Svastica – Charles Bukowski

SINTESI DEL LIBRO:
Bukowski si scontra ideologicamente contro qualsiasi espressione
umana organizzata, fermo nella sua totale sfiducia nell’uomo,
considerato una sommatoria di fetori e pulsioni sempre negative, un
animale tollerabile solo nell’unica dimensione che lo mette in
condizione di non nuocere: la solitudine: «Gli uomini semplicemente
non stanno bene assieme… ».
Questi concetti vanno più che altro estrapolati fra le righe dello
scrittore, poiché non sono mai espressi coerentemente.
Bukowski preferisce nascondersi dietro al sarcasmo: «A proposito
del Dipartimento di
Stato: mi proteggeva senza che io avessi richiesto la minima
protezione». Oppure ricorrere alle consuete estremizzazioni: «La
differenza tra democrazia e dittatura è che in democrazia prima si
vota e poi si prendono ordini; in una dittatura non c’è bisogno di
sprecare tempo andando a votare».
L’umorismo si fa spazio nei momenti più lucidi. «Ci sono venuti a
raccontare che il Presidente è stato svegliato tra le 2 e le 2:30 del
mattino per avvertirlo della cattura della
“Pueblo”. Immagino che sia tornato a letto.» Oppure: « … mentre
1000 tonnellate di terreno spagnolo radioattivo venivano trasportate
via mare ad Aiken, Sud Carolina, in contenitori sigillati. Scommetto
che gli affitti sono bassi ad Aiken, Sud Carolina». E anche: «Penso
che se Adolf Hitler fosse ancora al mondo sarebbe felice della
situazione attuale».
Quando un lettore gli scrisse: «Caro Signor Bukowski: perché non
scrive mai di politica e di relazioni internazionali?», rispose: «A cosa
serve? Cioè, cosa c’è di nuovo? Lo sanno tutti che il lardo sta
bruciando… ».
In Svastica l’ambiente non è il solito manicomio, né il bar, né la
camera dai muri screpolati. Qui, per la prima volta in un libro di
Bukowski, si comincia dalla massima espressione di ambiente
socialmente sano: the White House, signori, la Casa Bianca.
Charles Bukowski, custode dei suoi immutabili luoghi pericolosi,
gioca per una volta a fare l’esploratore.
In Svastica non è presente lordume visibile: la violenza, l’iniquità,
sono affare di stato al pari di Watergate e dell’assassinio di Kennedy
commissionato anch’esso dal longevo Führer.
Non vi è sesso agito, è solo previsto con il rapporto con la moglie del
Presidente, una
divertente sciocchezza: per la prima volta si assiste a un racconto
bukowskiano dove non si scopa; questa impotenza simboleggia una
possibile perdita di virilità della penna del fu Henry Chinaski. Né vi
sono eccessive volgarità, o quantomeno la presenza ingombrante
del corpo
tipica della precedente produzione fa posto a una violenza umana
priva di fisicità, più subdola perché agita da eminenti uomini politici,
cioè persone che posseggono una maschera per
apparire di fronte a una comunità, e una pari e sapiente abilità nella
conservazione e riconquista del potere.
Bukowski non possiede alcuna identità politica.
Lo si può definire impegnato solamente in un’unica posizione:
CONTRO; contro i comunisti, contro il governo americano, contro i
padroni, contro le femministe, contro gli ecologisti, contro i blue
collars, contro i cristiani praticanti, contro la Beat Generation, contro
sé stesso.
Non tragga in inganno l’episodio contenuto in Stories of the Buried
Life: «Al L. A.
College, poco prima della seconda guerra mondiale, mi atteggiavo a
nazista». Ma subito dopo puntualizza: «Riuscivo a malapena a
distinguere Hitler da Ercole e non poteva importarmene meno».
Inoltre, il momento culminante dell’episodio non coincide con la
problematica politica, ma con il doloroso ricordo del suo amico
marine visto per l’ultima volta prima del bombardamento di Pearl
Harbor e la condanna della guerra, espressione dell’inettitudine
umana.
La scelta in nome del nazismo non è da motivarsi con le origini
tedesche, ma è solamente
un virtuosismo estetizzante, tentativo del giovane ribelle di stupire a
tutti i costi, di rendersi odiato piuttosto che ignorato o addirittura
confuso nel cliché dell’americano patriota e del pacifista.
Bukowski verrà in seguito più volte accusato di simpatizzare per la
destra a causa del suo machismo (peraltro sarcastico e
autodissacrante) e per il suo deliberato disinteresse a convergere in
stereotipi.
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