Il Debito- Dante Miraglia

SINTESI DEL LIBRO:
Uscire di casa così presto era diventato un lontano ricordo, dopo
tre mesi di vacanza, ma ormai l’estate volgeva al termine, si
percepiva dal fresco eccessivo che colpiva le braccia ancora
scoperte e filtrava attraverso la maglietta. Diego rimpianse di non
aver indossato la sua giacca di jeans ma, d’altro canto, il sole che
stava salendo sulla città e l’assenza di nuvole, facevano presagire
un incremento delle temperature e quella giacca all’uscita dalla
scuola sarebbe diventata solo un inutile ingombro. Decise
definitivamente di stringere i denti e di portare con sé il minimo
indispensabile che consisteva nel nuovo diario, una penna rossa,
una blu e il suo fedele walkman. Giunto al terzo anno, ormai sapeva
benissimo che il primo giorno era inutile portarsi dietro altro se non lo
stretto necessario per segnarsi l’orario provvisorio delle lezioni e
qualche eventuale appunto, senza contare che portarsi lo zaino il
primo giorno era da sfigati e lui non voleva avere l’aria da sfigato,
soprattutto ora che l’ingresso per le classi del terzo era dall’entrata
principale, proprio di fronte al Fermi, noto istituto ad alta
frequentazione femminile, di cui per i primi due anni, aveva solo
sentito parlare dai suoi compagni di classe. No non poteva
permettersi di dare l’impressione dello sfigato proprio al primo
giorno. Infilò le cuffie, fece partire il nastro e la compilation
“Festivalbar ‘93”, gli tenne compagnia durante il tragitto verso
l’ennesimo primo giorno di scuola, tra le note di “What is love” e “All
that she wants” percorse a piedi la mezz’ora di strada che lo avrebbe
portato all’inizio di un nuovo anno. Quelle canzoni gli riportarono in
mente le sensazioni piacevoli provate durante l’estate appena
trascorsa, in vacanza alla casa al mare della nonna, insieme ai suoi
cugini, gli amici delle vacanze. Le serate a tirar tardi tutti insieme al
muretto tra un gelato, una partita a bigliardino, montagne di gettoni
spesi in sala giochi e poi quest’anno c’era lei, Michela, la ragazza di
Milano così bella, amichevole, solare, così forte, così fidanzata
purtroppo. Diego, come solo un sedicenne sa fare, ripensò con
malinconia a quella cotta estiva, alle serate passate ad immaginare
di poter stare da solo con lei anche per poco tempo, situazioni ideali
mai avveratesi. Decise di buttarsi tutto alle spalle, anche se tutto ciò
risaliva a non più di tre settimane fa, a quell’età un tale lasso di
tempo può considerarsi un lontano passato che ormai era solo un
ricordo. Ora aveva un anno tutto nuovo, non avrebbe fatto gli stessi
errori del precedente, niente cazzate; non avrebbe marinato
neanche un giorno di scuola, non avrebbe lottato per strappare solo
una sufficienza e finalmente avrebbe socializzato con delle ragazze,
cosa impossibile per i primi due anni, visto che il suo istituto tecnico
era frequentato solo da maschi. Camminando a passo sicuro tra i
marciapiedi della sua città, adorava specchiarsi nelle vetrine,
soprattutto quando si sentiva a posto, e quella mattina si sentiva al
top e l’ennesima vetrina glielo confermò. I jeans Levi’s ereditati da
suo cugino gli stavano benissimo, la maglietta nera gli cadeva a
pennello mettendo in risalto le sue spalle larghe e i capelli erano
perfetti, ciuffo e basette alla Dylan di Beverly Hills. Sì, questo
sarebbe stato un anno fenomenale, Diego se lo sentiva e ne fu
convinto, fino a quando non si ritrovò davanti il piazzale dove erano
raggruppati tutti i ragazzi della sua scuola e di quella di fronte,
nell’attesa di entrare. Erano troppi, una marea di giovani che
scherzavano ridevano, sembrava si conoscessero tutti, c’erano
anche ragazzi più grandi di lui, quelli del quarto e del quinto anno.
Diego sentì tutta l’inadeguatezza dei suoi miseri sedici anni colargli
addosso come una resina immobilizzante. Come avrebbe potuto
competere con ragazzi di due o tre anni più grandi di lui? Ragazzi
con la patente, la macchina o nel peggiore dei casi il motorino, lui
che non aveva neanche i soldi per il biglietto dell’autobus, spense il
suo vecchio walkman e con lui anche il suo ego. In quella fresca
mattina di settembre per Diego l’estate svanì e con essa, anche tutte
le belle speranze che portava con sé. L’unica cosa che gli rimaneva
da fare era cercare loro, i suoi amici o quantomeno qualcuno della
sua classe, non poteva starsene lì, isolato come un reietto asociale.
Cominciò a ruotare lo sguardo scansionando istintivamente quelli
della sua età, per cercare tra loro qualche volto conosciuto ed eccoli.
Grazie alla bionda e riccioluta testa di Barresi, riuscì ad individuare
il gruppetto dei suoi compagni di classe, si avvicinò e salutò tutti.
Erano in quattro, tra loro non c’erano i suoi migliori amici ma al
momento erano meglio che il nulla.
«Ciao ragà, come state?»
«Ueh Bosco, sempre più grosso eh? Hai visto quanta figa?»
«E sì tanta roba, anche se ancora non ci sto capendo niente. A
che ora si entra?»
«Boh? Alle otto e dieci dovrebbe suonare la campanella, però noi
del terzo dobbiamo andare a vedere in che aula ci hanno messo.
Stiamo aspettando Piepoli che è entrato ad informarsi, mi sa che
farà il rappresentante di classe pure quest’anno. Ah eccolo.»
Antonio Piepoli, un giovane scaltro e pieno di iniziativa, il P.R. del
gruppo, il rappresentante di classe per antonomasia, li raggiunse.
Salutò Diego con un cenno amichevole e poi passò alle
comunicazioni di servizio come era solito fare in queste occasioni
«Allora ragà, siamo in aula otto al secondo piano, e siccome
eravamo in pochi, hanno accorpato le sezioni A e B in un'unica
sezione, quindi da quest’anno siamo tutti sezione A.»
Barresi, storico compagno di banco di Piepoli, chiese per
chiarimento: «Quindi da quest’anno saremo insieme a quelli della
sezione A? Ho capito bene?»
«Sì, saremo una classe unica.»
«Bella merda hanno fatto.»
«Perché?» chiese Diego.
«Non lo so, ma l’anno scorso giravano brutte voci, ricordi i casini
che si sentivano? Li avevamo nell’aula di fronte. Non mi piace per
niente sta storia.»
«Vabbè dai, magari le pecore nere sono state bocciate se erano
veramente così. E poi noi siamo abbastanza coesi, basterà non
dargli spago. Piuttosto avete visto in giro Bruni e Di Selva?»
«Ma come? Proprio tu non li hai visti? E da mezz’ora che girano
qua intorno i tuoi compari, to’ eccoli che tornano.»
«Tornano? Tornano da dove?»
Prima che Diego potesse ottenere risposte il rombo di due Vespa
50 gli riempì le orecchie rimanendo braccato ai lati dai due scooter.
«Ueeeh Diegooo, ma che fine avevi fatto? È mezz’ora che giriamo
per trovarti.»
Erano loro, finalmente, Biagio ed Elia, i suoi amici, quelli veri,
quelli che non vedeva l’ora di ritrovare e che davano a quel
purgatorio chiamato scuola, un motivo per andarci, o per non
andarci. I migliori amici che però adesso avevano in più, entrambi un
motorino sotto al culo.
Diego li guardò incredulo, l’espressione marpiona di Elia e il
sorriso gioviale di Biagio dicevano tutto.
«Hai visto che storia? Ci hanno regalato le stesse moto per la
promozione. Ti piacciono?»
«Sì sono uno spettacolo Biagio, solo che non me l’aspettavo.»
«Dai sali che andiamo a fare un giro. Ci dobbiamo far vedere.»
«Con chi vado? La bianca o la verde?»
«Dai è uguale, muoviti che tra un po’ si entra»
Diego montò dietro alla vespa bianca di Elia che sgasò e ingranò
la prima in modo aggressivo, seguiti da Biagio che da patito di
formula 1, usava uno stile di guida più tecnico e sportivo.
I tre fecero un giro dell’isolato, Diego si rese conto che grazie a
quella novità inaspettata non erano più tre semplici ragazzetti, erano
tutti e tre in groppa a due fichissime Vespa e che anche lui di riflesso
aveva ricevuto il regalo per la promozione insieme ai suoi amici.
Sì, ora che i tre si erano ritrovati, l’anno scolastico ’93-’94 sarebbe
entrato nella storia.
Dopo essersi pavoneggiati tra la massa di ragazzi e ragazze in
attesa dell’inizio delle lezioni, i tre raggiunsero l’area in cui tutti
coloro che avevano un motorino o uno scooter parcheggiavano il
proprio mezzo.
Elia e Biagio tirarono fuori dal vano sotto il sellino due enormi
catene con le quali assicurarono con cura i loro gioielli ad un palo
segnaletico, anche nelle fattezze di quei catenacci, Diego riuscì a
percepire la differenza dei caratteri dei suoi amici; Elia il più grande,
già ripetente di un anno, temperamento da leader e un forte carisma,
aveva una pesante catena in metallo nudo.
Biagio razionale attento con un gran senso dell’umorismo, tirò
fuori una catena tubolare, ricoperta da una guaina anti trancio di
colore rosso.
Osservandoli, Diego provò una punta di invidia anche se non
voleva ammetterlo. Loro due per la promozione avevano ricevuto in
regalo un motorino, mentre lui una pacca sulla spalla e il nudo
commento del padre: “bravo, hai fatto il tuo dovere”
No non era una questione di situazione economica, Diego sapeva
bene che anche se la sua famiglia fosse stata in condizioni di
poterselo permettere, come quelle dei suoi amici, suo padre non gli
avrebbe mai fatto un regalo del genere, semplicemente perché non
lo riteneva all’altezza di una tale responsabilità, questa
consapevolezza, teneva accesa una piccola brace di rabbia nel
cuore del ragazzo.
«Oh ti sei imbambolato? Dobbiamo entrare.»
Diego fu richiamato da Biagio che lo distrasse dai suoi pensieri.
«In che aula dobbiamo andare?»
«Aula otto, al secondo piano. Da quest’anno siamo nella sezione
A.»
«Perché? Ci hanno cambiato sezione?»
«No e che le classi erano poco numerose e da due ne hanno fatta
una sola»
«Cioè siamo insieme a quelli della seconda A dell’anno scorso?»
«Sì Elia, tutti insieme.»
«Che cazzata. Nella seconda A c’erano certe teste di cazzo che…
Sarà un casino vedrete» Elia commentò come se sapesse già a
cosa andassero incontro.
I tre amici percorsero i corridoi della loro scuola e raggiunsero
l’aula che era stata assegnata alla loro nuova classe. Entrando
ritrovarono tutti i loro compagni con i quali Elia e Biagio si salutarono
e cominciarono a scherzare, Diego il più introverso, rimase ad
osservare la disposizione dei posti.
L’aula era di pianta rettangolare, i banchi da due posti, erano
disposti in due file da sei, separati da una sorta di corridoio centrale
vuoto, che agli occhi di Diego parve una vera e propria zona di
confine tra le due classi che erano state fuse in un'unica sola
sezione. Infatti, osservando dal fondo dell’aula, Diego notò la
naturale separazione dei due gruppi; alla sua destra c’era la sua
classe, gli undici ragazzi con cui aveva condiviso i primi due anni
delle superiori, alla sua sinistra invece, c’erano quelli della sezione
A, altri dieci ragazzi visti solo di sfuggita negli anni precedenti, due
gruppi che la presidenza aveva trasformato in un'unica classe ma
che continuavano ad essere ancora la sezione A e la sezione B,
divise da un metro e mezzo di corridoio tra le due file di banchi.
Diego si sedette da solo all’ultimo banco, dietro i suoi amici. La
disposizione in cui si sedevano durante le lezioni non aveva un
motivo particolare, era così che si erano conosciuti sin dal primo
anno ed era così che andava bene anche a Diego. Inizialmente il
loro gruppo aveva un quarto elemento, Michele con il quale Diego
condivise tutto il primo anno e la metà del secondo, ma dopo le
vacanze di Natale, Michele decise di ritirarsi e cambiare scuola, fu
così che il quartetto diventò un trio e che Diego rimase senza
compagno di banco.
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