L’uomo disincarnato – Sylviane Agacinski

SINTESI DEL LIBRO:
Platone immaginava l’uomo come una «pianta celeste», un
essere immortale grazie alla sua anima, ma mortale per il corpo
pesante al quale la sua anima è inchiodata, incollata e come saldata
durante il suo passaggio su questa terra, prima di esserne liberata
dalla morte.
Altri miti fondatori ci vengono da un immaginario religioso. Victor
Hugo scriveva nel suo Cromwell: «dal giorno in cui il Cristianesimo
ha detto all’uomo: tu sei duplice, tu sei composto da due esseri [...]
l’uno carnale, l’altro etereo [...] il dramma è stato creato».
Il primo atto di questo dramma è la creazione dell’uomo, essere
spirituale «a immagine e a somiglianza di Dio». Il suo epilogo è la
speranza cristiana in una vita eterna, staccata dalle “tuniche di pelle”
nelle quali Adamo ed Eva sono stati condannati a vivere, dopo esser
stati cacciati dal Giardino dell’Eden. Una credenza inaudita, folle per
il pensiero greco: gli eletti resusciteranno con un corpo trasfigurato,
glorioso, purificato da ogni parentela con la vita animale.
Noi non siamo più di questo avviso, direte. Chi crede ancora agli
antichi miti? Persino i cristiani sono diventati dubbiosi riguardo alla
resurrezione dei corpi.
La speranza di liberarsi della carne non è tuttavia sparita. Si è
spostata e si è rivolta verso la sola potenza alla quale noi Moderni
crediamo: la potenza tecno-scientifica.
Nel Rinascimento, e agli inizi dell’età classica, il mito di
Prometeo, nel quale i greci vedevano l’espressione di una pericolosa
dismisura, è diventato un simbolo della dignità umana. La vera
ambizione del genere umano, afferma Francesco Bacone nel 1620,
è di acquisire il potere delle arti meccaniche per esercitare il proprio
impero sull’universo – col beneplacito della Bibbia, visto che l’uomo
ha ricevuto da Dio il diritto di dominare la natura.
La potenza tecno-scientifica regna oggi sull’intera natura,
compresa quella dell’uomo stesso. Un uomo nuovo si va delineando,
non più in sogno o nell’aldilà, ma quaggiù, sulla terra. I nuovi
credenti intendono scambiare le loro vecchie “tuniche di pelle” con
un corpo di cui saranno i “fabbricatori sovrani”: corpo ripristinato e
migliorato, corpo senza padre né madre, e non più generato; corpo
ricostruito e neutro, oltre l’uomo e la donna; corpo sempre meno
vulnerabile ma sempre meno vivente.
Ma a che prezzo?
2.
Diciamo ogni giorno che la medicina “fa dei miracoli”. Ne fa,
senza alcun dubbio, e né voi né io vorremmo vivere in un mondo
senza antibiotici, senza anestetici e senza chirurgia ricostruttiva.
Ma ormai ci aspettiamo dal medico che superi di gran lunga la
sua missione terapeutica per assumere una funzione
antropotecnica, ossia che ci permetta non soltanto di riparare, ma di
rifare, plasmare, correggere, ritoccare il corpo umano e addirittura di
riprodurlo di sana pianta.
Nel romanzo di D.H. Lawrence, L’amante di Lady Chatterley
(versione del 1927), Clifford, ferito durante la grande guerra,
minorato e impotente, ripone ogni sua speranza nelle macchine.
Sperimenta un prototipo di sedia a rotelle promettente, anche se
piuttosto rudimentale, e organizza la sua esistenza meccanizzata
con la stessa razionalità con cui gestisce la miniera di cui è
proprietario. Personificazione dell’uomo moderno, dichiara
profeticamente: «Mi sembra che una civiltà degna di questo nome
dovrebbe essere in grado di eliminare un bel po’ di impedimenti
fisici. L’intera faccenda dell’amore, ad esempio, potrebbe sparire. E
scomparirebbe davvero, penso, se potessimo riprodurre i bambini in
bottiglie». Aspettando l’epoca felice dell’eliminazione dell’amore
carnale, Clifford imbecca la moglie suggerendole di dargli un erede
scegliendosi un amante. Accadeva prima del ricorso alla donazione
di sperma anonimo.
Ne La condizione umana (1958), Hannah Arendt ricorda lo sforzo
dei ricercatori dei suoi tempi per «fabbricare degli esseri umani in
provetta», come se, rivoltandosi contro la propria condizione
naturale, l’uomo cercasse di «scambiare la sua vita, ricevuta da non
si sa dove», con «un’opera frutto delle sue stesse mani».
Siamo giunti esattamente a questo punto.
L’uomo è entrato nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, per
riprendere una formula di Walter Benjamin a proposito dell’opera
d’arte.
Nel presente pamphlet, modello ridotto di un modesto trattato, le
mie osservazioni concerneranno soprattutto le biotecnologie della
riproduzione e le questioni morali e politiche che esse pongono.
3.
Nel 1972 è stata aperta la prima banca del seme presso
l’ospedale di Bicêtre per ovviare a certe forme di sterilità maschile
rimpiazzando i gameti del padre con quelli di un donatore.
Successivamente sono subentrati i CECOS (Centri di conservazione
degli ovuli e dello sperma). La fecondazione in vitro ha poi aperto la
strada all’esternalizzazione di una parte delle funzioni riproduttive.
Tutt’altra soglia verrebbe varcata se, per “fare” dei figli, si potesse
sostituire il corpo materno.
Questa ipotesi, tuttavia, è già ben più di una fantasia. Da oltre
vent’anni si sta cercando il modo di esternalizzare la gestazione
dell’embrione servendosi di una specie di macchina chiamata Utero
Artificiale (UA), si cerca, cioè, di disincarnare i processi di
embriogenesi e lo sviluppo del feto fino al suo compimento.
L’americana Gena Corea, in maniera giudiziosa, aveva
soprannominato questo apparecchio Mother Machine. Sebbene
presenti un interesse medico alquanto debole, questa macchina,
recentemente sperimentata su dei feti di agnello, permetterebbe di
“salvare”, in un primo momento, alcuni grandi prematuri, prima di
sostituire il corpo femminile.
Nessuno sa se questa “gestatrice artificiale” potrà esser
realizzata, né se dei bebè nati da una scatola senza vita e
senz’anima assomiglierebbero ancora a quelli portati in grembo da
un essere umano che parla, sogna, cammina, canta, ride e piange.
È lecito dubitarne. Alcuni vedono nell’esogenesi nientemeno che un
progresso verso la produzione di una post-umanità liberata dal suo
umiliante statuto di “mammifero sottosviluppato” (Marcela Iacub).
Una visione non priva di effetti sulla rappresentazione del corpo delle
donne: se il parto può essere affidato a delle macchine, allora l’utero
femminile non è altro che un’incubatrice. Può anche diventare,
provvisoriamente, uno “strumento di produzione.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo