Il risveglio dell’umano: Riflessioni da un tempo vertiginoso – Julián Carrón

SINTESI DEL LIBRO:
D
CAPITOLO
1
IL REGNO DEGLI UOMINI
ovresti andare a dormire prima la sera» disse la mamma quando lo
vide entrare in cucina, la mattina seguente, arruffato più del solito e
con il volto segnato dalle occhiaie.
David rispose con un breve muggito.
Sarah era già al suo posto e affondava il cucchiaio nel vasetto della
marmellata, gli occhiali sul naso e i lunghi capelli spettinati. David la
osservò per un istante, come al solito incuriosito da quella creatura così
familiare e aliena allo stesso tempo.
La sorella aveva smesso ormai da qualche mese l’abito della chesmate e
all’ultimo anno di college assomigliava già in tutto e per tutto a una
giovane donna; o almeno questa era l’impressione che David aveva di
Sarah le rare volte che gli capitava di incontrarla fuori di casa.
Tra le mura domestiche invece era sempre la stessa, soprattutto la
mattina, appena sveglia.
«Passami il succo, zombie» disse lei fissandolo per un istante attraverso
le spesse lenti di vetro che nascondevano gli occhi azzurrissimi.
David allungò il braccio e senza smettere di osservarla prese il cartone
del succo di frutta e lo appoggiò di fronte alla sorella scorbutica. Sarah lo
versò nel bicchiere, bevve veloce, come se improvvisamente avesse una
gran fretta, si alzò di scatto e uscì.
La madre la fermò quando era già sulle scale.
«Il piatto, signorina» disse senza smettere di armeggiare attorno al
lavello.
La ragazza si girò e dai primi gradini fissò il fratello, cercando di capire
se c’erano margini di trattativa. David rispose con una smorfia,
chiudendo l’occhio sinistro e storcendo la bocca da un lato, come se fosse
stato uno zombie davvero. Sarah ringhiò qualcosa di incomprensibile e
tornò in cucina. Con un gesto brusco strappò il piatto dalla tavola e lo
appoggiò sul lavello di fianco alla madre. Poi sfilò di nuovo di fronte al
fratello guardandolo dall’alto al basso con espressione commiserevole.
***
«Ciao, mamma, io vado».
«Ciao, tesoro, buona giornata» lo salutò la signora Dream prima che la
porta si chiudesse.
Il ragazzo si affrettò e di buon passo raggiunse la casa dei Ludvig.
Quando arrivò davanti alla recinzione, si fermò e scrutò oltre la rete;
Grugno, il meticcio nero che stava di guardia alla villa, era dall’altra parte
del giardino, intento ad annusare il terreno vicino alla siepe.
Il giovane si affrettò, ma quando giunse davanti al cancello sgranò gli
occhi e si bloccò: l’inferriata era aperta.
In quello stesso istante il cane alzò la testa, drizzò le orecchie e si mise a
correre verso di lui.
‘Oh, no!’
Giunse come una furia, sgattaiolò fuori e si gettò sul ragazzo. David
non fece nemmeno in tempo a proteggersi il volto che lo aveva già
addosso.
«Buono, Grugno! Stai giù!» esclamò mentre il meticcio gli leccava la
faccia.
«Basta! Basta!»
Il cane gli girò attorno saltando e dimenando la coda come per
invitarlo a giocare.
«Non posso, devo andare. Torna dentro, da bravo!» disse
accompagnandolo oltre il cancello.
«Non posso stare qui a giocare con te» ripeté infilando una mano oltre
le inferriate e accarezzandolo sulla testa.
Grugno piegò indietro le orecchie e lo guardò con occhi supplichevoli.
«Dai, non fare quel muso! Ci vediamo stasera!»
Il meticcio abbaiò il suo disappunto, poi si allontanò verso la villa con
il naso a terra. David riprese per la sua strada, allungando il passo.
‘A
CAPITOLO
2
MONDI PARALLELI
ccidenti, sono in ritardo!’ pensò vedendo il corridoio deserto e le
porte delle aule già chiuse.
Si affrettò verso l’armadietto, ripose lo zaino, prese i libri per la
lezione e...
«Sei in ritardo, Dream! O dovrei chiamarti... Sleep?»
‘Oh, no! Non ora!’ pensò il giovane alzando gli occhi.
