Rovescio di difesa – Marcello De Michelis

SINTESI DEL LIBRO:
Un sorprendente giallo ambientato nel grande tennis della Davis che ricorda il mito dei
quattro moschettieri, le sfide con gli americani, rivali di sempre.
Siamo nel luglio del 2002 all'indomani dell' 11 settembre delle Torri Gemelle. La nazionale
americana di tennis dovrà giocare in Coppa Davis al Rolland Garros. Il timore di atti
terroristici impone che la delegazione americana sia messa sotto protezione in terra
francese.
Tra i giocatori americani c’è il giovane John Didier Wiler texano ma nato e vissuto a
Parigi. I suoi recenti exploit sulla terra rossa sono stati determinanti per la sua
convocazione.
John che ritrova la compagna di giochi della sua infanzia, non potrà godersi quel momento
felice della sua vita.
Il terrorismo minaccia sempre più da vicino la delegazione americana. Uno ad uno i
componenti della squadra cadono vittime di un misterioso malessere che porta alla morte
uno di loro.
John in quei frangenti drammatici comincia a vivere una doppia vita. Subisce strani
episodi che lo portano a giocare con i quattro moschettieri più volte vincitori della Davis, di
cui il nonno Didier gli aveva sempre parlato con grande ammirazione.
CIA, servizi segreti, la doppia vita di John Wiler, il ricongiungimento con Juliette che è
diventata un'affascinante giornalista di Le Monde, il misterioso malessere, sono l'ossatura di
una trama che si fa sempre più serrata, con colpi di scena continui sino alle battute finali.
Prologo
Parigi, luglio 2029
Dalla mattina di quella calda giornata di luglio
in ogni piazza, bar, associazione sportiva,
venivano trasmessi in continuo documentari,
films e immagini che ricordavano il centenario
della nascita del Roland Garros.
I festeggiamenti sarebbero durati tutta la
settimana e prevedevano esibizioni di grandi
tennisti nei campi intitolati ai quattro moschettieri
e alla divina Lenglen nonché fiere al Bois de
Boulogne.
Quella sera avrebbero proiettato un film che
ricordava l’epopea del mitico impianto e
documentari cinematografici inediti. Tutte le
Federazioni del Tennis mondiale erano state
invitate per la serata d’apertura.
Anche gli Stati Uniti erano presenti con il vice
presidente della Federtennis ed alcuni delegati.
Negli ultimi anni il tennis aveva assistito al
predominio incontrastato dei giocatori asiatici.
Cinesi e giapponesi avevano elaborato nuovi
sistemi di gioco, più rapidi ed aggressivi, che
sfruttavano le superfici sempre più veloci dei
campi di gioco.
Ping pong tennis si sarebbe dovuto chiamare,
ormai. Quando le luci si erano abbassate una
coppia, sulla cinquantina, si sedette accanto al
rappresentate americano.
“Ciao Michael” dissero all’unisono i due nuovi
arrivati. Il vice presidente li salutò e baciò lei
sulla guancia.
Mentre cominciava il film il pensiero tornava
indietro nel tempo, nel lontano luglio del 2002.
Antefatto
La notizia della convocazione lo aveva lasciato come tutte le altre
cose che ormai stavano accadendo da qualche mese.
Dire che viveva un sogno non era neppure vero, perché a tutto ci
si abitua in fretta, soprattutto alle cose piacevoli.
Le riviste di tennis non parlavano che di lui, questo magnifico
biondo texano piovuto dal nulla che accumula finali nei più importanti
tornei su terra rossa.
Un rovescio devastante ed imprevedibile ed una resistenza alla
fatica, alla calura da ricordare antenati cow boy nelle mitiche battaglie
con pellirosse e messicani.
Ed era solo e soltanto tennis, una pallina gialla che era entrata
nella sua mente da non molti anni per la verità.
La convocazione già preannunciata da Michael gli era arrivata
all’Hotel Ateneo in Piazza dei Siculi a Roma. Stava ripensandoci
mentre cercava di capire qualcosa del meteo che la televisione di
Canale 5 mandava in onda.
Con l’italiano non se la cavava male, la nonna materna, fin da
piccolo gli aveva parlato con una leggera cadenza lunigianese e salvo
le difficoltà con le doppie riusciva a leggere e capire le cose
essenziali.
Gli piaceva molto la cucina italiana, soprattutto i piatti a base di
pesce, le pizze e le carni con condimenti. Già pregustava
mentalmente la buona cena che lo aspettava dopo una mattinata
trascorsa ad allenarsi intensamente ed un primo pomeriggio a rifinire
la sua condizione. Quel giorno non aveva gareggiato.
Con Michael Bradly, il suo coach, dovevano incontrarsi verso le
otto di sera. Sarebbero andati in un locale di Trastevere che
Giovanni Pistolesi, il miglior tennista italiano romano del momento,
gli aveva consigliato.
Decise di vestirsi. S’infilo un paio di jeans con una camicia
azzurra e un giubbetto di pelle di camoscio che aveva acquistato
vicino a Piazza di Spagna e uscì. Alla reception la ragazza alta
americana lo salutò con un grande sorriso.
“Era una comunicazione importante, signore?” Chiese
Evidentemente qualcuno l’aveva informata, avvertiva intorno a se
aria di grande partecipazione e consenso nei suoi confronti. Anche se
non si era ancora assuefatto, non poteva che fargli piacere.
Lontano da casa avrebbe potuto essere più vulnerabile, per
questo cercava naturalmente di essere in empatia con la gente,
un’abitudine che aveva preso dalla madre.
Le rispose con un largo sorriso ed una frase di convenienza. La
pregò di informare il collega tennista che lui era uscito e lo aspettava
nella piazzetta di fianco all’albergo.
Il vento faceva galoppare in circolo le foglie ammassate e un
barbone con il carrello del supermercato con gli effetti personali,
materasso e coperte stava preparandosi e organizzando una delle
panchine più riparate.
Mentre operava non tralasciava di chiedere una sigaretta, una
bottiglia di acqua, insomma qualsiasi cosa i passanti potessero avere
a disposizione. Fece in modo che non si accorgesse che lo stava
osservando e allungò il passo per infilarsi in un’edicola.
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