Griff Montgomery, Quarterback – Jean Joachim

SINTESI DEL LIBRO:
Griff prese l’ultimo piatto da portata, tirò indietro il braccio e si preparò
a scagliarlo contro il muro, ma venne interrotto dal suono del campanello. Era
la polizia. All’ingresso c’erano due agenti.
«Signor Montgomery. Qualcuno si è lamentato di rumori molesti
provenienti da qui. Chi ci ha chiamato ha detto che sembrava ci fosse una
lotta in corso.» Il poliziotto aveva un’aria dispiaciuta. «La sua famiglia è
ancora qui?»
«Si sono trasferiti in California due giorni fa.»
«Le dispiace dirci cosa sta succedendo?» L’agente spostò il peso da un
piede all’altro, chiaramente a disagio.
«Ho fatto cadere una pila di piatti e ho fatto proprio un gran casino.
Vuole entrare, agente?» Griff si allontanò dalla porta.
«No, signore. Le credo sulla parola. Le dispiacerebbe farmi un autografo
per mio figlio Billy?»
«Certo che no.» Griff scrisse rapidamente una dedica sul pezzo di carta
che il poliziotto gli offrì, poi sorrise ai due uomini, che si tolsero il cappello
in segno di saluto e tornarono verso l’auto della polizia.
Fa comodo essere una celebrità in una piccola cittadina. Rimase sulla
scalinata d’ingresso, scrutando le case dei vicini. Suppose che il rumore fosse
arrivato fino alle loro orecchie. La gente di solito era a casa alle quattro del
sabato pomeriggio, a fare giardinaggio e tosare il prato. Probabilmente
avevano visto sua sorella, i suoi due bambini e il suo nuovo marito andarsene
via in macchina. Cavolo, non è che quel furgone non si sia fatto notare. Quel
dannato affare si è portato via metà della mia casa.
In ogni caso, che diritto avevano i vicini di mettere il naso nei suoi
affari? Un uomo non poteva sfogarsi un po' a modo suo, nella propria casa?
Di nuovo, la rabbia si accumulò dentro il suo petto.
Gli rimaneva ancora un piatto, ma adesso non aveva più scuse per
giustificare il fracasso. Se la polizia fosse ritornata, non avrebbe creduto alle
sue cazzate una seconda volta. Tornò in cucina e fece una smorfia quando
vide le dimensioni del casino che aveva combinato. Pezzi taglienti di
porcellana di ogni dimensione erano sparpagliati su tutto il pavimento, fino in
sala da pranzo. Era perfino riuscito a scalfire l’intonaco sul muro in diversi
punti, ed era lui l’unico che fosse lì per pulire.
Odiava pulire, era un lavoro di cui si era sempre occupata sua sorella,
Kathy, quando viveva lì. Fantastico, cazzo. Kathy, perché non sei qui?
Dentro di sé, Griff sapeva che il motivo della sua sofferenza non era il
fatto che sua sorella fosse andata a vivere a Los Angeles. Certo, erano molto
vicini, ma era contento che lei avesse conosciuto Wes, il suo nuovo marito.
Erano passati dieci anni da quando il primo, Dan, era morto durante un
incendio nell’edificio dove lavorava, lasciando Kathy da sola con due
bambini piccoli. Lei aveva bisogno di un marito e, per quanto le fosse
d’aiuto, Griff non poteva ricoprire quel ruolo. Ciò per cui era più triste era la
partenza dei bambini, che ormai erano diventati come figli suoi. Gli
mancavano.
A ventitré anni, si era trasferito a casa di sua sorella per darle una mano.
Sarebbe dovuta essere una situazione temporanea. I ragazzi erano giovani,
all’epoca Joey aveva avuto cinque anni e Missy tre, e i loro nonni erano
troppo vecchi, così avevano detto, per prendersi la responsabilità di occuparsi
di due bambini così piccoli. Così Griff era diventato la loro nuova figura
paterna.
All’inizio era stato strano, perché non aveva idea di come prendersi cura
di due ragazzini. Ma questo i bambini non lo sapevano, così l’avevano subito
adorato. Non c’era voluto molto perché Griff diventasse un uomo di famiglia,
perché cominciasse ad andare alle riunioni genitori-insegnanti con Kathy e a
leggere le storie della buonanotte. Joey e Missy erano così dolci e deliziosi,
proprio come la sua sorellona, che lui non aveva potuto fare altro che
ricambiare il loro affetto.
Era il minimo che potesse fare per la donna che lo aveva cresciuto.
Kathy era più vecchia di Griff di sette anni e il suo arrivo era stata una
sorpresa, quando la loro madre sarebbe già dovuta essere in menopausa,
scherzava sempre lei. Era stata sua sorella a guidarlo attraverso gli alti e i
bassi della vita, quando i genitori erano stati troppo stanchi o occupati per
trovare il tempo di farlo. Era in debito con lei, pensava, e quello era stato il
modo perfetto per ripagarla.
