Nonna nonna, nunnarella – Luciano Galassi

SINTESI DEL LIBRO:
Ninna, nanna, la nanna fàttela come se la fanno tanti bambini; fatti la nanna, figlio mio,
riposa, mamma ti ha fatto un letto di rose.
Il letto di rose per il bambino da addormentare è un elemento
tenero e delicato che ricorre frequentemente nelle ninne nanne: in
questa redazione di Calitri, in provincia di Avellino, è riservato a un
maschietto, ma il più delle volte, e non a caso, vi si fa ricorso per le
femminucce, come nel componimento che segue al n. 1.1.2.
1.1.2. Duorme, nennella mia, duorme e reposa,
mamma t’ha fatto ’nu lietto de rose.
Lietto de rose e de rosamarina,
duorme e fa’ la nonna, nenna mia.
Dormi, bambina mia, dormi e riposa, (ché) mamma ti ha preparato un letto di rose.
Letto di rose e di rosmarino, dormi e fai la nanna, bimba mia.
Il pittore Sandro Botticelli fa nascere la sua Venere dalle acque
sommersa da una cascata di petali di morbide e sensuali rose, e nel
Medioevo la rosa è diventata il simbolo della purezza femminile
venendo associata alla Madonna, che fu definita Rosa Rosarum,
ovvero la rosa delle rose; senza contare che in suo onore è stato
inventato il rosario. Insomma, è il fiore che rappresenta la femminilità
in tutti i suoi aspetti, dai più sensuali a quelli più angelicati.
Quanto al letto di rose, vogliamo aggiungere che, nel ricorso a
questa immagine, v’è di sicuro una sublimazione della condizione
femminile: secondo gli esperti di psicologia muliebre, tutte le donne
sognano di dormire almeno una volta in un letto di rose ed in
proposito è stato ricordato il noto spot pubblicitario, realizzato nel
2009 per una Casa produttrice di biancheria intima femminile, nel
quale la bella attrice Manuela Arcuri veniva presentata distesa in un
letto di petali di rosa. Quindi, la visione floreale adoperata non
risponde solo al fine di creare una gradevole figura decorativa, ma
nasce da una probabilmente inconsapevole considerazione fisioantropologica della natura delle creature di sesso femminile, di cui è
noto il forte legame immaginativo con la regina dei fiori.
Ricordiamo inoltre che, nel parlare corrente, “stare su un letto di
rose” ha il senso metaforico di “avere una vita comoda, agiata, ricca
di piaceri e soddisfazioni” e che l’epressione “un letto di rose” indica
una condizione felice e, figuratamente, una circostanza molto
favorevole, serena; inoltre “essere (o dormire) in un letto di rose”
significa trovarsi in uno stato ottimale: non è da escludere quindi
anche una funzione augurale nel ricorso a questa immagine.
Ma la presenza anche del rosmarino non ha convinto Raffaele
Urraro, che, colpito dall’apparente stranezza di un letto fatto di due
elementi vegetali non omogenei (un fiore e un’erba officinale),
commenta: “Che cosa non si pensa per indurre al sonno un bimbo
recalcitrante!”.
Ma il richiamo al rosmarino, arbusto aromatico sempreverde delle
Labiate, non è affatto casuale né arbitrario perché, a parte il
larghissimo uso delle sue foglie in cucina, la pianta ha proprietà
terapeutiche note fin dall’antichità come balsamo e rinvigorente
energetico; agisce positivamente sulla memoria; ha potere diuretico,
astringente, antisettico, stimolante, digestivo, rilassante; il suo
profumo intenso purifica gli ambienti e respinge gli insetti nocivi;
allontana i parassiti delle piante vicine e, inserito in sacchetti, dalla
biancheria.
Inoltre ha una secolare e forte presenza nella tradizione magica:
presso gli Egizi, era la pianta sacra dell’immortalità, e un rametto
veniva messo tra le mani del defunto per aiutarne il viaggio verso
l’aldilà; essendo una pianta perenne e sempreverde, viene ritenuto
beneaugurante per l’inizio di un’attività o di un rapporto, di
qualunque tipo esso sia, e per assicurarsene la lunga durata; è
utilizzato negli incantesimi per rafforzare la memoria e per
conservare la giovinezza. Su quest’ultimo punto la leggenda narra
che la regina Isabella d’Ungheria, che nel 1370 aveva settantadue
anni, soffrisse di terribili dolori reumatici. La notizia si era diffusa ed
era giunta alle orecchie di un alchimista, il quale si mise prontamente
all’opera e creò un’acqua distillata di rosmarino e lavanda. Recatosi
dalla regina, le presentò la miracolosa fragranza, assicurandole che
le avrebbe donato una singolare bellezza, guarendola dai suoi dolori.
Sebbene scettica, la regina iniziò a cospargersi con l’acqua
profumata tutti i giorni, accompagnando il rituale con accorate
preghiere. Dopo poco tempo la sua salute migliorò, ma la cosa più
sorprendente fu la ritrovata bellezza che le conferì un aspetto
incredibilmente giovanile e avvenente. Il suo fascino era tale che il
granduca di Lituania, Carlo Alberto, si innamorò pazzamente di lei e
la chiese in sposa. Il potere della miracolosa fragranza si diffuse a
corte ed ogni dama vi faceva ricorso per migliorare il proprio aspetto.
Fu così che l’Acqua della Regina d’Ungheria iniziò ad essere usata
per secoli per curare le affezioni cutanee e per donare bellezza al
viso.
In passato, infine, si pensava che il suo solo aroma preservasse
dalle malattie e che fosse efficace nei rituali di protezione, per
scongiurare il male, per benedire la casa e l’attività lavorativa, per
allontanare gli spiriti maligni e proteggere dagli animali velenosi; si
credeva anche che, mangiandone i fiori, si sconfiggessero le
maledizioni e le stregonerie.
Come si vede, lungi dal costituire un elemento casuale o
ingiustificato - in cui pure può capitare di imbattersi negli etnotesti,
come le ninne nanne, privi non di rado di una struttura logica e di un
preciso disegno compositivo - qui il rosmarino risponde a un preciso
fine scaramantico e propiziatorio, in linea con la “tradizione magica”
che l’ha sempre accompagnato.
1.2. Lenzuolette ricamate d’oro
Fatte la nanna, si te la vuo’ fa’,
’o lietto t’aggio fatto ’e viole;
’o matarazzo’e sciure d’abbrile,
’e lenzulelle ricamate d’oro.
Fai la nanna, se la vuoi fare, ti ho fatto il letto di viole; il materasso di fiori d’aprile, le
lenzuolette ricamate d’oro.
Redazione, di area irpina, forse un po’ leziosa (ma non si è mai
leziosi con bambini così piccoli), in cui le rose vengono sostituite
dalle viole, il materasso è riempito di fiori d’aprile (begonie, calle, fiori
d’arancio, fresie, gerani, margherite, ranuncoli, tulipani e
violacciocche) e le piccole lenzuola sono ornate d’oro.
Ma perché le viole? Certo per la loro fragranza e bellezza, ma
non possono ritenersi estranei influssi culturali millenari: gli antichi
Greci le scelsero quale emblema di fertilità, e nell’iconografia
cristiana sono simbolo d’umiltà e del dolore di Maria per la morte di
Gesù; inoltre, sempre nel cristianesimo, rappresentano la forza, la
resistenza e la fede eterna.
1.3. Culletta inzuppata di luna
Duorme, figlia mia bella!
