Il gioco di Noir – In Trappola – D.C. Odesza

SINTESI DEL LIBRO:
Mi accerto che l’abito per la gita mi stia bene e faccio un giro
davanti allo specchio. L’acconciatura è perfetta, indosso un vestito
estivo molto casto e sandali dal tacco medio, in modo da non attirare
sguardi indiscreti.
Oggi è domenica e i miei clienti vogliono mostrare Dubai a me e a
Jane, così, finalmente, non conosceremo soltanto la villa e gli strip
club. Do un’occhiata all’orologio e, un attimo dopo, sento bussare
alla porta. Sorrido e penso sollevata che oggi è il mio giorno libero e
non dovrò subire gli assalti di Gideon, Lawrence o Dorian.
“Entra pure!”, esclamo prima di prendere il cappello e gli occhiali
da sole che indosserò per evitare un’insolazione.
Dopo pochi secondi entra Dorian. Non mi aspettavo di vederlo.
Non dovrebbe essere con Jane? Mi osserva di sottecchi e chiede:
“Sei pronta?”. “Certamente!”. Da vero gentiluomo, in abito grigio e
camicia bianca, mi porge il braccio e usciamo dalla stanza.
Gideon ci sta già aspettando all’ingresso. Indossa una semplice
maglietta nera e dei pantaloni corti che mettono in mostra i polpacci.
Parla fitto con Jane, che oggi porta un abito color verde menta.
Interrompono la conversazione prima che io possa capire di cosa
stiano parlando.
“In bianco?”, mi chiede, sollevando lo sguardo in segno di
disapprovazione. “So che non ti piace, ma è difficile accontentare i
gusti di tutti e tre”, rispondo stizzita.
“Allora faresti bene ad accontentare solo me, visto che sono stato
io a prenotarti, non Gideon”. Arriva anche Lawrence. Gli rivolgo uno
sguardo e noto che anche lui oggi indossa una t-shirt e dei bermuda.
“Come potrei dimenticarlo”, rispondo in modo cinico.
“Cerca di essere gentile. Oggi è il tuo giorno libero, ma, se ti
comporti male, assaporerai la nostra vendetta nei prossimi giorni”.
Abbasso lo sguardo e rispondo: “Come desidera il mio signore”.
Allora Lawrence si avvicina e mi sussurra all’orecchio: “Mi piace il
tuo vestito, micina”. A sentire quel nomignolo, il mio viso si rabbuia,
perché oggi non voglio essere la micina di nessuno! Voglio
semplicemente godermi la gita, per avere qualcosa da raccontare a
mia sorella e a Luis, e non soltanto scattare foto alla piscina degli
Chevalier o alle varie spiagge.
Lawrence mi bacia e ci incamminiamo verso la Limousine. Non
vedo l’ora di scoprire cosa hanno in serbo per noi, visto che fanno i
misteriosi come al solito.
Dopo un breve giro in macchina nel centro di Dubai, ci fermiamo
davanti ad un’imponente moschea bianca. Attraverso i vetri scuri, la
vedo stagliarsi contro il cielo limpido. Rimango incantata e osservo
l’edificio attentamente, attirando così gli sguardi su di me.
Non m’importa di quello che pensano. Io ho una vera passione per
l’architettura; Jane, invece, osserva sospettosa e chiede: “Dobbiamo
proprio visitarla?”.
“Il tuo entusiasmo è lampante, mia cara!”, esclama Lawrence
ridendo. Ed ecco che le portiere vengono aperte e scendiamo
dall’auto. Nonostante gli occhiali da sole, mi si legge in volto
un’espressione di gioia.
“Abbiamo due ore di tempo per visitarla, dopodiché potranno
entrare solo i musulmani”, annuncia Gideon, e si rivolge a me
sorridendo, “spero che ti basti”.
Il mio viso si rabbuia. “Certo. Voi conoscete già questo luogo,
vero?”, chiedo ai tre fratelli, perché nella loro espressione non leggo
il mio stesso stupore.
Lawrence solleva indifferente le spalle, mentre Dorian rivolge lo
sguardo verso il minareto. “Ne conosciamo ogni angolo”, risponde
con aria di sufficienza, e poi prende sottobraccio Jane.
In mezzo alla folla di turisti si distingue la gente del posto. Le
donne musulmane sono vestite completamente di nero e sono
accompagnate da altre donne o dai mariti. So già che non potrò
entrare in questo luogo sacro con il capo scoperto. Non a caso,
all’ingresso, c’è una cesta con dei foulard a disposizione.
“Prego, prendi questo, piccola, dovrebbe starti bene”, mi dice
Gideon passandomi un velo nero.
“Come sei gentile…”
“Comportati bene, tesoro, e legati il foulard intorno ai capelli”, mi
ordina Lawrence.
“Certo che mi comporto bene, e vi ringrazio di non aver scelto uno
di quei foulard colorati”.
“Quello colorato lo teniamo pronto nel caso non dovessi ubbidire. I
musulmani ne sarebbero divertiti”.
Rispondo alla provocazione di Lawrence solo con un’occhiataccia
e noto che anche Jane si mette il velo con aria scettica.
Prendo quello che ha scelto per me Gideon, mi tolgo il cappello e
ripongo gli occhiali da sole nella borsa. Non ci tengo alla religione,
ma, pur di entrare nella moschea, sopporterò anche questo.
“Ma voi non dovreste indossare uno di quei piccoli copricapo?”,
chiede Jane, mentre io trattengo a stento un sorriso. Ha ragione.
Vedere Lawrence con una shashia in testa allieterebbe non poco la
mia visita.
“Non è obbligatorio”, risponde Dorian.
“Non è giusto. Chi ha inventato queste regole? Le femministe
dovrebbero...”
“Non urlare tesoro, potrebbero sentirti”, la ammonisce Dorian.
“Copriti il capo e basta. Va bene?”.
“Jane sta diventando proprio come Maron”, osserva Lawrence e
inizia a ridere, ed io sarei quasi d’accordo con lui.
“Fa bene, altrimenti potreste farci quello che volete”.
Gideon si toglie gli occhiali e scuote la testa. “So che ti piace
quando tutti e tre ti spingiamo al limite, Maron, quindi non fare la
parte della vittima”.
Entra per primo, seguito da Dorian e Jane, mentre io rimango a
fissare il velo tra le mie mani. Lawrence mi getta uno sguardo prima
di seguire gli altri.
“Non ti preoccupare per me, in qualche modo ce la farò anche
senza l’aiuto del mio amato ragazzo…” e gli sorrido.
“Ne sono certo. Non vedo l’ora di vederti”. Anch’io non vedo
l’ora… penso tra me e me. Ma devo dar ragione a Jane, non è certo
un Paese per femministe.
Lawrence sparisce con gli altri dietro la porta, mentre io mi guardo
intorno per capire, da qualche donna musulmana, come annodare il
velo. Farei ben altro con quel pezzo di raso: sarebbe divertente
andare in giro per Dubai con i ragazzi legati.
Appoggio il cappello per terra per avere libere entrambe le mani,
quando scorgo un’ombra. Penso possa essere un uccello, ma non
posso fare a meno di stare sul chi va là, soprattutto da quando vado
in giro con i tre fratelli. Proprio non riesco ad annodare il foulard,
forse perché, guardando il mio riflesso sul cellulare, mi sembra di
essere mia nonna o la mia vecchia vicina di casa.
Ad un tratto sento delle mani calde sulle mie e mi volto di scatto.
Sono certa si tratti di Lawrence, e invece è un arabo che mi fissa
con i suoi occhi neri prima di abbassare lo sguardo.
“Mi ha spaventato!”, esclamo senza pensarci. Chissà se mi ha
capito, forse non parla francese. Non risponde, ma allontana le
mani.
“Vorrei solo aiutarLa, visto che è evidente che Le manca la
pratica”. Si rivolge a me con un francese perfetto che mi rende
ancora più diffidente.
Certo che mi manca la pratica! Di certo non mi copro il capo tutti i
giorni! Lui è chiaramente più pratico di me con il velo, ma la sua
offerta improvvisa di aiutarmi non mi rende tranquilla. Non so proprio
come comportarmi. Dovrei fargli delle domande? O devo abbassare
la testa?
Indossa una tunica bianca e ha il capo coperto da un pezzo di
stoffa legato alla testa con un cordoncino nero. Mi guarda così
intensamente da farmi sorridere compiaciuta.
“Molto perspicace, ma credo di farcela da sola”. Non voglio
sembrargli un’inetta soltanto perché non so come si lega un velo.
Peccato che io non creda alle coincidenze, non più ormai. È anche
vero, però, che mi trovo nella moschea più famosa e grande di
Dubai.
“Per caso ci siamo incontrati qualche giorno fa in un ristorante?”,
gli chiedo per accertarmene. L’arabo sorride così tanto che gli
brillano gli occhi. Oddio, mi sta facendo paura. Ma qualcosa di
quest’uomo mi attrae. Ne osservo velocemente la barba, gli occhi
scuri, la pelle color bronzo e, infine, le mani, che tiene ferme sulla
tunica. Sembra una persona dall’animo tranquillo e nobile, come se
ne incontrano raramente.
“Sì, sono io. Quella sera L’ho notata subito e non ho potuto fare a
meno di ammirarLa”.
“Ah sì, e come mai?”. Ricordo di aver tentato in tutti i modi di
passare inosservata quella sera. Indossavo forse un abito troppo
corto?
L’uomo incrocia le braccia e mi guarda dall’alto.
“Perché sembrava triste, sebbene fosse circondata da persone”,
risponde con voce carezzevole.
“Le assicuro che non lo ero assolutamente”. Benché lo sia stata
davvero per un breve momento, non devo certo confidarmi con un
estraneo.
“A volte gli sguardi esprimono più di mille parole”, risponde
alzando la mano e avvicinandola al mio viso. “Posso aiutarLa?”, mi
chiede facendo cenno al velo. Annuisco, perché sono molto attratta
dalla sua carnagione bronzea e dalle sue mani con le dita affusolate,
impreziosite da una serie di anelli.
“Parla benissimo la mia lingua senza nessuna inflessione”, gli dico
per cambiare argomento.
“Mi fa piacere che lo pensi. Io...” A quel punto, mi passa le mani
sulla fronte per sistemare le ultime ciocche di capelli e riprende il
discorso: “… ho studiato in Francia e ci sono stato almeno altre due
volte”.
Distolgo lo sguardo dal suo viso e noto che turisti e arabi ci
osservano attentamente per capire cosa stia succedendo. “La
Francia è una grande nazione e la mentalità della gente è molto
aperta”. Aggrotto la fronte a queste parole, quando, d’un tratto, sento
la voce di Gideon: “Maron, dov’eri finita?”. Mi giro di scatto e, con un
sorriso, rispondo al signore arabo: “La ringrazio. Adesso anch’io mi
lascerò stupire dall’unicità della Sua nazione”.
Gideon mi raggiunge a grandi falcate, getta uno sguardo veloce
all’arabo e mi guarda sprezzante.
“Signor Al Chalid, che bello incontrarLa qui!”. Si inchina e, senza
farsi notare, mi stringe i polsi, attirandomi a sé.
“Il piacere è tutto mio. A quanto pare è interessato anche alla
nostra religione?”, chiede gentilmente senza rivolgermi più lo
sguardo.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo