Smettila di incasinarti! – Roberto Re

SINTESI DEL LIBRO:
Il nostro cervello svolge miriadi di funzioni, è una macchina incredibile.
Più se ne studia il funzionamento, più ci si rende conto di essere di fronte a
qualcosa di davvero miracoloso, vista la sua complessa perfezione.
Mentre stai leggendo queste righe, un chilo e mezzo scarso di materia
grigia sta svolgendo una valanga di compiti senza che nemmeno te ne
accorga: oltre a governare tutte le tue funzioni corporee, dalla respirazione
al battito cardiaco, dal mantenimento della temperatura interna a circa 36,5
°C alla digestione, ti sta facendo comprendere queste parole, ma ti permette
anche di elaborarle per creare collegamenti con ciò che già conosci,
valutare, immaginare... Insomma, una miriade di attività, perfettamente
coordinate tra loro, svolte in contemporanea e questo per ogni istante della
nostra giornata. Non male, vero?
Nello stesso tempo, nonostante la sua complessità, i meccanismi di base
del nostro cervello sono molto semplici e di facile comprensione.
Una delle funzioni primarie che ci interessa evidenziare è quella relativa
al rapporto con il piacere e il dolore. Il cervello umano è una macchina
perfettamente programmata per svolgere un compito fondamentale:
preservarci il più possibile dal dolore. Dopo c'è quello di farci provare
piacere, che è quindi in posizione secondaria. Il primo obiettivo è non stare
male e poi, eventualmente, stare bene. Ovviamente non stiamo parlando
solamente di dolore fisico, dal quale per istinto di sopravvivenza ci
difendiamo con tutte le nostre forze, ma di dolore psicologico, per il quale
però vale lo stesso meccanismo. La nostra mente farà tutto il possibile per
evitare ciò che per noi rappresenta dolore. Quindi cosa succederà se,
nell'infanzia o in un qualsiasi momento della nostra vita, a causa di
un'esperienza negativa o, come vedremo più avanti, a causa di come noi
abbiamo interpretato quell'esperienza, abbiamo legato dolore, ad esempio,
alle responsabilità? Con tutta probabilità tenderemo a rifuggirle il più
possibile, per evitare il senso di disagio, la paura di non essere all'altezza o
di essere criticati o di fallire che abbiamo associato loro. E potremo farlo in
vari modi: prendendo decisioni che in qualche modo ci preservino
dall'affrontare ogni tipo di responsabilità, oppure sabotando nella maniera
più subdola ogni situazione che ci possa portare lì dove non vogliamo
andare. Nel primo caso ci giustificheremo trovando motivazioni razionali
che spieghino perché la decisione che abbiamo preso è indubbiamente la
migliore, mentre nel secondo potremo facilmente dare la colpa alla sfortuna
o alle circostanze. Infatti, l'attività di auto sabotaggio viene solitamente
demandata all'inconscio che, per raggiungere un obiettivo, con precisione
chirurgica, ci porta a fare cose delle quali a volte non ci capacitiamo: da
errori assurdi a reazioni spropositate che mandano all'aria tutto quanto, fino
ad ammalarci proprio nel momento più sbagliato (oppure più giusto? A
molti di noi, ad esempio, da studenti saliva la febbre proprio la mattina
stessa di un'interrogazione importante...) o a causare piccoli incidenti che
impediscono di svolgere, guarda caso, proprio quell'attività che
inconsciamente vorremmo scansare.
Sostituisci nell'esempio appena visto alla parola responsabilità altre
parole come rapporti di coppia, successo, denaro, amore (certo, purtroppo si
può associare il dolore anche a qualcosa di stupendo come l'amore...) e puoi
già farti facilmente un'idea di quanto materiale abbiamo per poterci
sbizzarrire nei prossimi capitoli!
Per il momento, comincia tenendo a mente questa informazione: qualsiasi
cosa facciamo, anche quella apparentemente più insensata, la facciamo per
delle ragioni. E anche quando ci incasiniamo lo facciamo per delle ragioni,
anche se a volte razionalmente appaiono inspiegabili.
Avvolti nelle proprie spire
Il problema è che il nostro cervello è davvero intelligente e trova sempre
un modo per assolvere ai suoi compiti. Solo che a volte fa un po' di
confusione, prende fischi per fiaschi e, per preservarci da un possibile
dolore a breve termine, sviluppa una strategia che a lungo termine ci farà
soffrire ancora di più.
“Non voglio più stare cosi male! Ho deciso: non mi lascerò più andare e
non mi innamorerò più."
Ecco un esempio di un'apparente soluzione al problema, che però porterà
questa persona a vivere una vita ancora più infelice e insoddisfacente.
Insomma, che dire: l'essere umano è davvero ima creatura meravigliosa.
Come un lunghissimo anaconda, l'uomo riesce a intrecciarsi nelle sue stesse
spire, precludendosi a ogni giro milioni di possibilità di felicità. Ma a
differenza del serpente, come abbiamo visto, l'essere umano spesso si
annoda nei suoi stessi meccanismi mentali e più prova a districarsene più si
ingarbuglia rischiando di restare soffocato.
Fortunatamente ci sono grandi speranze di fluidità per tutti! E non si
tratta dello slogan pubblicitario per l'utilitaria del momento né per uno
speciale balsamo districante, ma di qualcosa che può veramente fare la
differenza nel guidare la propria vita: la capacità di individuare in che modo
limitiamo il nostro potenziale e di prenderne il controllo consapevolmente.
Perché un altro presupposto di base di questo libro è che noi siamo
responsabili di come stiamo e, se qualcosa non ci piace, abbiamo il potere
di cambiarlo!
Certo questo messaggio non è così consueto nella nostra società, di solito
è più frequente sentire persone che si lamentano perché, per colpa di
qualcosa o qualcuno, non stanno bene. Il messaggio che riceviamo in
continuazione è che dipende dall'esterno se noi stiamo bene o male, se
siamo allegri o tristi, se siamo rilassati o nervosi. Come dice il mio amico
Roy Martina, siamo diventati degli imbecilli emozionali, ossia esseri privi
di intelligenza emotiva! Le emozioni ci succedono, e ci sembra di non avere
il benché minimo controllo sui nostri stati d'animo.
Capita a volte di sentirsi in gabbia, come i leoni un po' appassiti negli zoo
cittadini, di provare emozioni forti, a volte violente, che oscillano dalla
nostalgia di qualcosa che abbiamo perso alla paura di cosa ci riserverà il
futuro, dal sentirci sottostimati al vivere sotto lo scacco del giudizio degli
altri. A questi stati emozionali, se prolungati oltre il necessario, si aggiunge
automatica- mente la frustrazione. Ci si ritrova in breve come prigionieri
dentro la propria vita, con la sensazione di viaggiare su un binario che ha
come unica meta la sopravvivenza.
Così si rimanda la felicità a “quando avrò finalmente una casa", a
“quando avrò un compagno/a", a “quando avrò un figlio", a “quando avrò
un lavoro nuovo", a quando insomma finalmente succederà qualcosa che mi
consenta di provare emozioni positive,
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