Le regole del gioco – Pepper Winters

SINTESI DEL LIBRO:
Sei pronta a morire, Nila?».
La voce di Cut mi provocò un
dolore fisico mentre mi obbligava a
inginocchiarmi. Mi piegai contro la
mia volontà ai piedi del mio
carnefice, circondata dallo splendore
della sala da ballo che mi derideva.
Il velluto e gli arazzi ricamati a
mano scintillavano sulle pareti come
i diamanti contrabbandati dagli
Hawk, in netto contrasto con la
fattura rozza e il legno tagliato
grossolanamente della pedana della
ghigliottina. Nessuna raffinatezza.
Nessun orgoglio. Solo un podio
rialzato, con un’impalcatura che
ammortizzava la grande lama
ossidata e una corda che vi pendeva
di lato.
«Non farlo. Cut… pensa a quello
che sei diventato. Puoi fermarti». La
mia voce imitava una supplica, ma
avevo giurato che non l’avrei fatto.
Avevo visto, capito e subìto cose che
non avrei mai pensato di riuscire a
sopportare. Mi rifiutavo di piangere
o strisciare. Non gli avrei dato
questa soddisfazione.
«Tra cinque minuti sarà tutto
finito, Weaver». Cut si piegò di lato
e raccolse un cesto di vimini.
Il cesto di vimini.
Non volevo pensare a quello che
avrebbe contenuto.
Lo mise dall’altro lato del blocco
di legno.
I miei polmoni chiedevano più
ossigeno. Il mio cervello più tempo.
E il mio cuore… più speranza, più
vita, più amore.
Non sono pronta.
Non così.
«Cut…».
«No. Basta parlare. Soprattutto
dopo quello che hai fatto». Tirò
fuori un cappuccio nero dalla tasca,
non esitò. Nessuna ostentazione.
Nessun ripensamento.
Urlai mentre l’oscurità graffiante
mi inghiottiva il viso, stretta alla
gola da uno spago.
Il collare delle Weaver mi congelò.
Il collare di diamanti, che aveva
visto le stesse cose che io avevo
visto e che mi aveva sussurrato con
le voci degli spiriti della mia
famiglia assassinata, si preparò a
saldare il suo debito e staccarsi dal
mio collo.
Eccolo.
Il debito finale.
Cut mi spinse in avanti le spalle.
Un giogo pesante si posò in cima
alla mia schiena.
Chiusi gli occhi.
Dissi addio.
…
Aspettai la morte.
Nila
Una settimana prima
«No!».
Opposi resistenza, afferrando il
corrimano del jet privato e buttando
tutto il mio peso contro Daniel, che
continuava a spingermi. «Smettila!».
«Sali queste cazzo di scale,
Weaver». Daniel mi diede una
gomitata sulla schiena.
Inciampai, sbattendo il ginocchio
contro l’alto gradino. «Non puoi
farlo!». Com’era successo? Com’era
possibile che in poche ore l’intero
universo mi si fosse rivoltato
contro? Di nuovo.
Volevo distruggere tutti gli
orologi. Strappare l’ingranaggio da
ogni sveglia.
Il tempo mi aveva rubato la vita
ancora una volta.
Jethro!
Daniel esplose in una risata
sgangherata. «Scoprirai che
possiamo». Mi spinse verso l’alto.
Mi faceva male il cuore, come se
ogni chilometro tra noi e
Hawksridge fosse una lama che mi
separava più profondamente dalla
protezione di Jethro, una dissonanza
in una sinfonia già discordante.
Un attimo prima ero adorata,
giravo con i segni della nostra
passione addosso e stavo tornando in
punta di piedi a Hawksridge; quello
dopo ero intrappolata, costretta a
indossare un paio di jeans e una
felpa e a obbedire a Daniel, che mi
controllava dalla porta della mia
stanza e sbraitava di preparare
qualche vestito per la partenza.
Non mi aveva lasciata sola.
I suoi occhi avevano seguito ogni
mia mossa. Non ero riuscita a
prendere la pistola che avevo
nascosto grazie a Jasmine, né a
mandare un messaggio a Jethro per
dirgli che ero stata catturata. Tutto
quello che avevo potuto fare era
stato correre per la stanza, con lo
sperma del mio amante ancora
umido tra le cosce, e sottomettermi
al mio nemico.
L’unica speranza di salvezza erano
gli abiti che avevo modificato
qualche settimana prima e che avevo
infilato in valigia sotto lo sguardo
pieno d’odio di Daniel. I polsini
pieni di aghi e gli orli rinforzati con
gli attrezzi del mio lavoro di stilista.
Quegli indumenti erano la mia unica
speranza. Non c’era via d’uscita.
Rifiutare era impossibile.
Dovevo fidarmi del fatto che
Jasmine avrebbe avvisato Jethro.
Che lui sarebbe venuto a salvarmi…
Prima che sia troppo tardi.
La disperazione che avevo provato
quando Daniel mi aveva catturata si
era trasformata in una rabbia
indignata. Ero stata così vicina alla
libertà. Ero stata tra le braccia di
Jethro. Ero stata lontana dalla sua
famiglia di psicopatici. Il mio cuore
si era indurito un po’ nei confronti di
Jethro per avermi obbligata a
tornare.
Perché? Perché mi hai rimandata
qui?
Non sapevo se avrei avuto il
coraggio di perdonarlo.
Tu sai perché. E lo farai. Certo che
lo farai.
Non potevo odiarlo perché non ero
egoista. Mi aveva mandata via per
proteggere tutti noi. Quelle poche,
preziose persone che l’avevano
accettato e che lui aveva accettato.
L’amore era il nemico peggiore:
avvolgeva nelle spire della sua
dedizione, non concedeva alcuna
libertà quando si trattava di pensare
in modo lucido alle avversità.
Jethro amava troppo. Sentiva
troppo. Soffriva troppo. E i suoi
fratelli sarebbero stati la nostra
rovina. Kestrel e Jasmine contavano
su di lui, proprio come me. La
responsabilità di rimediare agli
errori della sua famiglia era un peso
terribile da sopportare.
Ma lui non è solo.
Forse gli ero stata rubata. Forse i
piani di Jethro per salvarmi erano
andati in fumo. Ma ero ancora viva.
Respiravo. Non ero la ragazza
innocente che un tempo era arrivata
a Hawksridge. Ero una donna
innamorata di un Hawk. Una
Weaver che avrebbe versato il
sangue degli Hawk.
Non è finita…
Il dolore mi esplose nella schiena
quando Daniel mi diede un pugno.
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