Matrimonio per Procura – Mariangela Camocardi

SINTESI DEL LIBRO:
«Non potete impormi di sposare uno sconosciuto!» protestò
Corinna sdegnata, fronteggiando il padre con aria battagliera.
Il viso insolitamente severo, l’uomo non si fece intenerire dal
cipiglio che ostentava la sua combattiva figlia. Si strinse nelle spalle,
pacato. «Non intendo obbligarti, non temere. Le alternative sono
due: accettare le nozze con Rodolfo Ludovisi, oppure...» lasciò
brevemente la frase in sospeso e lo sguardo s’indurì. «Oppure ti
aspetta il convento per diventare suora.»
Un lampo di incertezza guizzò negli occhi di lei. «Che scelta
sarebbe, quella che proponete?»
«È questo il punto: non hai scelta.» Infilando i pollici nei taschini
del panciotto, Camillo la fissò con espressione corrucciata. «Mi
duole agire in modo drastico, ma non mi hai lasciato soluzione
diversa. Quindi, mentre decidi per quale optare, puoi biasimare te
stessa per aver fatto degenerare le cose al punto da costringermi a
darti un ultimatum.»
«Non dovete permettere alle malelingue di influenzarvi in modo
così negativo!» insorse lei con irritazione. «La gente non ha di
meglio da fare che sputare veleno, diffondendo calunnie prive di
fondamento.»
«Eri consapevole di come la malignità del prossimo sia efficace»
la rimbeccò prontamente «eppure ti sei esposta ai pettegolezzi,
come una sconsiderata.» Detestava doversi mostrare intransigente
con una delle sue figlie, ma lei si era spinta troppo oltre e non si
poteva più arginare il disastro che aveva provocato. «Avresti dovuto
prevedere, una volta che la faccenda si fosse risaputa in giro, di
subirne le conseguenze.»
Furiosa per quell’inflessibile presa di posizione, Corinna si
lambiccò il cervello per trovare parole che potessero fargli capire che
ingigantiva una sciocchezza da nulla. «Vi chiedo di avere fiducia in
me.»
«Agisco così per il tuo stesso bene.»
Lei disperò di riuscire a smuoverlo da quella rigida presa di
posizione, e mai si era scontrata in precedenza con una tale
determinazione da parte sua. «Vi imploro di avere fiducia in me,
babbo.»
«Non è questione di fiducia, bensì di salvare la tua reputazione.»
«Non c’è niente di cui debba vergognarmi.»
«Vallo a spiegare al tuo prossimo.»
Lei si torse le mani. «A me interessa ciò che pensate voi, più che
le calunnie altrui. Se quanto dico non basta a persuadervi, ve lo
giuro sulla santa Vergine. Posso essere un’anticonformista che non
bada troppo alle cosiddette convenienze, ma...»
«Purtroppo per tutti noi» interloquì afflitto lui.
«Lo so, l’impulsività è il mio peggior difetto, ma vi assicuro che
sono onesta come il giorno in cui mia madre mi diede alla luce!»
Lui allargò le braccia in un gesto esplicito. «Buon per te, Corinna,
e per colui che presto sarà tuo marito. Mi consola non poco
apprendere che il mio futuro genero non avrà da recriminare sulla
tua virtù.»
Lei non mascherò il disappunto. «Dunque non volete recedere dal
proposito di condannarmi a queste improponibili nozze?»
Lui, oppresso dalla discussione, sedette sul sofà. Il silenzio
innaturale che aleggiava al di là della porta del salotto dove lui e
Corinna affrontavano quel penoso colloquio, era quasi sinistro.
Sembrava che la dimora degli Alebardi si fosse di colpo svuotata dei
suoi abitanti.
«Più che improponibili» le rispose infine «queste nozze precipitose
sono inevitabili.»
«Permettetemi di non essere d’accordo» lo contraddisse lei,
sedendo accanto al padre. Era altrettanto fuori di sé.
«Non ha alcuna importanza.» Camillo osservò la figura slanciata
della sua volitiva primogenita, ammirando con paterno orgoglio
l’espressività del viso. Somigliava a lui. Le linee erano forse marcate,
ma quale fuoco ardeva negli occhi chiari di Corinna! Temperamento
e intelligenza erano poco apprezzati in una società che
disapprovava la troppa personalità in una donna. I capelli erano
indocili come lei, refrattari a ogni tentativo di costrizione. Corinna era
ancora piccina quando la madre si era arresa, rinunciando a dare a
quella riccioluta chioma corvina una qualunque parvenza d’ordine. Il
rito quotidiano di districare con il pettine la massa di ricci inanellati
rappresentava una tortura per la bambina, che piangeva per tutto il
tempo. Così Anna, sua moglie, si era limitata a una sbrigativa
spazzolata, prima di legarli in un trecciona da cui, nel giro di un’ora,
già sfuggivano una profusione di boccoli neri come l’inchiostro. A sei
anni, scovate le forbici, Corinna aveva eliminato il problema
massacrandosi la capigliatura e facendo singhiozzare la mamma di
orrore. Povera donna, le era occorso del tempo per assuefarsi alla
vista di quella testolina quasi rasata. La peste, viceversa, aveva
ostentato una sfacciata soddisfazione per essersi sbarazzata,
almeno per un po’, del supplizio di pettinarsi. Non appena era stata
in grado di acconciarseli da sola, aveva superato le difficoltà
annodandoli spartanamente sulla nuca con un nastro.
Camillo represse un altro sospiro. Se soltanto Corinna avesse
tenuto al suo aspetto… se avesse profuso un minimo impegno nel
valorizzare le proprie doti fisiche, per quanto diversa dagli stereotipi
dell’avvenenza femminile, sarebbe stata più attraente. Ma la figlia
non dava nessun peso all’esteriorità: sprecare tempo a rendersi
seducente? Figuriamoci!
Avrebbe dovuto impartirle un’educazione più restrittiva, si
rimproverò l’uomo. Lo smisurato affetto per quella creatura, la cui
nascita lo aveva reso ebbro di gioia, facendogliela amare dal primo
vagito, lo aveva reso così debole nei suoi riguardi da giustificarne
l’inesauribile esuberanza. Era stato fiero della sua precocità, dello
spirito di indipendenza. Corinna non sopportava limitazioni alla
propria autonomia, sgambettando fuori casa appena era stata in
grado di camminare. Invece di trastullarsi con le bambole, preferiva
avventurarsi nella campagna circostante sul pony che le aveva
donato. Lui non aveva ritenuto deplorevole assecondare quella
inclinazione per i cavalli, né gli pareva sbagliato soddisfarne i
desideri. L’agiatezza gli consentiva di poter allevare le sue figlie
senza negar loro nulla, purché non abusassero dei privilegi concessi
dal destino.
E ora quel permissivismo gli si ritorceva contro e si doveva correre
ai ripari, soprattutto per evitare a Corinna stessa di rinfacciargli la
deleteria indulgenza che le era stata concessa. Quale pretendente,
dopo quanto era accaduto, si sarebbe azzardato a volerla in moglie?
Si era compromessa senza rimedio, si crucciò Camillo, e neppure
raddoppiando la dote, per altro cospicua, qualcuno sarebbe stato
disposto a sposare una donna che incautamente aveva trascorso
una notte in compagnia di un uomo.
Quel pensiero rinfocolò la sua ira.
«Ti rammento, Corinna, che ti avevo ripetutamente avvertita di non
frequentare quello squallido seduttore, ma tu, come al solito, hai
voluto fare di testa tua, e ora eccoci alla resa dei conti!»
Risentita per quelle parole, lei protese il mento. «Etichettare
Roberto da mascalzone è ingiusto. Potrà non godere della vostra
simpatia, ma vi garantisco che mai si è approfittato di me, benché
voi siate convinto del contrario» replicò con enfasi.
Il padre liquidò l’obiezione con aria infastidita. «Ero certo che
avresti difeso a oltranza quel buono a nulla.»
Corinna aggrottò la fronte e strinse i pugni. «Non posso accettare
che siate così offensivo con chi non vi ha fatto alcunché! “Buono a
nulla” solo perché sospettate che mi corteggi per la mia dote, vero?»
«In effetti è alla tua ricca dote che quel lazzarone della peggior
specie aveva mirato, sperando di allungarci le mani.»
«Vi ripeto che non gli interessano assolutamente i miei soldi, e che
è un galantuomo.»
«Lo fosse davvero, si sarebbe astenuto dal coinvolgere con una
simile incoscienza una signorina perbene.»
Lei sbuffò esasperata. «Invece si è comportato in modo
irreprensibile, e non mi ha neppure sfiorata, ve lo assicuro.»
«Io posso anche crederti, ma vallo un po’ a raccontare ai
malpensanti, figlia mia. E sono in parecchi a condannare la tua
condotta.
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