Io lo chiamo amore – Fabiola D’Amico

SINTESI DEL LIBRO:
Un troll di quelli cattivi […] aveva costruito uno specchio con la
particolarità che tutto ciò che di buono e bello si specchiava in esso
svaniva quasi nel nulla e tutto ciò che era senza valore e di brutto
aspetto veniva messo in evidenza e diventava ancora peggio.
H.C. Andersen, La regina delle nevi
than uscì dalla sala registrazioni con un sorriso soddisfatto. La canzone di
Klain, dal semplice titolo I Love You, era pronta per essere mandata in onda
e le Hearts Five, un gruppo musicale composto da ragazze dai diciotto ai
ventidue anni, avevano interpretato in modo mirabile ogni singola frase. Le loro
voci roche avevano fatto rabbrividire persino lui, che di solito non si lasciava
emozionare da strofe romantiche ma guardava al lato economico di un successo.
Lui in una canzone ci leggeva solo gli assegni a sei zeri che ne avrebbe ricavato.
E quella era la più bella che Klain avesse mai scritto.
Un tripudio di sogni e speranze sentimentali che finalmente si avveravano.
Quando l’aveva letta la prima volta, aveva sollevato un sopracciglio: il suo
migliore amico era caduto nella rete dell’amore. Perduto. Per sempre.
Rete dalla quale lui si teneva ben lontano. Del resto, perché accontentarsi di
una sola donna, quando la vita ti serve su un vassoio d’argento tante bellezze
disposte a fare di te il proprio idolo, senza complicati coinvolgimenti
sentimentali?
Ethan non era tipo da farsi andar bene la stessa minestra ogni giorno. A lui le
pietanze piacevano sempre diverse, e più erano appetitose e piccanti, meglio era.
Di certo non aveva alcuna intenzione di innamorarsi di una femme fatale e
ritrovarsi, all’indomani del matrimonio, uno scorfano sul letto. Perché è risaputo
che le donne, dopo avere intrappolato le loro prede, smettono di prendersi cura
di se stesse, e addio sensualità. Tolta la maschera di dolcezza e calda
accondiscendenza, diventano bisbetiche, colleriche dominatrici, con il chiaro
intento di prevalere sul maschio ignaro e con il cervello offuscato dal desiderio.
Mentre percorreva i corridoi della casa discografica, al sessantacinquesimo
piano della Freedom Tower, rifletteva sul fatto che le sue argomentazioni non
nascevano da una delusione, quanto da un esame statistico della situazione.
Nei suoi anni adolescenziali, quando gli ormoni avevano cominciato a bussare
alla porta, aveva osservato il fenomeno con attenzione, e con sei sorelle maggiori
per casa, di materiale di studio ne aveva avuto a disposizione parecchio.
Aveva assistito all’organizzazione di piani malefici per attirare nelle loro reti
inconsapevoli ragazzini, alcuni dei quali erano ancora i suoi cognati. No,
davvero, lui in quella trappola infernale non ci voleva proprio cadere. Non aveva
alcuna intenzione di uscire di casa a ore impossibili per buttare l’immondizia o
fare affidamento su di lei per la spesa e ritrovarsi senza caffè in casa. E che dire
dell’odore nauseabondo dell’acetone? E delle calze di nylon appese nel vano
doccia? Di tutti quegli intrugli con cui coprono i brufoli?
Le donne sono bellissime, seducenti e indispensabili, ma solo per incontri
appassionati di poche ore. Nessun domani, una toccata e fuga. Questo era il suo
motto. E soprattutto si teneva ben distante dalle occasioni pericolose, dalle
situazioni che, nate dal nulla, come per magia trasformavano il lui di turno in un
altro uomo. Un uomo innamorato, pensò, reprimendo un brivido di paura. Uno
che perdeva il bene dell’intelletto, soggiogato dal potere indiscusso delle donne.
L’unica eccezione, in quel complicato e subdolo mondo femminile, era la sua
dolce mamma che, per la cronaca, era anche un po’ vittima della situazione. Sì,
vittima, perché se con le sue sorelle non era facile spuntarla, con lui era
impossibile.
