Luna di primavera – Mariangela Camocardi

SINTESI DEL LIBRO:
Si direbbe che la condizione matrimoniale proprio
non vi si addica, mio caro, e che incida negativamente
sul vostro appetito.
La pigra osservazione della donna ruppe d’un tratto il
pesante silenzio che gravava sulla sala da pranzo,
fluttuando oltre la barriera che sembrava ergersi,
invalicabile come una parete, tra i due commensali che
sedevano composti alla tavola elegantemente
apparecchiata.
L’uomo che era appena stato interpellato da quella
irriverente voce femminile non sollevò neppure lo
sguardo dal piatto quasi intatto che aveva davanti a sé. —
Vi sarei oltremodo grato, Nives, se evitaste di rivolgervi a
me con ridicoli vezzeggiativi — si limitò a rispondere in
tono privo di inflessione, irrigidendo impercettibilmente
le ampie spalle. — Visti i rapporti che intercorrono tra
noi, non è affatto necessario sfoggiare parole o
atteggiamenti affettuosi di cui non si avverte l’esigenza.
Ed è del tutto superflua la vostra preoccupazione per il
mio appetito — concluse seccamente.
— Del tutto superflua, dite? — Lei emise una risatina
divertita e lo studiò per un momento. — Diamine, da
come piluccate il cibo ultimamente, Riziero, se ne trae
l’impressione che temete contenga del veleno, oppure
che vi state così struggendo d’amore per la vostra sposa
da non sentire alcun bisogno di nutrirvi.
— Temo che né l’una né l’altra ipotesi siano la causa di
quello che è, semplicemente, un transitorio periodo di
inappetenza. Sarà capitato anche a voi, suppongo.
— No, mai. Nessuna contrarietà potrebbe farmi
rinunciare ai piaceri della buona cucina. Se talvolta
qualcosa mi rende di malumore, non è digiunando che
miglioro il mio stato d’animo, tutt’altro!
— Se il vostro vuol essere un consiglio, ribadisco che
non avete motivo di angustiarvi.
— Davvero, mio caro?
— Ma quante volte dovrò ripeterlo di astenervi dal
chiamarmi in questo modo? — sbottò lui con irritazione.
— O il vostro è un tentativo di ravvivare la
conversazione che languisce?
— Cielo, non vi credevo capace di fare dell’ironia! —
esclamò Nives. — Avete un senso dell’umorismo
terribilmente limitato, ve l’hanno mai detto? —
Stuzzicare quel consorte così compassato, nonostante
avesse poco più di trent’anni, si stava rivelando uno
spasso impagabile. Riziero, oltretutto, era assurdamente
risoluto nel voler mantenere le distanze tra loro,
frapponendo una formalità addirittura anacronistica a
quelle sue provocatorie schermaglie, il che
rappresentava una vera e propria sfida per lei. Lo osservò
di sottecchi attraverso la folta frangia delle ciglia e si
complimentò con se stessa per aver sposato un uomo
tanto maschio. Riziero irraggiava un’autentica, intrigante
virilità. Il suo volto non aveva forse la classica bellezza da
medaglia romana, ma qualunque donna avrebbe trovato
irresistibile quel naso pronunciato, quella bocca carnosa
così restia al sorriso, quelle mascelle perennemente
contratte in un cipiglio severo, quegli occhi scuri come la
notte, e che mai aveva visto addolcirsi o farsi meno
sospettosi, quando si posavano sulla sua persona.
Deponendo la forchetta, Nives riprese: — Vi dà dunque
fastidio anche la mera cortesia, se viene da me? Siete
mio marito, perciò in quale altra maniera dovrei
parlarvi, se non affettuosamente?
— Vostro marito, già... — rimarcò Riziero con voluta
freddezza, sollevando infine il capo per lanciarle
un’occhiata carica d’insofferenza. — Il fatto di essere
riuscita a procurarvene uno, deve inorgoglirvi parecchio,
presumo.
— Sì, in effetti — ammise la moglie con sfacciato
compiacimento, piegandosi deliberatamente verso di lui
per esibire la voluttuosa curva dei seni, che quasi
traboccavano dalla profonda scollatura del vestito che
indossava. Lo scintillio dei diamanti che aveva al collo e
alle orecchie rivaleggiò, nello sfolgorio delle candele che
ardevano al centro della tavola, con quello degli occhi
chiari. — Avere un marito come voi, mio caro,
renderebbe orgogliosa qualsiasi moglie, ve lo assicuro!
Quell’aperta esternazione di apprezzamento, piuttosto
che rabbonire l’uomo, parve esacerbarlo maggiormente.
— Provate un perverso piacere nel rammentarmelo in
continuazione, non è vero?
Inclinando la testa in una posa civettuola, Nives replicò
con vivacità: — Perverso piacere? È così che definite la
mia sollecitudine? E che c’è di riprovevole nel
manifestare quanto il fatto di avervi sposato mi colmi di
soddisfazione?
— Oh, questo è più che palese; solo che le vostre
affettate moine non producono il risultato che forse
auspicate, sicché risparmiatele a me e a voi stessa, ve ne
prego! Per ciò che concerne il poco appetito a cui vado
soggetto da un po’ di tempo in qua, non fatene un
pretesto per accattivarvi la mia attenzione, dato che
fallireste lo scopo.
— Siete ingiusto nel reputare la mia ansia per voi un
espediente, Riziero. Vi ridurrete pelle e ossa insistendo a
riempirvi lo stomaco di rabbia, anziché delle prelibate
pietanze che la cuoca prepara appositamente per voi.
— Se vi opprime l’idea che mi lasci morire d’inedia
infliggendovi una precoce vedovanza, tranquillizzatevi!
— ritorse lui in tono tagliente, piegando la bocca in una
smorfia sarcastica. — Occorre ben altro per spedirmi
prematuramente in una fossa.
— Vi garantisco che un simile pensiero non mi sfiora
neppure. Non ho molte amiche, ma la ristretta cerchia di
signore che frequentano il mio salotto sono impallidite
per l’invidia nel vedere il mio affascinante marito —
cinguettò Nives, lo sguardo che indugiava sui tratti
induriti di lui. — Apprenderlo potrà stupirvi, ma ci
tengo a ostentarvi sotto il loro naso ancora per un bel
pezzo, non dubitatene.
— Non posso proibirvelo, Nives, ma ostentarmi,
all’occasione, sarà l’unica prerogativa che, in virtù di
questo nostro strampalato matrimonio, potrete carpire a
un uomo che non vi concederà altro, sappiatelo.
— Oh, ne sono anche troppo consapevole, Riziero, ma
per il momento mi basta.
— Contenta voi... — borbottò lui tra i denti.
— Più che contenta — gli confermò Nives. — Mi
rincresce soltanto che il vostro atteggiamento dia adito a
seccanti pettegolezzi tra la servitù.
— Pettegolezzi? — sottolineò lui, aggrottando le
sopracciglia.
— Proprio così... o pensavate che la nostra situazione
passasse inosservata? Ah, Riziero, non oso congetturare
ciò che si mormora a proposito del fatto che dormiamo
in camere separate, né tantomeno quali volgari battute
corrano sulle bocche dei domestici nel vedere che vengo
trattata da voi alla stregua di un’estranea — si lagnò la
moglie.
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