«Mi fa piacere vedere che ti hanno riammesso alla J.R.R., Walton»
disse David guardando il compagno in piedi di fronte a lui. «Bullock
cominciava a sentirsi solo» aggiunse il giovane indicando il guardaspalle
di “faccia da porcello” con il dito. «Adesso scusa, ma devo proprio
andare».
Il ragazzo cercò di svicolare per raggiungere la classe, ma Walton fece
un passo di lato e gli bloccò la strada.
«Quanta fretta, Dream! È così che saluti un vecchio amico dopo tanto
tempo?»
David guardò l’orologio alla parete.
‘Maledizione, è tardissimo!’
«Di’ un po’» chiese Walton con aria di scherno, «te ne vai ancora in
giro con una chiave appesa al collo?»
«Lascia stare, Walton. Devo andare».
«Ti trovo cambiato» lo incalzò il ragazzo piegando la testa da un lato e
osservandolo da pochi centimetri, «e non sono sicuro che sia in meglio».
«Tu invece sei sempre lo stesso» rispose David spazientito, «sempre la
stessa faccia da porcello».
Walton arrossì fino a diventare paonazzo.
«Vedremo come sarà ridotta la tua di faccia quando avremo finito!»
ringhiò picchiando il pugno contro la porta dell’armadietto.
«Cos’è questo baccano?» La voce sottile di Bowler giunse dal corridoio.
L’insegnante era fermo sulla porta della classe e fissava i tre giovani da
sopra le lenti.
David ne approfittò per dribblare i compagni ed entrare in classe;
varcò la soglia cercando di diventare invisibile.
«Sei in ritardo, Dream» disse il professore senza guardarlo.
«Piccoli contrattempi» cercò di giustificarsi il ragazzo.
«Perché capitano sempre a te?»
Il giovane rispose chinando il capo.
«Vai al tuo posto» concluse Bowler chiudendo la porta.
***
«Prima che qualcuno ci interrompesse con i suoi schiamazzi» riprese il
professore in piedi vicino alla lavagna, «stavo per introdurvi a un tema
che non dubito saprà affascinarvi, così come ha affascinato filosofi e
scienziati sin dall’antichità; parleremo...» disse tracciando due linee con il
gesso «di universi paralleli».
David rialzò la testa.
«Sono felice di essere finalmente riuscito a catturare la tua attenzione,
Dream» commentò Bowler ironico, guardando lo studente in fondo alla
classe; poi riprese.
«Domandiamoci: è possibile che due mondi convivano l’uno di fianco
all’altro? È possibile che le loro storie si srotolino nello spazio-tempo
senza mai incrociarsi, proprio come i binari di un treno, uniti eppure
infinitamente divisi?»
David si drizzò sulla sedia.
«Sì!» disse senza nemmeno volerlo.
Il professore lo guardò sorpreso tenendo il gesso tra le dita.
«Prego?»
«Si... silenzio, volevo dire».
Bowler lo osservò con sincero stupore; poi scosse leggermente la testa
e riprese. Citò studi di fisica e di metafisica, ipotesi e teorie così
complesse che la maggior parte dei ragazzi si perse lungo la strada; ma
questa volta David non si lasciò scappare una sola parola.
Dopo quasi due ore di lezione, l’insegnante guardò l’orologio.
«Per concludere» disse allora, «e rispondere finalmente alla nostra
domanda, sembrerebbe proprio di sì: almeno in teoria, la coesistenza di
universi paralleli o, come qualcuno preferisce chiamarlo, di un
“multiverso”, è possibile. Ora, se avete domande...»
«Si può definire l’aldilà come un mondo parallelo?» chiese Brad Prickle
aggiustandosi gli occhiali sul naso come un piccolo professore.
«Ottima domanda, Brad» disse Bowler, che nutriva per Brad Prickle
una vera predilezione. «In effetti per gli antichi greci e romani, l’Ade,
l’oltretomba, era un luogo geograficamente contiguo al mondo dei vivi,
per quanto remoto. Non era dunque impossibile giungere nel regno dei
morti, proprio come fece Ulisse. In qualunque caso, no, non credo che si
possa definire l’aldilà, comunque lo vogliamo immaginare, come un
mondo parallelo al nostro, ma piuttosto come la manifestazione di
un’esperienza successiva a quella quotidiana.
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