L’uomo che voleva fermare il tempo – Mitch Albom

SINTESI DEL LIBRO:
Questa è una storia sul significato del tempo
e comincia millenni fa, agli albori della storia dell’uomo, con un
bambino scalzo che risale di corsa il versante di una collina.
Davanti a lui c’è una bambina, anche lei scalza. Sta cercando di
acciuffarla. Spesso funziona così, a quell’età.
Per questi due sarà sempre così.
Il nome del ragazzino è Dor. Lei è Alli.
Sono quasi alti uguali, con voci acute e folti capelli neri, le facce
schizzate del fango di ore e ore di gioco.
Mentre corre, Alli guarda indietro verso Dor e sorride. Sono le
prime avvisaglie dell’amore. Raccoglie un sasso e lo lancia nella sua
direzione.
«Dor!» grida.
Dor corre, e intanto conta i suoi respiri.
È la prima persona sulla Terra ad averci pensato: contare, creare
numeri. Ha cominciato alzando un dito dopo l’altro, attribuendo a
ogni gesto un suono e un valore. Presto si è ritrovato a contare
qualsiasi cosa.
Dor è mite e obbediente, ma la sua mente è più acuta di quella di
chi gli sta intorno. Lui è diverso.
E ora che la storia dell’uomo è ancora ai primi capitoli, un bambino
diverso è sufficiente a cambiare il mondo. È per questo che Dio lo
tiene d’occhio.
«Dor!» grida di nuovo Alli.
Lui alza lo sguardo e sorride – le sorride sempre – e il sasso cade ai
suoi piedi. Inclina la testa e concepisce un’idea.
«Tirane un altro!»
Alli lo accontenta. Dor conta con le dita, un suono per il numero
uno, un altro per il numero due…
«Argh!»
Viene travolto alle spalle da un terzo bambino, Nim, molto più
grosso e forte. Nim esulta, mentre pianta un ginocchio nella schiena
di Dor.
«Sono il re!»
I bambini scoppiano a ridere, poi ricominciano a correre.
Provate a immaginare una vita in cui il tempo non venga
segnato.
Probabilmente non ci riuscirete. Conoscete il mese, l’anno, il giorno
della settimana. C’è un orologio sulla parete o sul cruscotto della
vostra macchina. Avete un’agenda, un calendario, un orario per
cenare o per guardare un film.
Eppure, intorno a voi, la vita non si cura del tempo che scorre. Gli
uccelli non sanno che significhi fare tardi. Un cane non controlla
l’orologio. I cervi non si preoccupano del passare degli anni.
Solo l’uomo misura il tempo, e ascolta i rintocchi dell’orologio.
E, a causa di questo, l’uomo è paralizzato da una paura che
nessun’altra creatura deve sopportare.
La paura di non avere abbastanza tempo.
3
Sarah Lemon teme di non avere abbastanza tempo.
Esce dalla doccia e fa due calcoli. Venti minuti per asciugarsi i
capelli, mezz’ora per truccarsi, mezz’ora per vestirsi, un quarto d’ora
per raggiungere il posto. Otto e trenta, otto e trenta!
Si apre la porta della camera da letto. È sua madre, Lorraine.
«Tesoro?»
«Bussa, mamma!»
«Okay. Toc-toc.»
Lorraine osserva il letto. Sopra ci sono due paia di jeans, tre
magliette, un maglione bianco.
«Dove vai?»
«Da nessuna parte.»
«Ti vedi con qualcuno?»
«No.»
«Il bianco ti dona…»
«Mamma!»
Lorraine sospira, raccoglie un asciugamano bagnato dal pavimento
e toglie il disturbo.
Sarah torna allo specchio. Pensa al ragazzo. Stringe fra due dita il
grasso che le circonda i fianchi. Bleah.
Otto e trenta, otto e trenta!
No, il maglione bianco no.
Victor Delamonte teme di non avere abbastanza tempo.
Lui e Grace escono dall’ascensore ed entrano nell’attico. «Dammi il
soprabito» dice Grace. Poi lo appende nell’armadio.
