Amelia e Alejandro, Le barriere della passione – Giovanna Mazzilli

SINTESI DEL LIBRO:
Ordini, consegne, scadenze… Oggi proprio non sopporto
nessuno! Giorni come questo mi fa rimpiangere il letto, il mio cuscino
morbido, che si adatta perfettamente alla mia testa, seguendo la
linea del collo e il calore familiare del mio appartamento.
L’ho reso un ambiente troppo confortevole, sapevo di sbagliare
ma è stato più forte di me. Ho voluto lasciare casa dei miei, anche se
a malincuore. Stavo bene con loro, ma quando mi si è presentata
davanti la possibilità, non potevo voltare le spalle alla fortuna. Non
avrei mai trovato, a quel prezzo, un altro tre locali, appena
ristrutturato, al decimo piano con ascensore, con un balcone enorme
dal quale si può godere la grandezza e la bellezza del Duomo di
Milano.
Anche Lorenzo, mio padre, mi ha convinto subito a prenderlo,
andando contro Francesca, la sua adorata moglie e quindi mia
madre, che ovviamente non era entusiasta del mio trasferimento.
Avevo un po’ di denaro da parte e l’ho usato subito per bloccare
l’acquisto. La cifra rimanente l’avrei saldata aprendo un mutuo, ma
papà me l’ha impedito. Ha voluto pagare l’altra metà
dell’appartamento, senza sentire discussioni, soprattutto da mia
madre. Ha voluto spendere così una parte della sua liquidazione.
Faceva il geometra, ora è in pensione da un paio d’anni. Mia madre
invece lavora ancora. Ha un piccolo negozio che ha aperto insieme
alla sorella, mia zia Annamaria. Vendono prodotti omeopatici e di
erboristeria, che io adoro.
La mamma ancora oggi, a distanza di un anno, non ha accettato
del tutto la nostra separazione. Il cordone ombelicale che ci lega non
è stato ancora reciso del tutto, ma devo ammettere che a me non
dispiace. Sono una mammona, ormai lo sanno tutti, persino i miei
due fratelli se ne sono fatti una ragione. Quando ci sono le riunioni di
famiglia – Natale, Pasqua o compleanni – se sono presente io nella
stanza, lei ha occhi solo per me.
“La più piccola e la più viziata” mi ripetono sempre. Anche se non
è quello che mi lega così tanto a lei. Il nostro rapporto è
semplicemente… complicato. Vi ricordate il guscio di cui parlavo
prima? Quello mi ha protetto tante volte, dalle cattiverie delle mie
coetanee che, ai tempi della scuola, mi additavano dandomi della
“sfigata”, della “secchiona” o dalle delusioni e i sogni infranti dovuti
alle mie improvvise passioni, che poi si rivelavano un fallimento
dietro l’altro. Ancora adesso penso al mio insano sogno di diventare
una ballerina di danza classica, cosa che poi si è rivelata un disastro
completo, visto il mio poco talento e la mia mancanza di
coordinazione. Mi sono fatta coccolare troppo e sono più che certa
che la mia paura di socializzare sia dovuta a questo.
«Amy c’è un cliente che ha bisogno di te! È nella corsia ventuno»
la voce di Paolo mi riporta indietro dai miei pensieri. Alzo gli occhi
dal computer e lo vedo sorridere. Lui è uno dei pochi che mi chiama
così qui dentro, invece che Amelia, il mio nome per intero.
Lavoro in questo supermercato da cinque anni, Paolo da dieci. La
cosa strana è che, sulla carta, io sono il suo capo, nonostante lui
abbia più di quarant’anni e più esperienza lavorativa di me. È una
brava persona e un ottimo collega e il mio avanzamento di carriera
riguarda solo la mia predisposizione verso la tecnologia. Ci siamo
computerizzati, in pratica con tutte le procedure, e lui non ci capisce
nulla d’informatica. Così da semplice addetta ai reparti, sono
diventata responsabile.
«Arrivo subito, finisco di mandare quest’ordine» gli rispondo
velocemente. Salvo il programma e lo raggiungo in corsia, sbuffando
mentalmente per questa giornata interminabile. Mentre immagino il
mio divano super confort, sfoggio il mio sorriso di cortesia e
accantono tutti i pensieri che mi frullano per la testa.
Mentre parlo con il cliente, e con altri tre che si sono avvicinati
anche loro per chiedere informazioni e consigli, vedo il mio capo
Giorgio, il direttore del supermercato, fermarsi di fianco a noi a
parlare con Paolo.
Okay, sono sincera. Non è lui che ha attirato la mia attenzione, ma
la persona che c’è alla sua sinistra e che non ho mai visto prima.
