Sei il mio sole anche di notte – Amy Harmon

SINTESI DEL LIBRO:
Primo giorno di scuola
In palestra c’era una tale
confusione che, per farsi sentire,
Fern doveva chinarsi e gridare
all’orecchio di Bailey. Il ragazzo era
perfettamente in grado di manovrare
la sedia a rotelle in mezzo alla folla
brulicante di studenti, ma Fern lo
spingeva, così era più facile restare
insieme.
«Riesci a vedere Rita?». Fern
lasciò vagare lo sguardo nella sala.
Rita sapeva che per stare vicino a
Bailey dovevano prendere posto
sulla gradinata più bassa della
tribuna. Fern guardò nella direzione
indicata da Bailey e scorse Rita che
gesticolava freneticamente, con il
seno che ballonzolava e i capelli
biondi che le ondeggiavano vaporosi
sulle spalle. Quando la raggiunsero,
Fern lasciò a Bailey il controllo
della sedia a rotelle e si arrampicò
sulla seconda gradinata, sedendosi
subito dietro a Rita, in modo che lui
potesse sistemare la sedia in fondo
alla tribuna.
Fern odiava le cerimonie
d’inaugurazione dell’anno
scolastico. Piccola com’era, di solito
finiva per essere spinta e schiacciata
dovunque si sedesse, e non era
interessata né alle esibizioni delle
cheerleader né alle presentazioni
delle squadre sportive. Sospirò e si
preparò a una mezz’ora di urla,
musica assordante e giocatori di
football sovreccitati.
«Tutti in piedi per l’Inno
nazionale», rimbombò una voce. Il
microfono emise un fischio
fastidioso, al che la gente trasalì
coprendosi le orecchie e il silenzio
calò sulla palestra.
«Amici e amiche, oggi abbiamo
in serbo per voi qualcosa di
speciale», disse al microfono
Connor O’Toole, noto anche come
Beans, con un sogghigno malizioso.
Beans era famoso per i suoi scherzi
e calamitò all’istante l’attenzione di
tutti. Era in parte irlandese, in parte
ispanico, e il suo naso all’insù, gli
scintillanti occhi nocciola e il sorriso
diabolico facevano a pugni con il
colorito spento. Era un oratore nato,
e chiaramente si stava divertendo un
mondo a parlare al microfono.
«Il vostro e mio amico Ambrose
Young ha perso una scommessa. Ha
detto che se avessimo vinto la prima
partita di football, avrebbe cantato
l’Inno nazionale a questa
cerimonia». Si sentì un ansito di
sorpresa, e il brusio sulle gradinate
si fece all’istante più forte.
«Alla fine non abbiamo vinto solo
la prima partita… ma anche la
seconda!». Il pubblico esplose in un
boato e batté i piedi per terra. «E
quindi, visto che il nostro amico è
un uomo di parola, ecco a voi
Ambrose Young, che interpreterà
l’Inno nazionale». Beans agitò il
microfono verso di lui.
Nonostante fosse all’ultimo anno,
Beans era uno dei giocatori più bassi
della squadra e il suo fisico minuto
era più adatto alla lotta che al
football. Anche Ambrose era
all’ultimo anno. Ma lui non era
piccolo. Torreggiava sopra l’amico –
un suo bicipite era grosso quasi
come la testa di Beans – e
assomigliava ai modelli sulle
copertine dei romanzi rosa. Perfino
il suo nome sembrava uscito da un
libro erotico. E Fern lo sapeva bene,
avendone letti a migliaia. Maschi
alfa, addominali scolpiti, sguardi
appassionati, lieto fine assicurato.
Ma nessuno era mai stato all’altezza
di Ambrose Young. Né nei libri, né
nella vita reale.
Per Fern, Ambrose era la
perfezione assoluta, un dio greco in
mezzo ai mortali, un personaggio da
fiaba o da film. A differenza degli
altri ragazzi, portava i capelli, scuri
e mossi, lunghi fino alle spalle, e a
volte li gettava indietro perché non
gli ricadessero sugli occhi castani,
incorniciati da ciglia lunghe e folte.
Quei tratti all’apparenza femminei
erano controbilanciati da una
mascella squadrata e ben scolpita, da
una statura superiore al metro e
novanta e da novantasette chili di
muscoli ben distribuiti.
Secondo i pettegolezzi, durante la
sua permanenza a New York in
cerca di fama, la madre di Ambrose,
Lily, aveva avuto una storia con un
fotomodello italiano di intimo, che
l’aveva abbandonata quando aveva
scoperto che era incinta. Lily era
tornata a casa con la coda tra le
gambe e si era consolata tra le
braccia di un suo vecchio amico,
Elliott Young, che l’aveva sposata e
sei mesi dopo aveva accolto il suo
bambino. La cittadina aveva seguito
con curiosità la crescita del
ragazzino, soprattutto quando il
biondo e minuto Elliott Young si era
ritrovato con un figlio forte e
muscoloso, con i capelli e gli occhi
scuri e un fisico degno, be’, di un
fotomodello di intimo. Quattordici
anni dopo, quando Lily aveva
lasciato Elliott per trasferirsi a New
York, nessuno si era stupito che
fosse tornata a cercare il vero padre
di Ambrose. La sorpresa era arrivata
quando il quattordicenne Ambrose
aveva deciso di restare a Hannah
Lake con Elliott.
Ormai il ragazzo era
un’istituzione in città, e molti
dissero che era rimasto proprio per
questo. Lanciava il giavellotto come
un guerriero mitologico, e sul campo
di football abbatteva gli avversari
come se fossero di carta. Aveva
portato la sua piccola squadra ai
campionati regionali, e prima dei
quindici anni sapeva schiacciare la
palla a canestro come i grandi
campioni di basket. Tutte virtù
notevoli, ma a Hannah Lake,
Pennsylvania, dove la lotta libera era
un’ossessione quasi come il football
in Texas, dove i negozi chiudevano
per gli incontri locali e tutti
seguivano le graduatorie nazionali
come i numeri ritardatari della
lotteria, ciò che davvero rendeva
Ambrose Young una celebrità era la
sua abilità sul tappeto.
Quando Ambrose prese il
microfono, la palestra intera fece
silenzio, aspettandosi un divertente
scempio dell’Inno nazionale. Il
ragazzo era famoso per la sua forza,
la sua avvenenza e la capacità
atletica, ma nessuno l’aveva mai
sentito cantare. Il silenzio era carico
di aspettativa. Ambrose si tirò
indietro i capelli e infilò una mano
in tasca, come se si sentisse a
disagio. Poi fissò gli occhi sulla
bandiera e cominciò a cantare.
«Oh, say can you see by the
dawn’s early light…». Ancora una
volta, dal pubblico si levò un ansito
di sorpresa. Non perché fosse
stonato, ma perché la sua voce era
meravigliosa. Dolce, profonda e
incredibilmente ricca, degna
dell’involucro in cui era racchiusa.
Se il cioccolato fondente avesse
potuto cantare, avrebbe avuto la
voce di Ambrose Young. Fern
chiuse gli occhi dietro gli occhiali
spessi e rabbrividì, mentre quel
suono la avvolgeva e le scendeva
dentro, facendola affondare. Era
incredibile.
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