Un rumore di passettini concitati attirò l’attenzione di Ethan. Sorrise, pur
sapendo che la bambina che correva verso di lui era la più abile manipolatrice tra
le rappresentanti del gentil sesso. Danielle Mc Owen, la sua adorabile figlioccia,
era un’astuta femmina di appena sei anni che sapeva come ottenere quel che
voleva. Non invidiava gli uomini che in futuro l’avrebbero incrociata. No,
assolutamente.
Allargò le braccia nel momento in cui lei gli allacciò le proprie alla vita.
«Che ci fai qui, mia bellissima principessa?».
Danielle era molto più che bella. Aveva grandi occhi di un blu fiordaliso –
come era solita sottolineare la bambina ogni volta che le chiedevano di
descriversi – capelli neri, lunghi e lisci, e una spruzzata di efelidi sul nasino alla
francese.
«Sono venuta a prendere papà. Abbiamo una commissione molto importante
da fare!», rispose Danielle con la sua vocetta dolce.
Ethan scese al suo livello, accovacciandosi sulle gambe. Nello sguardo della
piccola c’era una luce di gioia che ultimamente aveva notato spesso.
«Cosa si festeggia di così importante?».
Danielle puntò l’indice contro di lui.
«Sei incorreggibile, zio Ethan, fra due giorni è San Valentino!».
«E allora?», replicò lui, trattenendosi dal sorridere.
La piccola si mise le mani sui fianchi. «La festa degli innamorati! Ma bisogna
proprio dirti tutto?»
«Ah, vero! Come avrò fatto a dimenticarlo?»
«Chissà… Zia Patty dice che non hai un cuore e che l’amore non sai
nemmeno cos’è».
A quella frase, il buonumore di Ethan scomparve. Non aveva mai avuto nulla
da ridire sul fatto che si parlasse di lui alle sue spalle. Era nella classifica
mondiale dei cento uomini più sexy e ricchi del mondo, era inevitabile che il suo
nome circolasse; quello che lo infastidiva era che si parlasse male di lui, e
soprattutto che lo si facesse con la sua figlioccia.
Patricia Mc Owen, alias Patty, era la zia di Danielle – nonché sorella del suo
più caro amico, il paroliere di successo della casa discografica che dirigeva – e
ce l’aveva con lui. Già, perché?
Erano anni che lo trattava con freddezza glaciale, e qualche volta si era
mostrata anche troppo astiosa. Per fortuna le occasioni di incontrarla erano state
veramente poche, così lui non aveva dovuto sopportare a lungo il suo insolito
comportamento.
Le donne lo adoravano. Lui era Ethan Feldman.
«E tu che cosa le hai risposto?»
«Che il tuo cuore l’ho sentito battere, e anche molto forte, quando mi prendi in
braccio, e che mi vuoi tanto, tanto bene».
Le scoccò un bacio sulla guancia e tornò a sorridere. «Brava la mia piccola, tu
sì che mi capisci».
Danielle ricambiò il sorriso e si dondolò sulle punte dei piedi. Ethan
immaginò che avesse altro da dire. E così fu. «Papà è infuriato con te!».
«Davvero? Che cosa ho fatto?».
Ovviamente finse di non sapere perché il suo paroliere fosse di cattivo umore:
le argomentazioni di Danielle erano troppo divertenti.
«Hai organizzato la festa per il lancio del nuovo singolo proprio il giorno di
San Valentino, il suo primo San Valentino», sottolineò con enfasi, «e le prime
volte sono importanti in una relazione!», concluse con aria seria.
Lui scrollò le spalle, già pregustando il seguito. «Che ti ha promesso per farmi
questo discorso?», domandò in tono indagatore.
«Mi porterà a vedere il musical di Frozen!», rispose la bambina con occhi
luccicanti.
Ethan prese dal portafogli una banconota da cento dollari e gliela porse.
«Cerca di convincere papà che il denaro viene sempre prima di tutto. Con
questi vai a teatro e ti compri anche la bambola di Anna!».
Conosceva molto bene quel cartone animato. La sua posizione influente gli
aveva permesso di assistere alle prove di registrazione delle canzoni del film, e
qualche volta aveva portato con sé anche Danielle.
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