L’uomo con il binocolo – Christina Olséni

SINTESI DEL LIBRO:
Johan Ekblad atterrò dopo un breve volo del tutto fuori
programma nell’erba umida di rugiada ai piedi della torre
d’osservazione. Una fortuna che fosse già morto, perché altrimenti
avrebbe provato un dolore terribile. Anche se non si può certo
parlare di fortuna. Quel giorno infatti Johan Ekblad aveva programmi
ben diversi che morire. La mattina era cominciata così bene quando,
nella lussuosa cucina di casa, si era goduto in santa pace una tazza
grande di caffè macchiato, mentre il sole si levava piano sopra la
penisola di Falsterbo. Quindi si era seduto a bordo del suo nuovo
giocattolo, una Porsche Carrera 4S, puntando verso il luogo del
pianeta che più amava, la brughiera di Falsterbo – la più vasta
brughiera umida dell’Europa settentrionale – che era tutta un tappeto
di fiori violetti, un vero paradiso per gli uccelli migratori diretti a sud.
Quando Johan Ekblad decideva di diventare veramente bravo in
qualcosa, non c’era nulla che potesse fermarlo. In gioventù era stato
un’acclamata promessa del tennis, ma a causa di un deplorevole
infortunio al ginocchio che si era procurato in una serata di bagordi a
Båstad era stato costretto, con grande delusione di suo padre, a
riporre la racchetta sullo scaffale. Invece, insieme a due compagni di
studio del politecnico di Lund, Stefan Palm e David Lönn, aveva
fondato la Tre Alberi S.p.A., facendone la rinomata società di servizi
informatici che era oggi.
Il fine settimana prima, Johan Ekblad aveva festeggiato il suo
quarantesimo compleanno con una cena a base di gamberi. La sera,
mentre lo champagne scorreva a fiumi e i costosissimi gamberi,
secondo l’etichetta pescati in Svezia, erano serviti in quantità
faraoniche, si era reso conto di che cosa significasse di più per lui
nella vita. Rinfrancato dall’alcol, a notte fonda aveva svelato i suoi
piani per il futuro. Aveva deciso di puntare tutto sul suo interesse
appassionato per l’avifauna. La fondazione del Club 450 era un
trionfo che gli avrebbe conferito l’ambito status di uno degli ornitologi
più famosi e competenti del Nord Europa.
Dopo l’incontro fissato per quel mattino di buon’ora alla torre
d’avvistamento, avrebbe partecipato al Bingo Canoro di Egon, dove
sicuramente avrebbe brillato con le sue conoscenze dei versi degli
uccelli.
All’ora di pranzo era in programma il suo discorso per
l’inaugurazione del Falsterbo Bird Show, una fiera della natura e
dell’ambiente incentrata sull’avifauna, e in seguito aveva
appuntamento con un ferrato avvocato divorzista che apparteneva
alla sua stessa loggia. La giornata infine sarebbe stata coronata
dall’inaugurazione di Villa Nido, dove il primo cittadino del comune
avrebbe tagliato il nastro rosso e lui stesso avrebbe tenuto un altro
ancora dei suoi ben preparati e acclamati discorsi. Il centinaio di
ospiti invitati per l’occasione avrebbe conversato e ammirato il suo
capolavoro. Villa Nido si sarebbe distinta per ospitare la più
spettacolare collezione ornitologica d’Europa, e avrebbe attirato
esperti da ogni parte del pianeta.
Di tutto questo invece non si sarebbe fatto più nulla. Johan
Ekblad giaceva infatti irrimediabilmente morto ai piedi della torre
d’avvistamento, mentre una macchia scura si allargava sul suo gilet
verde marcio. Il sole era appena sorto e alcuni falchi pecchiaioli che
avevano passato la notte nella brughiera giravano in tondo nel cielo.
Le vecchie assi scricchiolarono in maniera inquietante mentre
qualcuno scendeva con determinazione la scala a pioli sgangherata
per poi scomparire rapido verso il camping.
2
NELLA BRUGHIERA ALL’IMPROVVISO
Venerdì 4 settembre, mattina, casa di Jan Häger
e brughiera di Falsterbo
Egon si voltò verso il suo vecchio amico Ragnar che era seduto
sul sedile posteriore, incastrato a fianco di un’ingombrante
carrozzina per neonati. “Allora, hai deciso di aspettare in macchina o
cosa?” gli disse, slacciandosi la cintura di sicurezza.
“Sì, io aspetto qui,” borbottò Ragnar, che non si era ancora
svegliato del tutto. Nemmeno il suo adorato caffè del mattino si era
potuto godere, prima che Egon bussasse impaziente alla porta. Era
quel tipo di bussata col pugno chiuso che ti fa credere che i vicini
stiano per buttarti giù l’uscio di casa perché hanno scoperto che ti
sta andando a fuoco la cucina. Se c’era qualcosa capace di mettere
Ragnar di cattivo umore era non poter bere il consueto caffè del
mattino. Gli piaceva iniziare la giornata con il suo quotidiano e
almeno due tazze di caffè appena fatto, a letto accanto alla sua
adorata Märta. Per non parlare del primo sigaretto, che considerava
il punto culminante della giornata. Nemmeno quello aveva avuto il
tempo di gustarsi. Ragnar sapeva che Egon detestava la sua
abitudine al fumo, e per puro dispetto stava meditando di accendersi
il primo sigaretto nella Bentley appena tirata a lucido. O almeno di
gettare fuori l’alberello profumato che dondolava dallo specchietto
retrovisore e che faceva puzzare tutto l’abitacolo di aghi di pino.
Egon scese dall’automobile con agilità. Nonostante i suoi
ottantatré anni aveva un fisico quasi perfetto, almeno era ciò che
sosteneva lui. Ciò dipendeva di certo da molti decenni di fedeltà al
programma di allenamento di Arne Tammer “Datemi un quarto d’ora
al giorno”. Egon aveva conservato il corso per corrispondenza del
1971 e sistemato con cura tutte le pagine nelle buste di plastica di
un raccoglitore. Il corso, che mostrava belle immagini del torso
muscoloso di Tammer, era appeso dietro la porta del guardaroba in
camera da letto, e ogni mattino feriale alle 05.30 Egon ne seguiva
puntigliosamente le istruzioni.
Ragnar appoggiò il capo contro il sedile di pelle, abbassò il vetro
del finestrino e chiuse gli occhi. La ghiaia scricchiolò sotto i passi
decisi di Egon che si avvicinavano alla consunta porta di legno
laccata di verde di Östergatan. L’amico bussò con vigore sull’uscio
che quasi subito fu aperto da Jan Häger, presidente
dell’associazione ornitologica Sterna di Dougall, la cui imponente
figura riempì l’intero vano.
“Salve Egon, che gentili a esservi offerti di passare a prendermi.”
“Ci mancherebbe, Jan. Siamo un po’ in anticipo, ma eccoci qui.
Hai bisogno di aiuto a trasportare qualcosa?”
“No, non occorre. Ho solo il mio zaino e ce la faccio senza
problemi.”
Infilò un braccio attraverso una cinghia e si issò lo zaino sulla
schiena. “Vado solo a prendere il giornale da dare a mia moglie e poi
sono pronto.”
“Ci penso io.” Prima che Jan facesse in tempo a dire che poteva
ritirarlo lui, Egon stava già frugando nella cassetta delle lettere rossa
decorata a oche bianche.
Ragnar fece un sospiro teatrale dentro la macchina. Era così
stufo dell’eterno servilismo di Egon nei confronti di Jan Häger.
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