La cripta dei libri profetici – Davide Mosca

SINTESI DEL LIBRO:

Al professor Antonio Lazzari, famoso esperto di antichità romane, la
notizia del ritrovamento dei perduti Libri Sibillini avrebbe sconvolto la
giornata, se quella stessa mattina una sconosciuta non gli avesse puntato un
coltello alla gola minacciandolo di morte.
Era accaduto alcune ore prima a San Remo, dove era andato per
soddisfare un’improvvisa voglia di sardenaira, la tipica pizza della zona, alta,
croccante sotto e morbida sopra, con il sugo di pomodoro, l’aglio, le olive
taggiasche e le acciughe. Dal giorno in cui era tornato dal Sudamerica
seguiva le proprie illuminazioni come fossero comete e quella mattina, al
risveglio, aveva pensato che una fetta di sardenaira e una birra bianca di
grano gli avrebbero risolto la giornata.
Era appena uscito dallo storico bar di via Palazzo, a un centinaio di metri
dal teatro Ariston, e stava per attraversare la strada quando uno scooter gli si
era affiancato e la ragazza alla guida gli aveva appoggiato una lama contro il
pomo d’Adamo, intimandogli con durezza di tenersi alla larga, la voce resa
ancora più tenebrosa dal casco. Era ripartita un istante dopo, avvolta in una
nube di benzina bruciata senza che Lazzari potesse almeno chiederle che
diamine volesse dire. L’avevano visto rientrare nel bar, posare la pizza e
chiedere un whiskey doppio, un fazzoletto e indicazioni per il bagno.
A distanza di ore sentiva ancora bruciare il lieve taglio mentre cercava di
mettere a fuoco il professor Oscar Bianchi, un amico che non vedeva da quasi
dieci anni e che aveva fatto settecento chilometri per andare a casa sua a
portargli l’incredibile notizia: le perdute profezie della Sibilla, l’arma segreta
di Roma, che studiosi e avventurieri avevano cercato invano per secoli, erano
state rintracciate. In altri tempi avrebbe liquidato la faccenda con un sorriso,
al massimo un sottile brivido, nulla di più, ma l’ultima esperienza alla ricerca
del lituo e del nome segreto di Roma lo aveva reso guardingo sui segreti del
passato. La parola impossibile era divenuta meno granitica ai suoi occhi di
storico. Inoltre conosceva Oscar, avevano studiato insieme, e lo stimava,
senza contare che aveva sentito dire che era diventato un pezzo grosso al
ministero della Cultura.
«Potrebbe essere la scoperta più sensazionale degli ultimi tempi, forse di
ogni tempo», tornò alla carica Oscar. Agitava le lunghe braccia, senza trovare
requie sulla poltrona priva di braccioli. Dalle maniche sbottonate della
camicia uscivano mani grandi e ben curate, con polsi da tennista ornati da
braccialetti che tintinnavano emettendo piccoli lampi a ogni movimento. Non
pareva essere invecchiato di un giorno, eppure il suo fascino era maturato,
più consapevole e disinvolto.
Lazzari, con i suoi jeans consumati, la camicia a scacchi e la barba di
quattro giorni, si sentiva un ragazzino accanto a lui, ma nel senso
dispregiativo del termine. Spinto da quel senso improvviso di disagio e dalle
preoccupazioni per tutto ciò che gli era capitato dal mattino, si alzò per
guardare fuori dalla finestra. Le file di panni stesi che correvano sopra i tetti
di Ventimiglia Alta dividevano l’orizzonte in due tonalità: sopra l’azzurro
incerto del cielo e sotto quello intenso del mare. Tra le vecchie case di pietra
si intravedevano brandelli di macchia mediterranea aggrappati alla roccia: la
settimana prima un temporale aveva riportato una fioritura dal sapore
primaverile, incendiando di colori il verde di fine estate. Giorno dopo giorno
i viola, gli azzurri, i gialli esplodevano come fuochi d’artificio per poi sparire.
Oscar afferrò uno dei libri che affiancati gli uni agli altri in quattro pile
identiche formavano un tavolino di fortuna, su cui erano appoggiate due
bottiglie vuote di birra. Lazzari aveva risolto in quel modo la penuria di
mobili e anche nell’angolo opposto della stanza una pila di voluminosi saggi
faceva da sostegno a un computer portatile. «Lazzari, mi ascolti? I Libri
Sibillini sono il più importante testo di profezie di ogni tempo…».
«So cosa sono i Libri Sibillini», lo interruppe bruscamente Lazzari. «Ma
non so perché sei venuto a dirlo proprio a me».
«Tu mi conosci, sai che sono sempre stato un tipo diretto e franco».
«Sì, mi ricordo certi tuoi numeri…».
«Bene, non sono cambiato. Perciò ti parlerò chiaro, come al solito. Sei
diventato famoso negli ultimi tempi. Intendo dopo la spedizione che hai
guidato per il ritrovamento del lituo di Romolo. Potevi vendere la copia
d’epoca su cui avevi messo le mani per una cifra mirabolante, e invece hai
smascherato l’equivoco rinunciando a un bel gruzzolo. Solo per amore della
verità. In ogni caso, la tua onestà è stata ricompensata: ora tieni conferenze in
tutto il mondo, fai consulenze da expertise sui pezzi romani per
un’importante casa d’aste, rilasci interviste a magazine nazionali e
internazionali. Ecco, ne ho qui proprio una». Oscar tirò fuori dalla borsa un
mensile patinato. «L’archeologo scettico. L’uomo che smonta le
macchinazione. A proposito, mi ha molto intrigato quel discorso sul filo rosso
che secondo te lega tutte le civiltà antiche e attraversa i secoli fino ai giorni
nostri. E guarda quest’altro: Il professor Lazzari, uno dei massimi esperti
viventi su Roma antica, è stato protagonista di una favolosa caccia al
reperto…».

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