stessa si
traduca in immagine: quindi lirismo, passione, libertà emotiva, che
richiedo o un verbo ardito, polivalente, multiplo, per affrancare le
interiorità volte all’eccelso, al superiore, quasi al divino. La parola è
creazione umana, virtuale, qualcosa di tangibile, mentre l’anima è
ultraumana e la difficoltà della poesia sta proprio nella ricerca della
forma che determini un equilibrio fra il dire e il sentire, fuori dalla
speculazione razionale, e immersa nella chiarezza del linguaggio.
L’esperienza del poeta volge al fine verso la idealizzazione della propria interiorità : una scintilla che lo pone nell’universale, mentre una
voce mentale a tratti si fa corpo ed anima, entrambi macerati dal
sortilegio del fato che malgrado tutto incombe fra le pieghe del
diuturno. Il tempo fluisce rapido e non lascia spazi per cavare dal
silenzio l’irreale, che non cambia nella maturità di una memoria
insaziabile e disperata, anche quando il mondo dell’immaginazione
imprime un segno indelebile nella indefinita coscienza
dell’inquietudine.
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