La disfatta di Adolf Hitler – Eugene Davidson 

SINTESI DEL LIBRO:

 La presa del potere
Poche ore dopo aver giurato come cancelliere davanti al presidente il 30
gennaio del 1933, Adolf Hitler radunò il suo gabinetto. Fu una sessione in
qualche modo artefatta, ma apparentemente armoniosa, in linea con le
dichiarazioni del nuovo Hitler decoroso e conciliante delle ultime settimane,
prima che Hindenburg avesse superato la sua avversione a nominare capo del
governo l’uomo che chiamava “il caporale boemo”. All’apertura della
riunione di gabinetto, Hitler cambiò immediatamente i toni di tolleranza e
delle intenzioni generali che aveva adottato di recente, i modi, cioè, di
apparente bonomia e decoro che erano stati di grande aiuto a Papen per
convincere il presidente a nominare Hitler cancelliere. All’apertura dei lavori
Hitler disse educatamente di sperare che i membri del gabinetto riponessero
in lui la stessa fiducia che lui nutriva nei loro confronti.
Questo clima di benevolenza fu esteso anche alle file dei comunisti. Hitler
disse ai suoi ministri che forse poteva prendere in considerazione l’idea di
bandire il partito comunista, di privare i deputati del loro mandato, e ottenere,
così, la maggioranza nel Reichstag. Tuttavia, un provvedimento del genere
sarebbe stato inutile. Ne sarebbero seguite sollevazioni popolari e poi uno
sciopero generale. L’economia aveva bisogno di un periodo di tranquillità, e
uno sciopero generale costituiva un pericolo di gran lunga superiore a quello
di nuove elezioni, nonostante l’incertezza e le agitazioni che queste
comportavano. In ogni caso, disse Hitler, era impossibile escludere dalla vita
pubblica i sei milioni di persone che sostenevano il partito comunista.
Quanto al partito centrista, tutti i membri del gabinetto furono d’accordo
sulla necessità di avvicinarlo con circospezione. Avrebbero avuto bisogno dei
loro voti, se volevano che il Reichstag adottasse il corso voluto da Hitler e lo
prorogasse volontariamente. Il braccio destro di Hitler, Hermann Göring,
disse al gabinetto che il cancelliere era rimasto in contatto con i leader
centristi e che, anche se erano offesi per essere stati esclusi dai negoziati
politici, aveva avuto, però, l’impressione che attendessero qualche segnale
dal nuovo governo al quale, probabilmente, avrebbero risposto in modo
favorevole.
Era chiaro a tutti i membri del gabinetto che il pericolo imminente per il
governo appena insediato era rappresentato da uno sciopero generale. Era
stato proprio uno sciopero generale a porre fine al putsch di destra di Kapp
del 1920, e se i comunisti e i socialdemocratici avessero unito le forze come
avevano fatto i comunisti e i nazionalsocialisti poco prima delle elezioni del
novembre del 1932 nel supportare lo sciopero dei trasporti di Berlino, tutta
l’economia, già ingovernabile, avrebbe rischiato di affondare, e il governo
con essa.
Non vi erano dubbi che i comunisti avrebbero proclamato uno sciopero
generale; l’unica incertezza era rappresentata dall’adesione dei
socialdemocratici. Tutti sapevano che i due partiti di sinistra erano divisi sulle
politiche pragmatiche più di quanto lo fossero i nazionalsocialisti. Non solo i
comunisti si erano alleati coi nazisti per sostenere lo sciopero selvaggio dei
trasporti, ma i due partiti avevano collaborato in più occasioni come i
principali partiti attivisti e rivoluzionari della Germania per abbattere governi
repubblicani di qualsiasi tipo, che fossero guidati dal centro, dalla destra o dai
socialdemocratici. Göring sottolineò che era improbabile che i due partiti si
sarebbero coalizzati in uno sciopero generale.
Hitler e il suo gabinetto, che comprendeva il suo principale avversario del
Partito popolare nazionale tedesco, l’industriale Alfred Hugenberg,
ritenevano che il compito immediato era assicurarsi d’impedire ai comunisti
di capeggiare un’opposizione attiva. Su questo l’intera coalizione si mostrò
d’accordo. D’allora in poi, le strade si separarono. Hitler era determinato a
indire nuove elezioni, ed era sicuro che avrebbero almeno accresciuto il
numero dei parlamentari nazionalsocialisti e che questi, viste le posizioni
chiave già ricoperte nel governo, avrebbero potuto ottenere la maggioranza.
Di sicuro l’ultima cosa che voleva Hugenberg erano nuove elezioni. Era
improbabile che, in un’eventuale campagna combattuta contro Hitler per il
posto di cancelliere, i Nazionalisti ce la potessero fare contro gli avversari
nazisti. Tuttavia, logicamente Hugenberg non poteva opporsi alle elezioni, se
voleva tenere in vita la speranza di una coalizione governativa di destra
operativa. Così, alla fine della riunione di gabinetto, fu deciso che Hitler
prendesse contatti coi leader centristi, i cui voti erano essenziali in caso di
naufragio del Reichstag. Hugenberg concordava sul fatto che non ci si
dovesse inimicare i centristi, e gli fu ricordato con sollievo da Göring e Hitler
che, a prescindere dal risultato delle nuove elezioni, i membri del governo
attuale avrebbero mantenuto i propri incarichi. Hitler glielo aveva già detto
prima del giuramento d’insediamento, e ora gli rinnovava la promessa.

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