Il gioco di Noir – Fino in fondo: Un romanzo d’amore – D.C. Odesza

SINTESI DEL LIBRO:
Ma chi si crede di essere questo qui, che si permette di dirti cosa
devi fare!”, mi incalza Kean, mentre cammina su e giù sul tappeto
nero, con indosso una camicia rossa e un paio di jeans. Come se io
possa farci qualcosa! Trema dalla rabbia, mi sembra di vederlo,
sebbene io me ne stia seduta in poltrona senza nemmeno alzare lo
sguardo.
“Sono stata io a deciderlo. Hey, mi ascolti? È stato bello, ma tu
conosci la mia reputazione, non me la posso lasciare alle spalle, e
non farei altro che danneggiarlo. Tu dovresti saperlo meglio di tutti gli
altri, conosci bene il modo in cui reagisce la gente quando confessi
cosa ti piace a letto”. Spero che, così, gli sia finalmente chiaro il
motivo della mia scelta di andare via.
Lo sento sbuffare e, subito dopo, vedo spuntare davanti a me i
suoi piedi nudi. Mi afferra il mento e mi solleva la testa.
“Da quando hai cominciato a rinunciare? Quand’è che sei
diventata così debole? Com’è possibile che tu permetta a un vecchio
bavoso di dirti cosa tu debba e non debba fare? O sei accecata, o
non sei più la ragazza che ho conosciuto e a cui ho dato lezioni”. I
suoi occhi neri come la pece penetrano i miei, mentre osservo i tratti
del suo viso, alterati dalla rabbia.
“Oh, mio Dio, ora smettila di rimproverarmi! Lo sto facendo per
Gideon”.
“No, lo stai facendo per te stessa, ma amante. Fuggi via dai
problemi, illudendoti che ciò possa renderti invulnerabile. Ottima
tattica, ma dimentichi che la tua anima soffre ugualmente. Tu ami
quest’uomo e ti comporti da donna fragile e insicura. Dov’è finito il
tuo orgoglio? Dov’è la tua determinazione? Devo tirarteli fuori
un’altra volta?”
“A colpi di spanking?”, intervengo con un sorriso leggero. “E va
bene! Fallo, ma ti renderai conto che l’orgoglio e la determinazione
non c’entrano niente. Sono le circostanze che mi hanno portata a
questa scelta. D’altra parte, per quale altro motivo, mesi fa, tu mi
avresti buttata fuori di casa?”
Scacco matto! – penso… E ora cosa mi risponderà? Anche nel
suo caso sono state le circostanze ad obbligarlo a mandarmi via. O,
perlomeno, questo è ciò che mi ha voluto far credere. Io non ho
forse lo stesso diritto?
Abbasso di nuovo lo sguardo per nascondere le lacrime, mentre
lui lascia il mio mento. “Tu lo sai quant’è difficile, per noi, ammettere i
nostri sentimenti, perché ci rendono vulnerabili e deboli. L’hai detto
tu stesso. Io ora voglio chiudere. So chi sono, cosa sono e dove
vado. Perché dovrei combattere, per poi rovinargli l’esistenza? Non
vorrei mai che la mia presenza potesse, in qualche modo,
danneggiare la sua immagine. Non è stato il mio cuore a decidere,
Kean, ma la mia ragione. E, maledizione, non sarei venuta da te, se
non fossi l’unico in grado di capirmi. Non ho nessuno, oltre te, non
ho più un lavoro, lo studio non va avanti, Luis è rimasto a Marsiglia...
Ma una cosa ce l’ho, questo maledetto contratto! Perché non trovare
qualcuno qui ed essere felice? Avrei dovuto darti retta a Dubai...”
Più di una volta cerco di ricacciare invano le lacrime, mentre lui mi
guarda con occhi quasi compassionevoli. I tratti del suo viso restano
duri, ma riconosco quelle piccole rughe, che gli si formano quando si
sforza di comprendermi. “Mai avrei pensato di poter rovinare me
stessa o i fratelli. La vita è ingiusta. E, se questa felicità non mi è
concessa qui, allora la cercherò altrove, lotterò altrove e non mi
arrenderò”.
Come sempre, quando riflette, si porta una mano al mento, poi si
dirige verso la parete, accanto a me, e vi si poggia. “Ti sei già arresa,
Maron. Sembra che tu non abbia recepito i miei insegnamenti. Ti ho
insegnato l’umiltà, ti ho insegnato a sopportare il dolore, a fidarti di
coloro a cui ti leghi, e a donare te stessa in tutto ciò che fai. Non ti ho
insegnato a chiuderti al mondo e a rifiutare chi ami”. Non posso fare
altro che ridere, sprezzante, poi tiro su col naso e afferro il pacchetto
di fazzolettini dalla scrivana al mio fianco.
“E se, questa, fosse la cosa migliore da fare?”
“Con questa affermazione ti sei guadagnata dieci colpi. E, per ogni
nuova scusa che inventerai, ne avrai un altro, finché non ammetterai
che tu ti sia semplicemente arresa. Farò di tutto per farti tornare in
te, ci puoi giurare”. Si allontana dalla parete e poi fa nuovamente
alcuni passi nella mia direzione. Quando è abbastanza vicino, ne
riconosco il ghigno diabolico. Ha un piano, glielo leggo in viso.
