Solo ladri e assassini – Paul Howarth

SINTESI DEL LIBRO:
Percorsero la boscaglia desolata alla ricerca di qualcosa da
cacciare. Due ragazzi, non ancora uomini, minuscoli in un paesaggio
avvizzito dalla siccità e inondato da un sole senza tregua. Ampie
pianure punteggiate da spinifex e da macchie di salsola, erba
rinsecchita e friabile come ossa vecchie e terriccio rosso, fine come
polvere da sparo sotto i piedi. La pioggia mancava da un anno. A
giudicare dall’odore, l’intero bush era pronto a bruciare. Il vento
soffiava rivoletti di polvere tra una macchia di sterpi e l’altra,
facendola scorrere in ampie coltri sul terreno aperto. Di bestiame
non ce n’era. Ciò che restava della mandria era più in basso, nei
pressi del torrente, dove un rigagnolo solcava il fango secco e la
golena offriva il poco foraggio restante. Ora a vivere in quei pascoli
settentrionali non rimanevano altro che creature concepite per quel
terreno: lucertole, serpenti, ragni, opossum, dingo, canguri. Spesso
c’era qualche coniglio, ma persino i conigli sapevano che era il caso
di proteggersi dal sole pomeridiano. Solo le mosche si muovevano;
per i fratelli non c’era nulla da cacciare.
Fecero una pausa e rimasero lì vicini con i fucili abbassati,
studiando mestamente i paraggi, respirando a fatica perché l’aria era
troppo calda e pesante per riempire i polmoni adeguatamente. Il più
vecchio dei due si tolse il cappello, si asciugò la fronte con il polso e
sputò. Si rimise il cappello in testa. Non era della misura giusta.
Quello del più giovane gli calzava ancora peggio. Tommy e Billy
avevano quattordici e sedici anni e indossavano vecchi abiti del
padre: calzoni di fustagno marrone chiaro stretti da una cintura di
cuoio non conciato, camicie scure e chiazzate di sudore. Si
scambiarono un’occhiata stanca e restarono in attesa. Soffiava una
leggera brezza. Uno stridio acuto di cicale. Le mosche coprivano le
camicie dei ragazzi, sulle schiene, e strisciavano in direzione dei loro
occhi e orecchi finché una manata indifferente le scacciava. Quel
pigro saluto militare da mandriano che avevano imparato dal loro
vecchio o, forse, qualcosa con cui erano nati. Le mosche li
attaccavano da quando erano al mondo; loro le respingevano da
quando erano stati adagiati nella culla.
«Be’» disse Billy, «tanto vale mollare, immagino.»
«Non sarà contenta.»
«Faccia come le pare. Non è colpa nostra se c’è la siccità.»
Tommy aprì la borraccia, inclinò la testa all’indietro, gli occhi
chiusi per proteggersi dal sole, e bevve. L’acqua aveva un gusto
metallico, di stantio, e gli si bloccò in gola. Trasalì mentre scendeva,
una repulsione infantile a quel sapore. In lui restava ancora una
traccia del bambino: mentre a Billy ora era spuntata una barbetta e
aveva sviluppato l’ampia corporatura di suo padre, il corpo di Tommy
era sottile, il naso era coperto di lentiggini, gli occhi erano di un
azzurro pallido. Anche i capelli erano più chiari di quelli del fratello,
con qualche traccia di rosso sotto una certa luce, un patrimonio
ereditato dalla madre. Lei era irlandese e loro padre era scozzese e
da entrambe le parti c’era del sangue inglese. Se fossero stati dei
cani, la gente li avrebbe chiamati bastardi. Quella australiana era
una razza del tutto nuova.
Billy protese la mano verso la borraccia, Tommy gliela passò e,
mentre suo fratello beveva, lo sguardo di Tommy scrutò il terreno
brullo e pietroso, fino alla sottile foresta di eucalipti azzurri che
contrassegnava il limite settentrionale del loro giro, avvolta in una
leggera bruma.
«Ehi» disse, con un cenno. «C’è dell’ombra tra quegli alberi.»
Billy abbassò la borraccia. «Non ho caldo.»
«Neanch’io. Mi riferivo ai conigli. Potremmo addirittura trovare un
vecchio canguro maschio.»
Billy fece un sorriso sarcastico e schizzò un po’ d’acqua sulla
faccia di Tommy.
«Non sprecarla, dannazione» disse Tommy, asciugandosi. «Non
ne resta altra.»
«Comunque, sa di piedi.»
«Dalla a me, allora.» Tommy si riprese la borraccia e la tappò. «E
di quegli alberi che mi dici?»
