Lo Scozzese – Veronica Deanike

SINTESI DEL LIBRO:
Aaron Wood aspettava sua figlia.
Odiava l’attesa.
Lucy era in ritardo e questo fece aumentare a
dismisura la sua irritazione. Si aggiustò la cravatta
osservando il proprio riflesso sulla vetrina lucida della
libreria, indugiò sui tratti del volto: cinquant’anni e
dimostrarne dieci in meno, disse tra sé, guardando il suo
doppio con un’espressione soddisfatta. Quando non
pensava alla politica o al sesso era della sua forma fisica
che si occupava con costanza e impegno maniacale. Una
filosofia di vita racchiusa in sole tre parole: affari, donne,
immagine.
La sua intera esistenza votata a un edonismo arrogante
ed egoista. Ripensò alla fatica immane che gli era costata il
matrimonio. Non era mai stato nei suoi piani, ma la
facciata pulita di una bella famiglia gli avrebbe portato più
vantaggi che limitazioni.
Nives, bellissima e fragile, era stata la donna perfetta
da manipolare. L’agnello sacrificale per la sua ascesa
politica. Poco più che ventenne aveva compreso quanto
peso avesse, nell’opinione pubblica, l’immagine di un
uomo integerrimo e fedele, prima di tutto alla sua
famiglia. Ricordò con fastidio il giorno in cui sua moglie,
tradendo il loro patto, gli aveva comunicato di essere
incinta. Un matrimonio avrebbe potuto gestirlo, ma un
figlio… Rabbrividì nel ricordare il disgusto che gli aveva
provocato l’idea di diventare padre.
Un sorriso spaventoso, simile al ringhio di una iena, si
aprì lento sul suo viso. Come sempre, la fortuna aveva
girato a suo favore.
Nives era morta quando Lucy aveva solo cinque anni.
Aaron si sedette sulla poltrona, appoggiò le mani sui
braccioli e continuò a ricordare. Batteva le dita sul cuoio
con un ritmo lento ma isterico.
Un re malvagio che domina tutto dal suo trono.
Pensò con orgoglio alla sua intuizione. Nives si era
tolta dalle palle lasciandogli, però, il peso di una figlia mai
voluta. Avrebbe potuto soccombere al disegno di un
destino per lui avverso e invece aveva trasformato quella
fottuta zavorra nella più fruttuosa delle opportunità.
Un giovane conservatore, trent’anni appena, vedovo e
con una piccola bambina orfana. Era stato il passe-partout
per il cuore del suo elettorato. La via spianata per un
inesorabile successo. L’intuizione più brillante che lo
aveva portato a essere uno degli uomini più potenti
dell’intero Regno Unito.
Lucy entrò nella stanza senza bussare. Tutta
quell’impertinenza lo strappò bruscamente dalle sue
riflessioni.
«Quante volte devo dirti di bussare alla porta?»
«Scusami, papà, ero sovrappensiero» rispose trafelata.
«Non so proprio a cosa tu debba pensare, se non a
studiare e vivere la bella vita che io ti consento di fare.»
«Anche oggi di malumore, eh?»
«Non sono dell’umore adatto per sopportare il tuo
sarcasmo. Volevi vedermi e ti ho concesso un incontro
nonostante i miei impegni. Siediti e dimmi cosa c’è di
tanto importante.»
Lucy si accomodò sulla poltrona all’estremità opposta
della scrivania. Lo fece con tutta calma, mantenendo gli
occhi incatenati ai suoi. Aveva smesso di temerlo e, forse,
anche di amarlo. Continuava a vivere in quella casa
perché era l’unico luogo a tenere viva in lei la memoria di
sua madre e anche perché, inutile negarlo, le faceva
comodo usufruire dell’unica cosa che suo padre era stato
capace di donarle: denaro e i privilegi legati al suo potere.
Era diventata una donna cinica, non tanto dissimile,
constatò con orrore, dall’uomo che ora la osservava con
astio.
«I tuoi galoppini mi hanno informata delle nuove
misure di sicurezza.»
«Detesto il modo in cui parli di chi si occupa della
nostra incolumità.»
«Lo so» rispose Lucy.
Provocarlo era stato da sempre l’unico modo per
attirare la sua attenzione.
Certe abitudini erano difficili da seppellire.
Dopotutto, pensò dentro di sé, doveva essere
sopravvissuta una parte che ancora lo cercava, che ancora
sperava.
Il padre guardò spazientito l’orologio.
«Ti restano cinque minuti, prova a sfruttarli per
ottenere quello che vuoi, anziché insultarmi.»
Per Aaron ogni dialettica si riduceva a una sfida.
Niente alimentava la sua vera natura come l’adrenalina
derivante dal disporre delle vite altrui. Talvolta poteva
essere magnanimo ed esaudire la gente, altre un boia e
distruggerle, salvo poi salvarle in extremis. Un gioco
perverso che confonde la vittima e la rende dipendente,
manovrabile. Un giocattolo prezioso in mani avide ed
esperte.
«Non voglio essere seguita dai tuoi cani da guardia. Mi
mettono in imbarazzo. Università, lavoro, amici e sempre
loro alle calcagna. Non è accettabile.»
«Le decisioni che prendo non sono oggetto di
discussioni né tanto meno di trattativa.»
Aaron la guardò con ferocia, sfidandola a contrariarlo.
Lucy era ben consapevole della partita già persa che
stava giocando, ma il suo vero obiettivo era un altro. Le
fosse anche cascato in testa il cielo, lei, quel giorno, lo
avrebbe finalmente conosciuto.
Lo Scozzese.
Il cuore accelerava al suo solo pensiero.
«Se non sono libera di disporre della mia privacy,
devo conoscere quelle che saranno le mie guardie» sputò
con spregio, alludendo a se stessa come a una prigioniera.
«Una Wood non si intrattiene con domestici né con
qualsiasi altro tipo di sottoposto» pronunciò con disgusto,
rendendo chiaro il poco valore che attribuiva persino a
chi, ogni giorno, gli guardava le spalle.
«Se non sei disposto ad acconsentire a questa semplice
richiesta, non se ne fa niente. Andrò a vivere da sola, mi
caccerò sicuramente in qualche brutto guaio e tu ti
ritroverai sulla prima pagina dei principali giornali. Mi
immagino i titoli: Il potente Aaron Wood non è stato in grado
di proteggere il sangue del suo sangue. Si preannuncia un
inesorabile declino» concluse Lucy, consapevole di aver
appena toccato delle corde sensibili.
Aaron strinse la mascella. Era irritato, ma qualcosa di
simile all’orgoglio paterno lo colse di sorpresa. Possibile
che i cinquant’anni lo avessero rammollito a tal punto?
Eppure sua figlia, che somigliava in maniera
impressionante a quell’inetta di sua moglie, dimostrava la
scaltrezza e la naturale propensione alla manipolazione
che lo caratterizzavano.
«Sei astuta, devo concedertelo. Tuttavia, c’è qualcosa
che non torna. Per quale motivo è così importante
conoscere la scorta? Non ti sarai per caso invaghita di uno
di loro?» sorrise malevolo.
«Non dire fesserie, papà» dissimulò con
determinazione.
«Sono addestrati e discreti, quegli stupidi dei tuoi
amici non si accorgeranno di niente. Dopo la laurea ero
convinto che avresti smesso con l’ambiente universitario e
invece hai voluto iscriverti a questo master per falliti di
professione.»
«Veramente si tratta di uno dei più prestigiosi master
di giornalismo.»
«Sì, giornalisti… quei piantagrane dall’istinto suicida.
Vuoi forse diventare un'inviata di guerra in qualche paese
incivile e abbandonato da Dio e dagli uomini?»
«Inviata di guerra? È forse un suggerimento, papà? Se
mi esplodesse una bomba sotto al culo, sarebbe un alibi
perfetto per liberarti definitivamente anche di me.»
Il rumore secco e le vibrazioni sorde del legno appena
percosso la fecero sussultare.
«Non ti permetto di rivolgerti a me con tanta
volgarità.»
Lucy si riprese subito dallo spavento e gli rise in
faccia.
«Non cambierai mai, papà, ti scandalizza il mio
turpiloquio, ma non ciò che penso di te. La facciata è tutto
quello che conta, me lo hai sempre insegnato, eppure,
dopo tanti anni, non ho ancora capito cosa c’è dietro,
quanto marcio e quanto da salvare.»
Aaron odiava essere indagato, ma ancora di più
rabbrividiva davanti alla volontà di chicchessia di volerlo
guardare dentro. Lui stesso non lo aveva mai fatto.
«Questa discussione è ridicola e inizia a stancarmi.»
Premette l’interfono e impartì i suoi ordini: «Voglio lo
Scozzese e il resto della squadra nel mio ufficio, adesso!»
Per una manciata di secondi la stanza precipitò in un
silenzio teso. Lucy fissava suo padre che le restituiva lo
stesso livore.
Un colpo secco alla porta la fece trasalire, immaginò
che fosse lui a bussare in quel modo imperioso. La
discussione con suo padre non era stata capace di renderla
nervosa così come l’imminente incontro con l’uomo che
la ossessionava.
«Avanti!» tuonò Aaron.
Mentre sei uomini vestiti di nero saturavano la stanza
con la loro presenza, forte e mascolina, ai limiti
dell’intimidatorio, Lucy si alzò. Diede uno sguardo
all’abito grigio che indossava. Fasciata dal morbido
cachemire che le arrivava appena sopra il ginocchio e ben
salda sui tacchi alti delle sue décolleté griffate, si sentiva
abbastanza sicura per affrontare gli uomini che, come
perfetti soldati, stavano in riga e guardavano dritto davanti
a loro, ignorandola.
«Questa, come sapete, è mia figlia Lucy. Ho pensato
fosse opportuno che vi presentaste, date le nuove
disposizioni che vi porteranno a stretto contatto con lei.»
Lucy attraversò la stanza con passo deciso ed elegante,
felice di sembrare più adulta e, sperò, più autorevole di
quanto non fosse a causa dei suoi ventiquattro anni.
Iniziò a stringere la mano all’uomo che era
all’estremità opposta dello Scozzese.
Non era ancora pronta ad affrontarlo.
Il cuore batteva furioso e non voleva saperne di
rallentare.
I cinque uomini si presentarono con modi educati, ma
estremamente formali. Una serie di nomi si accavallarono
nella sua mente, l’agitazione era tale da non farglieli
memorizzare.
Quando arrivò davanti a lui l’ansia divenne curiosità e
il timore irritazione. La sovrastava almeno di due spanne,
rigido come un soldato puntava con lo sguardo al di là
della sua testa. Pareva ignorarla, aspettava fosse lei a fare il
primo passo.
Lo accontentò.
Allungò la mano e aspettò la sua stretta.
L’uomo abbassò finalmente lo sguardo sul suo volto.
Era duro, sarcastico, quasi di scherno.
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