Griff faceva una montagna di soldi come quarterback di punta dei
Connecticut Kings, quindi era lui a pagare i conti, e in cambio Kathy gli
aveva dato la proprietà della casa. A trentatré anni era pronto a progettare il
suo futuro ritiro ed era felice del tempo in più che avrebbe passato in
famiglia. Ma poi la sua famiglia l’aveva abbandonato. Ora era rimasto da solo
con una grande casa e nessun bambino. La sua vita, che per dieci anni era
stata ricolma d’attività, aveva subito una brusca frenata.
Non ci sarebbe più stata nessuna partita di calcio, nessun torneo della
lega giovanile, nessuna nottata passata fuori con il gruppo degli scout. Non
sarebbero più andati in campeggio o a giocare a baseball nel cortile. Non
avrebbero più fatto giochi di società il sabato sera, non sarebbero più andati
da Frosty Freeze a prendere il gelato. Non avrebbero più organizzato feste di
compleanno, non avrebbe più guardato film per ragazzi, mangiando popcorn
e bevendo bibite gassate.
Non era più un uomo felice.
Griff prese la scopa, ma dovette cercare un po’ prima di trovare la
paletta. Dopo aver imprecato diverse volte, la individuò sotto il lavandino.
Chi mette una cazzo di paletta sotto il lavandino? Si può bagnare, là sotto.
Gli ci volle un po' di tempo per pulire, poiché prestò molta attenzione, visto
che non gli piaceva l’idea di ritrovarsi con piccole schegge di vetro conficcate
nei piedi. Quando ebbe finito, rimise la paletta al suo posto, frustrato di non
riuscire a trovare un punto migliore dove sistemarla.
Dopo, dovette ripassare il pavimento con un pezzo di carta assorbente
bagnato, per raccogliere i pezzetti troppo piccoli per essere visibili. Quando
terminò, si strappò di dosso la maglietta ormai sudata e si fiondò sotto la
doccia. Perfino l’acqua fresca che scorreva sul suo corpo non riuscì a lavare
via quei pensieri dalla sua testa. La sua famiglia preconfezionata e la sua
ordinata e confortevole vita a scomparti erano finite. Come avrebbe fatto a
riempire lo spazio vuoto nel suo cuore?
Certo, aveva ancora le sue donne. Durante i viaggi di trasferta, aveva una
ragazza con cui dividere il letto in ognuna delle città principali. E lì c’era
ancora Carla, la barista del The Savage Beast. Griff ogni tanto passava la
notte in quel locale, dove Betty, una star di Broadway che si era ritirata dalle
scene, suonava il pianoforte e cantava il venerdì e il sabato sera, e l’atmosfera
accogliente del locale gli piaceva.
Magari Carla è pronta per iniziare una relazione seria con me. Il sesso
tra di noi è fantastico. Sono sicuro che potremmo trovare altri interessi in
comune, a parte i Savage Martini, giocare a biliardo e cantare insieme a
Betty.
Reprimendo la frustrazione, Griff si vestì con i suoi migliori abiti casual
per passare una serata al The Savage e per attuare il suo piano per entrare più
in confidenza con Carla. Dopo aver infilato le lunghe gambe nei jeans nuovi
ed essersi messo una t-shirt azzurra, che metteva in evidenza i suoi muscoli,
si pettinò i capelli castano mogano, che portava un po’ lunghi e arruffati
attorno alle orecchie, come gli aveva consigliato Kathy. Il sorriso era
abbagliante e gli occhi scuri avevano uno sguardo sexy.
Prese le chiavi dal comodino della Jaguar XK argentata decappottabile,
salì in auto e si diresse con un rombo nella parte bassa di Monroe, la cittadina
patria dei The Kings.
* * * *
In una vecchia casa in stile vittoriano, dall’altra parte della città, Lauren
Farraday stava trascinando una valigia fino alla sua piccola auto. Il suo
recente ex-marito, Bob Decker, la osservava dal portico.
«È una valigia grossa, per un paio di giorni.»
«Non so quanto a lungo starò lì,» replicò Lauren, salendo i gradini uno
alla volta.
«Linda non vuole i piatti, quindi te li lascio.»
«Bene,» disse la donna, poi tornò sul portico, si lasciò cadere sul
divanetto e bevve un sorso di tè freddo.
«Ma vuole l’aspirapolvere. Ho pensato che fosse uno scambio equo.»
Bob prese una boccata di birra da una lattina.
«Come vuoi.»
«Voglio essere giusto.»
«Non m’importa.» Lauren lottò per non lasciare trapelare la rabbia dalla
sua voce.
«Ma a me sì. Non voglio farti sentire come se fossi stata scaricata, o roba
del genere,» ribatté il suo ex, spostando il peso da un piede all’altro.
«Ti ho detto che non importa,» mentì Lauren.
«Bene. Sai che ci siamo sposati solo per… quello, e così, insomma, è
solo giusto che…»
«Sta’ zitto, Bob. Lo capisco. Non ho litigato con te riguardo al divorzio,
non mi sono scontrata con te per la nostra roba. Lascia stare, okay? La
situazione è quella che è. L’ho accettato.»
«Non è che tu fossi follemente innamorata di me.»