C’è silenzio. Victor si aiuta col bastone nel percorrere il corridoio,
su una parete il grande dipinto a olio di un maestro francese. Sente un
dolore pulsante all’addome. Non deve dimenticare di prendere la
pillola. Entra nel suo studio, pieno di libri e targhe, con al centro
un’enorme scrivania in mogano.
Pensa al dottore. Non c’è molto da fare. Cosa vuol dire? Mesi?
Settimane? Possibile che sia giunta la sua ora? No, non può essere la
fine.
Sente il rumore dei tacchi di Grace sul pavimento. È al telefono e
sta componendo un numero. «Ruth, sono io…» Ruth, sua sorella.
Grace abbassa la voce. «Siamo appena stati dal medico…»
Solo, alla sua scrivania, Victor vorrebbe calcolare gli scampoli di
vita che gli restano. Un respiro gli schizza fuori dal petto, come se
qualcuno gli avesse spremuto i polmoni. Fa una smorfia. Gli occhi gli
si inumidiscono.
4
Crescendo, i bambini gravitano verso i loro destini.
Così fu per Dor, Nim e Alli, i tre piccoli sulle pendici della nostra
collina.
Nim diventò alto e largo di spalle.
Portava mattoni di fango per suo padre, un muratore. Gli piaceva
essere più forte degli altri ragazzi. Il potere diventò la sua ossessione.
Alli si fece sempre più bella
e sua madre le raccomandava di tenere i capelli scuri intrecciati e
lo sguardo basso, affinché la sua bellezza non incoraggiasse i desideri
maliziosi degli uomini. L’umiltà diventò un guscio per lei.
E Dor?
Be’, Dor diventò uno che misurava le cose. Segnava pietre,
intaccava bastoni, metteva in fila ramoscelli, sassolini, qualsiasi cosa
potesse contare. Spesso cadeva in uno stato sognante, e i fratelli
maggiori iniziarono presto a non portarlo più con loro quando
andavano a caccia. E allora Dor correva su per le colline con Alli, e la
sua mente prendeva il largo, invitandolo a seguirla.
Poi, una calda mattina, qualcosa di strano accadde.
Dor, ormai adolescente, era seduto in una radura e piantava un
bastoncino nel terreno. Il sole era forte, e lui notò l’ombra proiettata
dal bastoncino.
Sistemò una pietra all’estremità dell’ombra. Intanto canticchiava tra
sé. Pensava ad Alli. Erano amici da sempre, ma adesso lui era più alto
e lei era in qualche modo più soffice, e Dor provava una strana
dolcezza quando gli occhi di Alli si alzavano per incontrare i suoi. Gli
sembrava di perdere l’equilibrio.
Una mosca gli ronzò davanti, interrompendo il suo sogno a occhi
aperti.
«Ahhh» disse, scacciandola. E nel momento in cui riportò lo
sguardo sul bastoncino, l’ombra non arrivava più alla pietra. Dor
aspettò, ma essa si fece ancora più piccola, perché il sole stava
salendo nel cielo.
Decise di lasciare ogni cosa al suo posto e tornare il giorno
successivo. L’indomani, quando il sole avesse proiettato un’ombra
esattamente dov’era la pietra, quel momento sarebbe stato… lo stesso
momento di oggi.
In effetti, ragionava, non si sarebbe presentato ogni giorno un
momento in cui l’ombra, il bastoncino e la pietra si allineavano?
L’avrebbe chiamato il momento di Alli, e avrebbe pensato a lei ogni
giorno in quell’istante.
Si diede dei colpetti sulla fronte, orgoglioso di sé.
Fu così che l’uomo cominciò a misurare il tempo.
La mosca tornò.
Dor la scacciò di nuovo. Solo che stavolta la mosca si allungò a
formare una lunga striscia nera, che si aprì in uno squarcio di
oscurità. Ne emerse un vecchio con una tunica bianca drappeggiata.
Dor sbarrò gli occhi per la paura. Cercò di scappare, di gridare, ma
aveva perso completamente il controllo del corpo.
Il vecchio impugnava un bastone di legno dorato. Urtò il
bastoncino di Dor e quello si sollevò dal terreno, trasformandosi in
uno sciame di vespe. Poi le vespe si tramutarono in una nuova striscia
d’oscurità, che si dischiuse come una tenda quando viene tirata.
Il vecchio ci si infilò. E sparì.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo