Un gioco da adulti – R.L. Mathewson

SINTESI DEL LIBRO:
«Oh, no, no, no, no, no!», mormorò
Haley incredula, davanti allo
spettacolo dei suoi tulipani bianchi,
rossi e gialli brutalmente divelti. Si
alzò di scatto dalla scrivania, dove
stava lavorando al computer, e corse
alla porta come una furia. Questa
volta l’avrebbe ucciso, non c’era
dubbio.
Dopo cinque lunghi anni di stupidi
scherzi adolescenziali, alla fine si
era spinto davvero troppo in là.
Nemmeno la sua compagna di
stanza al college era stata capace di
farla imbestialire tanto, neanche al
tempo dei sei mesi senza doccia e
deodorante per “salvare il pianeta”.
Cinque anni prima, alla veneranda
età di ventiquattro anni, era
diventata orgogliosamente
proprietaria della sua prima casa.
Aveva sputato sangue per comprare
la casa dei suoi sogni, una villetta di
un piano, con due camere da letto.
La sensazione di essere proprietaria
della propria casa era ancora più
esaltante di quanto avesse
immaginato.
Aveva passato ore su ore a scegliere
la gamma di colori giusta per
ciascuna stanza, a pulire, sistemare e
a spulciare ogni mercatino nel
raggio di cinquanta chilometri, per
trasformare un po’ di legno e
cemento in una vera casa. Eppure,
tutto questo era nulla in confronto
alle ore che aveva trascorso a
lavorare in giardino. Dopo vesciche,
graffi, punture d’api e mal di schiena
da non contarsi, alla fine era riuscita
a trasformare quel cortile brullo in
un paradiso.
La sua felicità era durata per quattro
interi mesi. Fin quando, nella casa a
fianco, non si era trasferito lui.
All’inizio aveva trovato eccitante
l’idea di avere un nuovo vicino, uno
che non fosse vecchio e scontroso.
Ma il giorno che aveva incontrato
Jason Bradford tutta la sua felicità di
proprietaria novella di una casa era
andata a farsi benedire.
Appena arrivato, in soli dieci minuti
era riuscito a fare retromarcia contro
la sua cassetta delle lettere, a
disseminare per il suo giardino
immacolato gli incarti del fast food
di cui straripava la sua auto, e per
finire si era svuotato la vescica sul
grosso tronco della vecchia quercia
che si trovava sul prato di fronte,
indirizzandole un sorriso pigro e una
scrollata di spalle.
Quell’uomo era un barbaro.
Nei cinque anni successivi, aveva
trasformato la sua vita da cartolina
in un incubo. Non riusciva a
spiegarsi come potesse, un uomo da
solo, avere un impatto tale sulla sua
felicità, eppure lui ce l’aveva. Nel
corso degli anni aveva dovuto
vedersela con i segni delle palline da
paintball sulla biancheria stesa fuori
ad asciugare, e anche sul muro
esterno della casa. Aveva sopportato
la musica a tutto volume, le feste, un
paio di volte aveva sorpreso gente
senza vestiti che si arrampicava sul
cancello per fare il bagno nuda nella
sua piscina, ubriachi che giocavano
a basket alle tre del mattino, donne
che facevano piazzate sul prato
davanti alla casa di lui, o sul suo,
quando il vigliacco si rifiutava di
uscire ad affrontarle.
E, come se non bastasse, a rendere
il tutto ancora più difficile si
aggiungeva il fatto che fossero
anche colleghi di lavoro nella stessa
scuola privata, stesso dipartimento,
classi contigue e posti macchina
affiancati. Non gli ci era voluto
molto per trasformare il suo lavoro e
la sua casa da sogno in un incubo.
Sul lavoro, doveva continuamente
fare i conti con la sua mania di
“prendere in prestito” dalla sua
stanza cose come fogli, penne, libri
e una volta perfino la sua scrivania.
Sembrava convinto di essere
l’uomo più affascinante del mondo e
non si faceva problemi a usare
fascino e bella presenza per il
proprio tornaconto personale,
lasciando pesare sulle sue spalle
lavoro e responsabilità extra, mentre
lui si divertiva a fare il professore
simpatico e alla mano. Haley non ci
aveva messo molto a capire che sul
lavoro le sarebbe toccato mandare
giù e fare buon viso a cattivo gioco.
Alla sua età, non poteva pensare di
trovare un posto migliore. Era già
una fortuna che avesse trovato
quello. L’unica possibilità che le
restava era andarsene.
Dopo il primo anno aveva cercato
di rivendere la casa, ma non c’era
riuscita. Ogni volta che un possibile
acquirente si faceva vivo, lui
riusciva a dissuaderlo senza nessuno
sforzo, semplicemente
comportandosi… da Jason Bradford.
Per due anni aveva messo da parte
l’idea di vendere, ma l’anno prima,
dopo che lui si era dato al golf e le
aveva fatto fuori tre finestre, era
tornata alla carica. Nulla. Jason era
riuscito a dissuadere ben quindici
possibili acquirenti: uscendo di casa
in boxer per ritirare la posta, dando
in escandescenze come quella volta
memorabile, quando aveva lanciato
il computer dalla finestra urlando
come un matto, e poi, ovviamente,
per via della manutenzione, o
meglio, della totale mancanza di
manutenzione della sua proprietà.
Il suo giardino era coperto di sterpi
ed erbacce. Si limitava a pagare un
ragazzo del vicinato per tosare il
prato una volta al mese. Per tutto il
resto del tempo, il giardino
sembrava l’habitat di piccole
creature del bosco. La casa aveva
bisogno di un serio lavoro di
ritinteggiatura, o almeno di una
ripulita da tutti i frammenti
d’intonaco caduti a terra negli anni.
Se qualcuno dei possibili acquirenti
non era stato dissuaso da lui
personalmente, ci aveva pensato la
sua casa a farlo. Cinque mesi prima,
lei aveva abbandonato il suo sogno
di trasferirsi, pregando che fosse lui
a farlo, e il più presto possibile.
E adesso si era messo a perseguitare
le sue bambine. Non poteva
tollerarlo. Quando è troppo è troppo.
Negli ultimi cinque anni si era
morsa la lingua, troppo spaventata
per lamentarsi. Era sempre stata
così, anche da piccola.
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