Abbandonare l’oscurità – Tibby Armstrong

SINTESI DEL LIBRO:
Il ticchettio della sfera di ceramica, che batteva contro i mattoni
irregolari, cedette il passo allo scorrere più agevole del bastone sul
cemento. Benjamin rilassò le spalle. Quel quartiere lungo Pinckney
Street, dove il marciapiede sembrava sollevarsi di notte, era sempre
pieno di incertezze. A ventotto anni, avrebbe dovuto correre per le
strade della città di Boston, e non procedere con grande cautela
come se ne avesse ottanta di anni; ma del resto, nemmeno le
persone vedenti avevano molto spesso il coraggio di correre lungo le
brutte copie anticate dei marciapiedi. Farlo sarebbe stato un invito a
nozze per una distorsione alla caviglia o un arto fratturato, a
prescindere dall’età o dalla propria agilità.
Il vento divenne più forte in Joy Street, portando con sé il
profumo dell’oceano in raffiche che gli gelarono il viso e gli
sollevarono i capelli. L’umidità che gli si appiccicò alla pelle,
prometteva una tempesta di neve che avrebbe ridotto il traffico
pedonale. Per diversi secondi, dalle facciate di pietra di arenaria
rossa che ricordava, gli tornò indietro solamente l’eco del picchiettio
graffiante del bastone. Vent’anni dopo avere lottato contro il Signore
della Guerra, oltrepassò i confini dei suoi ricordi per ricostruire
un’immagine mentale delle storiche illuminazioni a gas e delle opere
vittoriane in ferro battuto avvolte dalla nebbia.
Avvicinandosi sempre più a Beacon Street, i rumori della città – il
fischio degli pneumatici di un kneeling bus e lo stridere del tutt’altroche-sicuro impianto di scarico di un’auto – dipinsero un’immagine più
precisa dell’ambiente che lo circondava, e lasciò andare i ricordi
visivi che in quel momento sembravano meno reali del mondo
sonoro attorno a sé. A diversi isolati di distanza, le campane della
chiesa di Park Street batterono l’ora.
Benjamin accelerò il passo e tirò in su il colletto. I suoi amici, e
talvolta compagni di caccia ai vampiri, Akito e Nyx, lo stavano
aspettando vicino al Parkman Bandstand del Common, dove la sera
prima Akito pensava di aver visto un vampiro aggredire un essere
umano. Un’altra notte di appostamenti per cercare di fare ciò che i
poliziotti non riuscivano a fare. E come avrebbero potuto? Anche se
le autorità avessero creduto loro – al fatto che, negli ultimi tempi, i
senzatetto di Boston venivano catturati e mangiati dai vampiri – non
è che sapessero come combattere le creature in cui si sarebbero
imbattuti durante la notte. Non come Akito o Nyx, e soprattutto non
come Benjamin.
Ho tempo per te, adesso.
Gli salì bruscamente l’adrenalina in un flusso sgradevole. Il
bastone in mano, Benjamin si voltò a destra e a sinistra, e usò la sua
seconda vista di cacciatore per scrutare la zona in cerca del suo
assalitore. Un odore muschiato composto da un miscuglio di fumo,
peccato e creature non di questa terra gli si spalmò in gola. L’odore
lo avvolse, facendogli rizzare i peli del collo e aumentare i battiti del
cuore. Benché non avesse rilevato alcun segno di aura
soprannaturale, i suoi altri sensi lo avvertirono che forse non era
solo.
«Chi c’è?»
Sopra il rumore del suo stesso respiro pesante, udì delle auto,
una bicicletta in Beacon Street, e il fruscio delle ultime foglie secche
su di un albero vicino. Piegò la testa da una parte e dall’altra nel
tentativo di cogliere suoni e odori. Niente. Fece un profondo respiro
e raddrizzò le spalle, abbassando il bastone con la lama nascosta
all’interno e che stava per sfoderare. Doveva essere stato solo il
vento, e il fumo di uno dei tanti caminetti di Beacon Hill accesi per
stemperare il freddo.
Quando raggiunse l’ingresso più vicino del Boston Common, si
era convinto di aver immaginato quella voce. Meno di due minuti di
camminata veloce, ed era sceso giù per ventidue gradini di granito e
aveva oltrepassato Frog Pond, la pista di pattinaggio. I sensi in
massima allerta, sentì ogni singola foglia che veniva calpestata e il
rumore di passi. Alcune persone gli passarono vicino spensierate e
ignare che esistessero, in realtà, spaventose creature della notte.
Invidiava la loro inconsapevolezza.
«Benji?»
Benjamin si voltò di scatto brandendo il bastone, ma poi si rilassò
quando riconobbe l’aura dorata e lievemente brillante di Nyx, l’unica
prova visibile del suo mondo altrimenti cieco. «Merda. Non
avvicinarti di soppiatto in questo modo.»
«Scusa.» Nyx avanzò verso di lui con grandi falcate, l’energia
della sua aura forte e vitale. «Stai bene?»
«Sì.» Perlustrò l’oscurità oltre la donna, alla ricerca di mostri di
cui non voleva veramente accorgersi.
«Bugiardo,» lo accusò lei, mentre camminavano. «Cos’è
successo?»
«Cosa ti fa pensare che sia successo qualcosa?»
Nyx posò una mano sulla sua, e lui si rese conto che stava
picchiettando nervosamente il bastone contro il selciato. «Ci
conosciamo fin da bambini. Riesco a capire se c’è qualcosa che non
va.»
In tutta tranquillità, Benjamin forzò un sorriso. «Mi sono solo
spaventato mentre venivo qui. Non era niente.»
Nyx fece un respiro, che poi rilasciò con un soffio pesante. «Già.
Io e te sappiamo meglio di chiunque altro che Boston si riempie di
creature di cui avere paura, dopo il tramonto.»
In risposta, Benjamin fece una risata imbarazzata. Smisero di
camminare e, con ironia, contorse le labbra in un mesto sorriso.
«Mamma mia, vampiri, streghe e lupi mannari?»
«Esattamente.» L’aura di Nyx scintillò di gioia, e Benjamin capì
che stava sorridendo. In momenti come quelli, riusciva a distinguere
la nitidezza dei suoi lineamenti e la chiazza più scura dei capelli
corti. «E magari ci mettiamo dentro fantasmi ed esseri fatati, per
sicurezza.»
Stavolta, sbuffò. «Dovresti intendertene di fate.»
Lei rabbrividì. «Già. Sul serio. A proposito, mia madre sta
tramando qualcosa. Si vocifera di una lotta di potere con la congrega
di mio padre.»
«Non sono sempre in conflitto?» In qualità di rappresentante
delle fate di Boston, provenienti dalla Corte del Regno Fatato, Lady
Morgana di solito era coinvolta in un qualche tipo di intrigo politico
con o contro suo marito, il capo della più vecchia e più potente
congrega di stregoni americana. I veri problemi arrivavano quando,
qualsiasi complotto escogitassero, lei o entrambi coinvolgevano la
loro figlia; una cosa che, grazie al cielo, non accadeva da un po.
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