Billy ci pensò su un momento e poi si mise in cammino verso
nord. Tommy lo seguì. Le cicale si zittirono. Gli unici rumori erano lo
scalpiccio dei loro stivali e il fruscio dei calzoni di fustagno a mano a
mano che arrancavano su quella pietraia coperta di sterpi. Tommy si
guardò alle spalle mentre avanzavano. Chilometro dopo chilometro
di terreno vuoto: era già passata un’ora da quando avevano legato i
cavalli in una macchia di eucalipti dalla corteccia dura e sarebbe
forse passata un’altra mezz’ora prima di raggiungere gli eucalipti
azzurri e poi ci sarebbe stata la lunga cavalcata per tornare.
Probabilmente, uno sforzo inutile. Nessuno dei due aveva esploso
un solo colpo da quando erano partiti da casa, poco dopo
mezzogiorno, e non avevano neppure mai preso la mira.
Tra gli alberi faceva più fresco. L’ombra screziava il fondo della
foresta. Rami caduti e foglie scricchiolavano sotto i loro piedi e
nell’aria c’era un vago aroma di eucalipto. Con i fucili alzati, i fratelli
iniziarono a cercare tra i tronchi, alcuni alti e bianchi, altri nodosi e
contorti dal sole. Si mossero lentamente. Scrutavano da una parte e
dall’altra, con le teste inclinate per ascoltare, nel silenzio
dell’ambiente circostante. Con i cani, forse, avrebbero ottenuto
migliori risultati, ma Papà ne aveva bisogno al lavoro. Non li
risparmiava mai, i poveri vecchi Red e Blue.
D’un tratto, qualcosa schizzò fuori, allontanandosi rumorosamente
tra i cespugli, inseguita da Billy, che era tallonato da Tommy,
entrambi a tutta velocità tra gli alberi, superando di slancio tronchi
caduti e radici sporgenti, il fucile nelle mani, pronti a puntarlo, ma
quella cosa era sempre in vantaggio su di loro e mai del tutto in
vista, un’ombra sgusciante nella luce del sole, finché persino il
rumore che faceva divenne così tenue che Tommy non lo udì più,
coperto dal suo respiro affannato. Rallentò l’andatura e si fermò, con
le mani sulle ginocchia, mentre Billy tornava verso di lui, gridando:
«Perché hai mollato? Cos’è che non va?».
Tommy scosse la testa. «È andata.»
«Avremmo potuto beccarla.»
«Sei riuscito a vedere cos’era?»
«Un dingo, penso.»
«Un dingo ci avrebbe affrontati. Era veloce, probabilmente un
emù.»
Ripresero fiato, Tommy appoggiandosi a un tronco dalla corteccia
liscia, Billy puntando lo sguardo tra gli alberi radi, verso il punto in cui
terminava la foresta e iniziava il tratto successivo di terreno aperto.
«Sai cosa c’è laggiù?»
«Certo che lo so» disse Tommy. L’allevamento di bestiame
Broken Ridge occupava quasi l’intero distretto: a eccezione della
loro concessione e di un altro paio simili, non c’era granché da
Bewley a quel punto che non fosse terra di proprietà dello squatter
John Sullivan, un grande allevatore che aveva occupato
abusivamente molti terreni.
«Vuoi dare un’occhiata?»
«Perché?»
«Non sei curioso?»
«Meglio tornare indietro.»
Ma Billy era già partito e si stava allontanando, muovendosi a
zigzag tra gli alberi. Tommy lo lasciò andare. Si pulì il naso e bevve
un altro sorso dalla borraccia. Billy gli gridò di raggiungerlo. Era
fermo ai margini della foresta e si stava sbracciando come se
avesse scoperto una terra vergine. Tommy fece un sospiro, gli
caracollò dietro e poi si fermò accanto al fratello a osservare dal
limitare della foresta una proprietà cento volte più grande della loro.
Broken Ridge non era una concessione: il nonno di Sullivan era
stato il primo bianco a colonizzare quella parte della frontiera, si era
preso tutto ciò che fosse in grado di difendere, senza acquistarlo,
senza pagare affitti, e le due generazioni successive ne avevano
allargato ulteriormente i confini. Ora John Sullivan possedeva l’intero
distretto – e tutte le persone che ci abitavano, sosteneva Papà –
senza aver mai dovuto pagare un solo scellino.
Il terreno davanti a loro era familiare: terra ocra spoglia,
disseminata di massi e pietrisco, termitai alti come una persona. Ma
là dove la terra si apriva e digradava nella valle, Tommy vide un
prato lontano coperto da quella che sembrava erba di Mitchell,
incredibilmente lussureggiante e verde, punteggiato ovunque dalle
sagome scure del bestiame. Al di là del prato e dell’intrico di recinti e
campi circostanti, delimitati da alberi, il crinale rosso frastagliato da
cui prendeva il nome l’allevamento si stagliava nel cielo, con le
colline ai suoi piedi in penombra, come se fossero state bruciate da
un incendio improvviso.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo