Lunga è la notte – Anthony Flacco

SINTESI DEL LIBRO:
Sanford Clark, tredici anni, avvertì una fitta allo stomaco quando
capì che sua madre lo stava davvero mandando via. Tenne gli occhi
abbassati cercando di controllare il respiro, il cervello paralizzato
dalla notizia appena ricevuta. C’era qualcosa di sbagliato, lo sentiva.
L’atmosfera nella stanza si era fatta malsana, come se un sottile velo
di foschia acre fosse appena entrato dalla finestra. Sapeva che sua
madre e lo zio gli stavano raccontando un mucchio di bugie. Era
tutto così fuori posto e strano da sembrargli un brutto sogno.
Sua madre Winnie era assorta in una di quelle conversazioni
sussurrate, tutte smorfie e risolini, cui lei e il fratello più giovane,
Stewart, si lasciavano andare ogni volta che pensavano di essere
soli. Quel giorno, per qualche ragione, lei non sembrava curarsi della
presenza di Sanford, né di quella del marito, anche lui nella stanza.
Pareva decisa a sfruttare ogni attimo di intimità prima che lo zio
Stewart se ne andasse. Sanford si chiedeva come facesse suo
padre a non accorgersene. Ma quando John Clark era a casa, si
limitava a fluttuare al margine delle loro vite. Si era fatto ridurre al
silenzio in qualche momento di un lontano passato, quando Sanford
era troppo piccolo per ricordarselo, e adesso quello che il ragazzo
aveva sotto gli occhi era solo il fantasma di suo padre.
Pensò a un modo di coinvolgere il padre, anche se in genere non
serviva a niente. John aveva ancora abbastanza energie per
esplodere quando la pressione si faceva insopportabile, ma la sua
ira si esauriva in fretta, come la fiammata di un cerino. All’epoca, di
rado si scaldava per qualcosa al punto da perdere le staffe. Nelle
rare occasioni in cui succedeva, Winnie gliela faceva pagare con gli
interessi, a volte per settimane.
Ma quel giorno i sussurri – sembrava quasi che fratello e sorella
flirtassero – avevano il terrificante intento di mandar via Sanford
insieme a Stewart. Era chiaro che nessuno poteva impedirglielo. Gli
avevano raccontato che lo zio Stewart avrebbe portato Sanford con
sé sulla sua Buick decappottabile in un viaggio verso sud-est di
duecentoquaranta chilometri per visitare Regina, la capitale del
Saskatchewan. «Sarà bellissimo, Sanford!» disse lo zio Stewart con
entusiasmo. «E sono sicuro che ti piacerebbe veder giocare i Regina
Pats in casa, giusto?»
«Sono dei ragazzini.»
«Sanford,» aggiunse Winnie «Regina è la nostra capitale e devi
conoscerla. È una città bellissima e lo zio Stewart ti porterà in giro.»
«Ci divertiremo un mondo!» intervenne lo zio Stewart, mentendo
spudoratamente. «Esploreremo i dintorni della città, cercando i segni
dell’uragano Regina.»
«Ma non è stato prima che nascessi?»
«Non molto prima. Sono passati quattordici anni, e se non hanno
ancora sistemato tutto, scriveremo ai giornali! Uno scoop esplosivo!
Pensaci: due provinciali di Saskatoon che criticano la capitale. Sarà
uno scandalo, ah ah!»
Sanford pensò che l’unico scandalo, lì, era il fatto che sua madre
lo stesse mandando via, e che lei e il fratello gli mentissero con tanta
pervicacia. Sanford sapeva bene quanto la madre fosse un’abile
bugiarda: aveva passato gran parte della sua vita ad ascoltarla
mentire a chiunque avesse qualcosa che le interessava.
Aveva dimenticato quanto fossero simili la madre e lo zio. Prima di
quelle due settimane in cui lo zio Stewart era rimasto a casa loro,
Sanford non vedeva lui né la sua famiglia da quando avevano
lasciato precipitosamente il Canada, due anni addietro. Nessuno
aveva mai detto a Sanford perché i Northcott se ne fossero andati
dal Paese, ma tutta la famiglia sapeva che lo zio Stewart aveva fatto
infuriare alcuni vicini per via di come trattava i bambini. Senza
dubbio poteva aver mentito anche su quello. Qualche ora prima
Sanford aveva origliato mentre la madre e il fratello parlottavano in
un angolo, facendo piani per lui. E adesso sapeva benissimo che
nella storia di Regina non c’era un briciolo di verità.
Lanciò un’altra occhiata di sottecchi alla madre. Winnie era in uno
dei suoi momenti di assenza, durante i quali non era realmente
consapevole di ciò che le accadeva intorno. Quando era in quello
stato, se guardava una persona negli occhi era solo per darle
addosso. Immaginò che fosse per quel motivo che progettava di
mandarlo via come niente fosse. Fece uno sforzo per parlare.
«Sono tutte balle!» sbottò alla fine. «So benissimo che non
andremo a Regina. Mi porterà negli Stati Uniti! Vi ho sentiti parlare di
quello stupido allevamento di polli!»
Winnie lo fissò dritto negli occhi con quel suo sguardo inquietante,
e lui capì: l’avrebbe ucciso piuttosto di ammettere che stava dicendo
la verità. Inarcò le sopracciglia. «Perché, piccolo egoista figlio di
puttana! E mamma? Eh? E io?»
«… tu?»
«Non rispondere a una domanda con una domanda, stronzetto!»
«Accidenti, sorellina… diglielo e basta.»
«Oh, adesso vuoi che glielo dica?»
«Già che ci sei.»
«Vuoi sentirlo piagnucolare?»
«Non piagnucolerà.» Lo zio Stewart lanciò un’occhiata minacciosa
a Stewart. «Vero, ragazzo?»
Sanford cercò di ignorare la domanda. «Non voglio andare a…»
«Non piagnucolerà» sbraitò lo zio Stewart. Poi continuò con voce
bassa e minacciosa: «Vero, ragazzo?».
«Non sto piagnucolando.»
Winnie sbuffò con disprezzo. «Maledizione, che inutile bastardo!
Non sai cosa significhi lavorare. Non sai cosa significhi lottare.»
«Tutti i ragazzi dovrebbero impararlo, Sanford» aggiunse lo zio
Stewart.
«Non è giusto…» cominciò Sanford, ma Winnie lo zittì.
«Benissimo!» urlò lei. Dopo una pausa in cui fece vagare lo
sguardo nel vuoto scuotendo la testa, inspirò profondamente e parlò,
dando l’impressione di pesare ogni parola mentre esponeva le sue
ponderate riflessioni. «Figliolo. C’è davvero – davvero – qualcosa
che non va in te. Sono convinta che ti manchi qualcosa che un
ragazzo normale dovrebbe avere. È il tuo egoismo, questo modo di
pensare sempre e solo a te stesso. Esiste una definizione per gente
così, e non è una definizione piacevole. Bene, allora, vuoi sapere
che succede? Perfetto, ecco qui! Stai per andare in California con
Stewart. Stavo cercando di renderti le cose più facili, ma no, tu non
me lo permetti.
Ai ragazzi normali piace l’avventura. Una volta che un vero
ragazzo si mette per strada, sai, col vento nei capelli, è del tutto
naturale che desideri andare il più lontano possibile, finché non ne
ha abbastanza. Una madre sa queste cose.»
«Perché dovrei voler…»
«Parlare con te è tempo sprecato. È inutile tentare di ragionare!»
Winnie prese a elencare le sue vecchie colpe, un dito alla volta.
Poteva metterci due o tre minuti per dito, usandoli tutti e
aggiungendoci le dita dei piedi prima di aver esaurito la sua tirata.
Sanford inspirò profondamente mentre la madre sciorinava la
familiare serie di capi d’accusa. Uno stupido sognatore con la testa
fra le nuvole. Uno scansafatiche che divorava romanzi popolari ma
riusciva a malapena a stare seduto per la durata di una lezione e di
rado passava un esame. Un deficiente tardo di comprendonio, che
capiva tutto al contrario e non ne combinava una giusta. Una
continua fonte di problemi.
«Ecco perché ti serve questa nuova vita» concluse. «Puoi andare
a scuola laggiù e aiutare lo zio Stewart nel tempo libero.»
Ma a Sanford questa “storia vera” suonava ridicola quanto la
bugia. “Allevare polli con lo zio Stewart in mezzo al deserto?” Lo zio
Stewart era un esile ventenne che aspirava a diventare pianista.
Aveva vissuto tutta la vita in Canada fino a due anni prima, quando
lui e i genitori se n’erano andati negli Stati Uniti. Il sedicente
allevatore di polli era sempre stato orgogliosissimo del fatto che
suonava il piano abbastanza bene da passare per un professionista
nelle orchestre locali e nei cinema muti. Lo zio Stewart si era esibito
lì in provincia e con ogni probabilità anche negli Stati Uniti. Tutta la
maledetta famiglia sapeva del suo sogno di diventare un concertista.
Quanto al fatto di vivere nel deserto, Sanford non ci aveva mai
pensato prima, ma perché qualcuno avrebbe dovuto spostarsi da
una città come Los Angeles per andare a stare nel bel mezzo del
nulla, a meno che non vi fosse costretto?
Si morse un labbro, costernato, e si sforzò di trovare una risposta:
cosa poteva attirare lo zio Stewart in una zona tanto isolata?
Nessuno ne aveva fatto cenno. Ma era fuor di dubbio che una
manciata di luride gabbie di polli avrebbe mandato una puzza
insopportabile con quel caldo. Occuparsene era garanzia di un
lavoro disgustoso che strideva con tutto quello che Sanford sapeva
dello zio.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo