La memoria dei fiori – Rywka Lipszyc

SINTESI DEL LIBRO:
Litzmannstadt, [domenica] 3 ottobre 1943
All’indomani della prima festa dell’anno (il Rosh
haShana).1 Nel complesso è stata una bella giornata.
Ieri era sabato e abbiamo avuto un’assemblea, un
momento bellissimo e commovente. Surcia ha letto il
bollettino dell’associazione. Più tardi ci siamo riunite con le
ragazze più grandi e il signor Berliner ha fatto un lungo
discorso. [...] E ieri dopo la riunione ho notato che sono a un
livello superiore rispetto alle mie amiche, e che per questo
mi rispettano. Secondo loro conosco un sacco di cose e ho
tantissime capacità. Oh, si sbagliano... non sanno nemmeno
quanto. Mi sono confidata con Ewa e lei mi ha detto che in
effetti ho una marcia in più rispetto alle altre. A me però
sembra di essere così mediocre, di avere così poco da
offrire... Devo scrivere una lettera a Surcia.
Litzmannstadt, [mercoledì] 6 ottobre 1943
Giusto un momento fa, mentre ero intenta a scrivere una
lettera a Surcia, Łucki mi ha detto di passare a trovarlo in
ufficio venerdì (oggi è mercoledì). Sabato sarà Yom Kippur.2
Poi ha detto, bontà sua, che potrei cominciare a lavorare al
laboratorio e a imparare qualcosa.3 Mi ha chiesto chi fosse il
mio tutore legale. Io gli ho risposto che era mia cugina
Estusia e che aveva vent’anni. Ha detto che vuole incontrarla
domani stesso. Interessante...
Litzmannstadt, [venerdì] 8 ottobre 1943
Domani sarà Yom Kippur, il giorno dell’Espiazione o del
Giudizio, e in ufficio c’è una grande agitazione, ma io sono
rimasta calma e tranquilla. Ieri dopo il lavoro sono andata a
trovare Zemlówna.4 Le ho parlato della possibilità di iniziare
a lavorare al laboratorio, e lei mi ha assicurato che farà il
possibile. Suo fratello è uno dei direttori del laboratorio di
Glazer.5
Litzmannstadt, [domenica] 10 ottobre 1943
Scrivo dopo il digiuno: non è stato poi così pesante, ma
sono ancora molto debole. Ho trascorso quasi tutto il giorno
in compagnia di Fela, Sala, Ewa e Ryfka (Mandelzis). Siamo
andate a fare una passeggiata, ma non ci siamo allontanate
troppo. Non eravamo abbastanza in forze. Dopo cena sono
uscita di nuovo con Cipka e Sala, perché non è salutare
andare dritte a letto dopo aver mangiato. Abbiamo parlato di
alcune cose che vorrei tanto scrivere qui, ma purtroppo
ancora non posso. Forse lo farò in futuro. (Riguardano le mie
cugine.) [...]
Litzmannstadt, [martedì] 12 ottobre 1943
Oggi è il mio ultimo giorno qui in ufficio. Mi hanno
preparato un modulo di dimissioni e hanno compilato il
questionario richiesto dal laboratorio. È probabile che nel
primo pomeriggio sia tutto concluso. Ieri sono andata a
trovare Chajusia perché dovevo restituirle un libro e
abbiamo parlato a lungo delle mie cugine. Dopo mi sono
sentita strana, con una gran voglia di piangere. Non so
perché. Ieri in ufficio ho letto tutto il giorno il libro che mi
aveva prestato Chajusia, un romanzo che s’intitola Sinfonia
triste. È scritto talmente bene che alla fine avrei voluto
congratularmi con l’autore. Mi sono identificata con il
protagonista, ma in lui ci sono anche un sacco di cose che
non mi appartengono. Prendiamo la fede, per esempio. Io
sono una ragazza religiosa. Lui invece vorrebbe credere in
Dio ma non riesce a trovare conforto nella fede. È un libro
bellissimo, ti catapulta direttamente nella lotta interiore del
protagonista. E io l’ho capita benissimo. Forse è per questo
che ho sentito un peso sul cuore. Come ho detto prima,
quando mi sento così ho voglia di stare da sola, o con una
persona che mi capisca. Di recente sono andata a trovare
Fela Działowska. Le ho raccontato di questa tristezza che mi
prende a volte, ma non siamo riuscite a parlarne perché né
io né lei avevamo più tempo. Oh, questo tempo che manca
sempre... È un gran problema per me e per tutti. E adesso
sento ancora quel peso sul cuore... Dio! Cosa succederà? Il
mondo è troppo piccolo. Non riesco a trovare un posto per
me, me ne sto zitta e buona e non lascio trasparire le
emozioni. Se qualcuno si mettesse a raccontare barzellette
scoppierei a ridere, ma dopo un po’ penserei che è una cosa
stupida. Che posso farci? Ieri mi sono persa di nuovo nei
miei pensieri. Riflettevo sul fatto che una ragazzina di
quattordici anni può benissimo essere considerata una
bambina, se si guarda soltanto l’età. Le mie amiche sono un
esempio lampante, ma bisogna dire che l’esperienza del
ghetto ci ha cambiate, e senz’altro non ci ha rese migliori.
Per la gente è più importante l’età del cervello. A quattordici
anni mi considerano ancora una bambina (anche se per
fortuna non sembro più piccola della mia età), però si
sbagliano. [...] Sono più matura delle mie coetanee,
nonostante nessuno se ne accorga. Oh, se fossi più grande sì
che mi capirebbero... Ecco, mi è successo ancora: rimugino
tutto il giorno pensieri che non servono a niente. Non c’è via
d’uscita...
Litz
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