“Domani comincerai a cercare un nuovo lavoro”, dice con voce
ferma e determinata. Stranamente, questo compito mi offre una
sorta di ancora di salvataggio. In questo momento è proprio ciò di cui
ho bisogno.
“Adesso spogliati”.
“Aspetta! Perché non posso iniziare con te? Potrei dare lezioni alle
ragazze al tuo club, prepararle e mostrare loro...”
“No!”, mi interrompe, ed io storco il viso. “Cercherai un lavoro”. Ho
capito, non mi vuole come insegnante, probabilmente perché, in
questo momento, io per prima non ho il controllo di me stessa e mi
sto lasciando trascinare dai sentimenti. Come potrei insegnare ad
altre donne a controllarsi, se nemmeno io sono in grado di farlo? È
proprio questo che leggo nei suoi occhi, non è necessario che me lo
dica.
“Domani chiamo Leon, conosce diverse agenzie”. Mi ha promesso
che, se mi fossi trasferita, mi avrebbe raccomandata a qualcuno qui,
almeno questo. E ora è arrivato il momento di chiedere il suo aiuto.
Spero solo che Gideon non scopra dove io mi trovi. Anche Kean,
come me, è molto bravo a proteggere la sua vita privata. È da lui che
ho imparato. Il suo indirizzo di Lione non è registrato a suo nome, e
non è possibile trovare il suo numero di telefono in Internet o tramite
altri mezzi. Anche lui cerca di nascondere il più possibile la sua
esistenza agli occhi esterni, utilizzando, tra l’altro, diverse residenze.
Non ho potuto portare Chlariss con me a Lione. Così, su due
piedi, non sarebbe stato possibile né il trasporto, né il ricovero in un
altro ospedale. Tuttavia, se Gideon dovesse chiedere di lei a
Marsiglia, non scoprirebbe che è stata spostata in un’altra stanza. E,
laddove dovesse scoprirlo, Chlariss saprebbe come comportarsi e
non gli racconterebbe niente di me, o almeno spero. Finché non
riuscirò ad organizzarmi per farle continuare la cura a Parigi, lei
resterà a Marsiglia. Quando avrò voglia di vederla, potrò
raggiungerla facilmente con una sola ora di volo. Inoltre, trovando un
accordo col professore, potrei scrivere qui la mia tesi e consegnarla
sempre qui, a Lione. Tutto sommato, non c’è nessun problema.
Spero solo di riuscire davvero a portare a termine tutti i miei progetti,
e di non aver dimenticato niente nella fretta.
“Alzati, ho ancora qualcosa da fare con te, prima che te ne vada a
dormire”. La voce di Kean mi strappa ai miei pensieri, alzo lo
sguardo e vedo scintillare i suoi occhi neri e vellutati. Non ho mai
visto nessun altro con degli occhi simili.
Faccio un respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime, e mi
sollevo, mentre inizio a sentire le sue mani sul mio corpo. Immagino
che stia pensando a una session per distrarmi dai miei pensieri.
Sarò in grado di sostenerla? Mi aiuterà? O peggiorerà solo le cose?
Le sue mani mi sfilano la giacca di pelle dalle spalle, mi
accarezzano il collo e mi prendono il viso. Kean si china su di me e
mi bacia con delicatezza, quasi fossi una cosa preziosa. Con un
sorriso stanco – il trasloco mi ha tolto le ultime forze –
contraccambio il bacio, mi piace la sensazione di non essere sola, di
avere almeno lui. Le mie mani si posano sulla sua camicia rossa,
mentre lui, lentamente, mi sfila la t-shirt. Poi, con gesto esperto, mi
sbottona i jeans e, senza neanche accorgermene, mi ritrovo in
mutande, davanti a lui.
Ancora completamente vestito, Kean smette di baciarmi e inizia a
percorrere il mio collo con le labbra, insinuandosi tra i seni, fino ad
arrivare alla pancia. Un attimo dopo, si inginocchia davanti a me.
Alla vista della cicatrice sul mio ventre, aggrotta le sopracciglia e
inizia ad accarezzarla con le dita.
“Non immagini come avrei ridotto quello stronzo… Deve solo
ringraziare di essere passato direttamente, dall’ospedale, al carcere,
con carcerazione preventiva...”
Poso il dito indice sulle sue labbra per farlo smettere di parlare, e
scuoto la testa.
“Sssh… Non ne voglio parlare”. Rovinerebbe questo momento.
Sospira, mentre un sorriso amaro si posa sulle sue labbra. Poi le
sue mani iniziano a percorrere le mie gambe, per accertarsi che tutto
il resto sia a posto.
“Come ti senti?”, mi chiede all’improvviso, guardandomi con occhi
preoccupati e severi allo stesso tempo, quasi intimandomi di non
mentirgli.
Distolgo lo sguardo per un attimo, posandolo sul tappeto nero.
Dovrei essere sincera con lui. Già, da questo momento in poi dovrei
essere onesta con me stessa e con le persone importanti per me.
“Sfinita”.
“Perlomeno mi stai dicendo la verità”.
“Già, ma questo non significa minimamente che io non sia in
grado di affrontare una session”, rispondo con un sorriso, prendendo
la sua mano e tirandolo a me.
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