Duorme. Fa’ nonna nonna
sotto a ’sta luna chiena,
sott’ ’o manto celeste d’ ’a Madonna…
Tu si’ tutto pe’ me:
pace e furtuna…
Duorme, fa’ nonna nonna
dint’ a ’sta cunnulella
tutta ’nzuppata ’e luna…
Dormi, figlia mia bella! Dormi. Fai ninna nanna sotto la luna piena, sotto il manto
celeste della Madonna…
Tu sei tutto per me: pace e fortuna… Dormi, fai ninna nanna in questa culletta tutta
impregnata di luna…
Si tratta della poesia Serata ’e luna (“Serata di luna”), di Luca
Postiglione (1876 - 1936), una lirica raffinata e lieve, un quadretto
delicato ed elegante, in cui la luna fa da sfondo e da contorno a una
composizione rarefatta, permeata di fiducia e serenità in un domani
positivo per la bambina cui si canta la ninna nanna. L’immagine della
culletta tutta ’nzuppata ’e luna è una perla vivida e preziosa, che non
poteva che uscire dall’ispirata penna di questo grande pittore e
poeta napoletano.
1.4. La nanna è buona
E nonna nonna, nonna nunnarella,
nonna vo’ fare chesta nenna bella,
nonna vo’ fare mo ch’è piccerella,
che quann’è grossa s’addorme sul’ella.
E nonna nonna, ché la nonna è bona,
li pare tuoie dòrmen’a chest’ora,
li pare tuoie dòrmen’a lu lietto,
sulo’sta nenna nun trov’ arricietto.
E ninna nanna, ninna nannarella, la nanna vuol fare questa bimba bella, la nanna vuol
fare or ch’è piccolina, ché quando sarà grande s’addormenterà da sola. E ninna nanna, ché
la nanna è buona, i bimbi come te dormono a quest’ora, i bimbi come te dormono a letto,
solo questa bimba non trova quiete.
Componimento che tende quasi a convincere l’infante di avere
sonno e di voler dormire, ripetendole due volte nonna vo’ fare (“vuol
fare la nanna”), e già prospettandole un’età in cui, cresciuta, si
addormenterà certamente da sola, senza bisogno che qualcuno le
canti una ninna nanna. Non manca un garbato ma deciso sprone a
mettersi alla pari con gli altri bambini della stessa età, i quali,
asseritamente, a quell’ora dormono nel loro letto (li pare tuoie
dòrmeno a lu lietto), per chiudere con una constatazione che è
anche una sorta di leggero e sottinteso rimprovero: solo questa
bimba non trova la quiete per addormentarsi.
A conferma della trasversalità di temi e di spunti delle ninne
nanne ci piace citare il breve componimento inserito nel romanzo Il
cardellino (titolo originale The goldfinch), della scrittrice statunitense
Donna Tartt: «Oh, dormi, piccolo mio, / ti prenderò una stella dal
cielo. / Tutti i bimbi dormono profondamente, / tutti gli altri, anche
quelli cattivi, / tutti i bimbi tranne te».
1.5. Fatti un bel sonno
Nonna nunnarella,
fa’ addurmi’ chistu figlio bello.
Nonna nunnarella,
’o lupo s’è mangiato ’a pecurella.
Nonna nunnarella,
dimane te nce porto â chiesiella.
Nonna nunnarella,
fatte ’nu suonno bello.
Ninna nannarella, fai addormentare questo figlio bello. Ninna nannarella, il lupo ha
mangiato la pecorella. Ninna nannarella, domani ti ci porterò nella chiesetta. Ninna
nannarella, fatti un bel sonno.
Proposta da Raffaele Urraro, che così commenta: «È una ninna
nanna che presenta tutti gli ingredienti di tale tipologia di canto
popolare: la speranza che il bambino si addormenti, il lupo che ha
divorato la pecorella, la cantilenante nenia capace di conciliare il
sonno». In realtà il componimento appare raccogliticcio e
disomogeneo, con elementi narrativi appena accennati e senza
alcun filo che ne leghi le singole, sintetiche, parti. L’invocazione
iniziale è rivolta a un’entità sconosciuta, se non si vuol pensare,
come ipotizza Urraro, che sia indirizzata alla stessa ninna nanna che
si sta cantando; sul tema del lupo che mangia la pecorella ci
soffermeremo ampiamente in seguito; la sortita nella chiesetta
l’indomani, il luogo forse meno adatto per portarvi un infante a
trascorrere il tempo, potrebbe far pensare a un battesimo da
celebrare.
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