Alto… anzi molto alto, troppo alto! Sono certa che sfiora i due metri,
facendo impallidire il mio metro e settanta. Ha due occhi neri e
profondi che si posano sul mio viso e mi fanno arrossire senza
motivo. Sicuramente si accorge di questo mio cambiamento, infatti,
le sue labbra si aprono in un sorriso luminoso che mi spiazza. Denti
bianchissimi e perfetti che risaltano sulla sua carnagione
abbronzata. Nella mia mente si manifesta l’immagine di un bicchiere
di caramello liquido e caldo; mi viene l’acquolina in bocca quando
vedo la mia proiezione che inserisce un dito al suo interno e se lo
passa sulle labbra. Sento i battiti del mio cuore accelerare
inspiegabilmente.
Che mi prende?
Lo vedo annuire quando Giorgio fa un cenno nella mia direzione.
Continua a sorridere, distraendomi sempre di più. Risolvo i problemi
dell’ultimo cliente e decido di raggiungerli, sperando di non cadere in
qualche situazione troppo imbarazzante.
«Amelia, eccoti qui. Ti sei liberata della cerchia di clienti?» mi
domanda Giorgio, ridacchiando. Succede ogni giorno e sa che non
riesco a evitarlo. È la parte del lavoro che preferisco, sono troppo
generosa.
«Sì, anche se non so quanto possa durare questa tregua. Avevi
bisogno di me?» gli domando curiosa, mentre il mio sguardo si
sposta da lui a Paolo, evitando volontariamente il volto dello
sconosciuto.
«No, volevo solo presentarti Alejandro Ferri. Prenderà il mio posto
alla fine del mese» annuncia all’improvviso lasciandomi senza
parole.
Alejandro.
Quel nome è una carezza sensuale che mi riempie la mente, mi
confonde e mi fa avvampare.
«Ah, wow. Non sapevo nulla…» farfuglio imbarazzata per quel
calore assurdo che sto sentendo in tutto il corpo, anche in parti
assopite da sempre.
Sì, ve lo confermo, anche se sono sicura che l’avevate già capito.
Ho ventiquattro anni e sono ancora vergine. Ogni volta che ci
penso, sento Madonna cantare “Like a Virgin” a squarciagola,
proprio come sta facendo in questo momento.
Non ho mai voluto farlo con nessuno.
I pochi ragazzi che s’interessavano a me, mi facevano passare la
voglia anche solo di provare un qualsiasi tipo di approccio sessuale.
Io sarò stata una sfigata, ma loro erano molto più che patetici.
«Beh, il trasferimento è stato confermato soltanto la scorsa
settimana. Ci speravo, ma non c’era niente di sicuro. Torno nella mia
Bologna, finalmente! Comunque Ale mi sostituirà alla grande. Mi
hanno parlato benissimo di lui» continua il capo, ma io non lo
ascolto. Tra la mia mente che lavora anche troppo e il bum-bum del
mio stupido cuore che mi rimbomba nelle orecchie… okay, sto
impazzendo. Calmati! mi urlo contro nella testa, all’improvviso.
«Ale, lei è Amelia Mombelli.»
Guardo la mano dello sconosciuto che si allunga verso di me e lo
sento finalmente parlare. «Piacere Amelia» dice con tono
chiaramente divertito.
Ha capito, ne sono sicura! Sto già sprofondando per la vergogna.
Amy ma che ti prende? mi sussurra Madonna che ha smesso per un
attimo di cantare.
«P-piacere mio» riesco finalmente a dire, mentre afferra la mia
mano sudaticcia e la stringe a sé.
È bollente. La sua voce è lava calda e la sua pelle fuoco ardente.
Il suo corpo è paragonabile a un vulcano. Mi ricorda l’Etna e la sua
piena eruzione, spettacolo che ho avuto il privilegio di gustare più
volte nella mia vita, grazie ai parenti che vivono in Sicilia e alla loro
ospitalità nei mesi estivi.
«Amelia è l’anima di questo posto. Forse è la sua aria timida che
attira i clienti, o magari è altro. Io non sono riuscito a capirlo, magari
tu ci riesci!» fulmino Giorgio con lo sguardo, tanto fra una settimana
non sarà più qui. Non poteva evitare di dire quella frase? Come se la
mia faccia color peperone non bastasse a fargli capire il mio stupido
carattere.
«Non vedo l’ora. Sarà di sicuro molto divertente» dice Alejandro
fissandomi con i suoi profondi occhi e con stampato sul viso, un
sorriso provocante.
Divertente? Che cosa sono, un fenomeno da circo? Sto per
rispondergli sgarbatamente quando lo vedo passarsi una mano tra i
capelli, spettinandoli un po’. Come mai non avevo notato prima
quella chioma color cioccolato? Sembrano morbidissimi, potrebbe
fare da testimonial per qualche pubblicità. Mi sta facendo venire
voglia di aggrapparmi a quelle ciocche e tirare così forte verso di me
da obbligarlo a baciarmi per ore, pregandomi di lasciarlo libero.
«Non c’è niente da capire. Sono una persona normalissima» mi
ritrovo a dire, mentre allontano con forza l’idea avuta pochi secondi
prima, «Ora se volete scusarmi, il lavoro mi chiama. A dopo Giorgio,
ciao Alejandro, ci si vede in giro» dico con foga, allontanandomi da
loro e dirigendomi verso l’ufficio.
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