La donna raddrizzò la schiena: «Non cominciare.»
«Voglio dire, sto semplicemente dicendo…»
«So esattamente cosa stai dicendo. Ce lo siamo detti un migliaio di volte
negli ultimi tre mesi. Per favore, puoi lasciar perdere?» Incrociò le gambe e
poi le allontanò di nuovo.
«Okay. Basta che tu sia a posto.»
«Sto bene.»
«Certo che ti sei dimenticata presto di me,» borbottò il suo ex.
«Non puoi avere tutto, Bob. Non puoi avere me che prima piango fiumi
di lacrime perché ti ho perso, ma poi sono tranquilla quando ci separiamo.
Scegli,» Lauren aggrottò le sopracciglia, una nota d’irritazione si insinuò
nelle sue parole.
«Hai ragione. Mi sento un po'… beh, ti ho lasciato qualche centone extra
tra i risparmi, in caso ne avessi bisogno.»
«Grazie.» Colpevole, magari? Ma certo che ti senti colpevole. Bastardo.
«Linda e io togliamo le tende domani mattina.»
«Qui c’è una lista di cose che dovreste fare prima di andarvene,» disse
Lauren, estraendo un pezzo di carta dalla tasca.
Bob gli diede un’occhiata e poi lo appallottolò: «Onestamente, Lauren,
non insultarmi. So come chiudere la casa.»
«C’è dell’altro scritto lì sopra.»
«Sì, sì.»
«Spero che tu e Linda sarete molto felici.»
«Scommetto che lo pensi davvero.»
Lauren non poté passare sopra a quel suo tono beffardo. «Sto cercando di
essere civile, qui. Almeno non mi stai lasciando per qualcuno di nuovo.»
«Sarebbe peggio?»
«È buffo, ma sì. Sarebbe peggio.» Detto questo, la donna bevve un sorso
per inumidirsi la gola.
«Immagino che non ci sia nient’altro da dire a parte… buona fortuna.»
Bob aprì la porta a vetri ed entrò in casa.
Lauren sospirò, poi la sua attenzione venne attirata dall’abbaiare di un
cane di piccola taglia. Un carlino sgusciò fuori dall’ingresso, girò attorno alle
sue gambe e saltò su. «Zander,» sussurrò, chinandosi così che lui potesse
leccarle la faccia. Sorrise e mormorò qualche parolina affettuosa al cagnolino,
che aveva un’aria entusiasta.
«Dove diavolo è quel bastardino?» gridò Bob.
«Qui fuori. E non è un bastardino,» rispose Lauren.
Il suo ex la raggiunse e mise un collare e un guinzaglio al cane, e
ansimò: «Questo mostriciattolo non vuole saperne di stare dentro.»
«Gli piace viaggiare in macchina con me.»
«Allora portatelo a Rhode Island.»
«Non lo lascerebbero entrare nell’ospedale, Bob. Per favore, chiudi la
porta. Io me ne vado tra un minuto, lui starà bene.»
Bob trascinò via Zander, che tirava il guinzaglio per restare con la sua
padrona, e sbatté la porta. Lauren trasalì, sentendo quel forte rumore, e
imprecò sottovoce.
Era ora di mettersi in strada. Si alzò e prese il cellulare. C’era una
chiamata persa da parte di suo fratello, quindi compose il suo numero.
«Don? Sto entrando in macchina adesso.»
«A che ora arrivi?» La voce di suo fratello suonava tesa.
«Hmm, sono le quattro e mezza. Di' a papà che sarò lì per cena.»
«Hai bisogno di indicazioni?»
«Cosa? No. Sono già stata all’ospedale un sacco di volte.»
«Io odio gli ospedali.»
«Già, lo so. Anch’io.»
«Papà chiede di te.»
«Sto arrivando. Sarò lì tra meno di due ore. L’hai detto alla mamma?»
«È ai Caraibi con la sua nuova fiamma.»
«Non ci puoi fare nulla, allora. Ci vediamo presto. Ti voglio bene.»
«Ti voglio bene anch’io.»
Fece un respiro profondo e si mise al volante. Un furgone era
parcheggiato sul marciapiede e aspettava solo che lei se ne andasse, per
prendere possesso del vialetto d’accesso. Lanciò un’ultima occhiata alla casa
e osservò di nascosto Bob, che trascinava fuori i suoi bagagli. Sospirò e
venne scossa da un brivido; le si inumidirono gli occhi. Perché sto facendo
la sentimentale? Non vedo l’ora di sbarazzarmi di quel bastardo.
Per mezzo secondo, l’immagine di ciò che ci sarebbe potuto essere in
quella magnifica, vecchia casa balenò davanti ai suoi occhi. La sua visione, il
suo sogno di avere un marito amorevole e due bambini era svanito come la
nebbia, sotto il calore del sole. Scosse piano la testa e tornò alla realtà. Non
puoi cambiare il passato. Rinuncia a quel sogno e va’ avanti. Papà ha
bisogno di te.
Lauren mise in moto la macchina e si diresse verso l’autostrada che
l’avrebbe portata a Providence e al capezzale del padre malato.
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