2050 L’algoritmo della Felicità- Michele Criscuoli

SINTESI DEL LIBRO:
La nuova stazione di “Firenze - La Magnifica”, era del tutto simile
ad uno scheletro di una lumaca: un guscio immenso, che la isolava
dall’esterno, illuminata da mille luci e colori. Ognuna di quelle luci, lo
scoprimmo dopo essere scesi dal treno superveloce, era un punto di
incontro per le persone che si muovevano, da una parte all’altra,
come se volassero, grazie ai vestiti che indossavano, tutti uguali,
tranne per i colori ed alcuni segni distintivi il cui significato avremmo
scoperto nel corso del viaggio.
La macchina del tempo era riuscita a portarci in una campagna a
pochi chilometri, in linea d’aria, dalla città dove volevamo andare.
Il tele-trasferimento nel sistema spazio-temporale era
perfettamente riuscito ed appena aprimmo gli occhi e ci liberammo
della cintura che ci teneva legati alle poltrone, capimmo subito di
aver centrato il nostro primo obiettivo.
Dalla collina dove ci trovavamo potemmo scorgere un panorama
insolito: si vedeva da lontano Firenze, i suoi monumenti, i colori delle
sue case, l’Arno, i giardini e le persone che la abitavano, in parte
ingranditi ed in parte sfocati da quella enorme cupola che ricopriva
non solo il centro della città. La visione mi ricordò quelle sfere di
vetro che ancora si trovano nelle bancarelle di tante località
turistiche, all’interno delle quali sono riprodotti i monumenti o i luoghi
più belli, che, se agitate, smuovono fiocchi di neve finta o lamelle
luccicanti che rendono più vivace il paesaggio e sono la gioia dei
bimbi più piccoli. Quello che apparve al nostro sguardo era tanto
simile!
Avemmo, così, la conferma che i calcoli del Mauri non erano
sbagliati: eravamo atterrati nel posto giusto, ci toccava solo scoprire
se anche il tempo era quello programmato.
Il primo pensiero del mio compagno di viaggio, fu quello di
occultare la macchina agli sguardi indiscreti. Aveva predisposto, per
questo, un telo mimetico con il quale avvolgere il macchinario dopo
averlo con cautela spostato in un angolo della collina, nascosto da
una vegetazione più fitta dove probabilmente non sarebbe passato
nessuno. Si trattava di una specie di guscio, impenetrabile e chiuso
dall’esterno da un meccanismo del quale solo noi conoscevamo la
chiave. Al suo interno avevamo lasciato tutto ciò che non potevamo
portare con noi e ci avviammo per l’unico sentiero che scendeva a
valle in direzione di una villa di campagna che era l’unica
costruzione più vicina.
Giunti nei pressi della casa ci accorgemmo di essere osservati da
un signore di una certa età, con capelli e pizzetto bianchi, il quale, da
una finestra lontana, ci interrogò, invitandoci a non superare il
piccolo ponte che portava verso il piazzale: «Chi siete e da dove
venite? Non avvicinatevi oltre perché potrebbe essere pericoloso per
la vostra incolumità!» furono le parole che sentimmo da un
altoparlante che sembrava posizionato sulle nostre teste. Vedevamo,
da lontano, la persona che parlava con noi ma non riuscivamo a
capire come la sua voce potesse arrivarci da quella distanza, senza
che usasse un microfono visibile al nostro sguardo.
«Siamo due viaggiatori,» - rispose il Mauri prontamente - «siamo
diretti a Firenze ma probabilmente abbiamo lasciato la giusta strada
e siamo in difficoltà. Lei non può aiutarci?»
Lo vedemmo allontanarsi dalla finestra e comparire dopo qualche
minuto dalla porta di ingresso della villa ed avvicinarsi al piccolo
ponte che ci separava dalla sua casa.
«Ora potete attraversare il ponte,» – disse, mentre ci veniva
incontro – «ho disattivato il sistema di protezione e vi do il
benvenuto.» concluse, mentre allungava la sua mano per salutarci
con inattesa gentilezza.
«Spero che non vi siate spaventati,» - precisò - «ma siete,
senz’altro, a conoscenza delle nuove tecnologie che ci permettono di
scoprire subito la sincerità delle persone. Se aveste detto il falso
sarebbe scattato un allarme, vi avrei proibito l’accesso ed avrei
avvertito la Sicurezza della vostra intrusione.»
Fu così gentile da invitarci ad entrare persino a casa sua e volle
offrirci una bevanda da una bottiglia colorata che aveva sul tavolino
del salotto: «Non so se lo avete già assaggiato, è l’energetico che
preferisco, penso che potreste averne bisogno visto il vostro sguardo
stanco e preoccupato!»
«Le siamo veramente grati per la disponibilità,» - disse subito
Maurizio - «non oso chiederle se può aiutarci anche con
l’abbigliamento, visto che abbiamo lasciato ogni cosa in macchina
dopo l’avaria che ci ha fermato.»
«Certo che posso, nello studio, vicino al bagno, c’è un guardaroba
ricco di abiti che ormai non uso più da sei mesi, da quando, cioè, mi
sono ritirato dalla vita sociale ed ho deciso di vivere da solo. Potete
prendere quello che vi serve. Immagino che già conosciate le
nuovissime tute da città che il Sistema Centrale ha messo a
disposizione di tutti, perché ci permettono di muoverci all’interno dei
centri urbani senza servirci delle vecchie infrastrutture con le quali ci
si spostava fino a pochi anni fa.» fu la risposta immediata del nostro
ospite.
Da un piccolo schermo posto in un angolo del salotto, riuscii a
leggere la data e l’ora del tempo nel quale ci trovavamo: l’8 dicembre
del 2050, ed erano le 14,30 del pomeriggio.
Mi ero comodamente seduto in salotto dopo aver accettato l’invito
ad assaggiare l’energetico e continuavo a chiacchierare con il nostro
nuovo amico. Avevo scoperto che era abbastanza vecchio, anche se
dimostrava un’età più giovanile. Tra le altre cose, mi aveva
raccontato che la “Nuova Costituzione dei Diritti Inderogabili
dell’Uomo” offriva, al compimento dei novanta anni, la possibilità di
vivere la vecchiaia assecondando i propri desideri più intimi e
permettendo che le persone potessero persino isolarsi dal resto del
mondo. Ad un certo punto vidi Maurizio uscire dalla stanza della
vestizione: aveva il viso raggiante, sembrava entusiasta: «Se vuoi,
adesso tocca a te,» – disse con voce rassicurante – «penso di aver
già individuato la tuta della tua taglia. Puoi indossarla, così lasciamo
il nostro amico ai suoi studi ed alle sue consuetudini e proviamo a
raggiungere Firenze quanto prima possibile!»
Dopo qualche minuto ero già pronto con la mia divisa tutta nuova,
appena un po' larga rispetto a quella del Mauri, che era perfetta
perché lui era più simile, nella corporatura, all’inatteso amico grazie
al quale stavamo per affrontare un mondo che non sarebbe stato
privo di sorprese.
Giovanni, questo era il nome del nostro anfitrione, mentre ci
accompagnò all’uscita ci salutò con un calore ed un affetto fuori dal
comune, quel sentimento che si può leggere nel cuore delle persone
sole tutte le volte che scoprono nell’incontro con gli altri la possibilità
di un rapporto sincero del quale, forse, si ha qualche nostalgia. Non
se ne era reso conto (o forse lo aveva fatto di proposito) ma, in
quelle poche ore di compagnia che si era concesso, era stato una
miniera di informazioni che si sarebbero rivelate utili al nostro
viaggio.
A parte tutte le notizie su Firenze, su come muoverci all’interno
della città, sui punti di informazione che avremmo potuto consultare
per sapere quello che ci interessava su persone, luoghi, attualità e
storia di quella che lui definiva “antichità”, il nostro nuovo amico,
raccontando i suoi dubbi e le sue perplessità, era riuscito a fare, per
così dire, un riassunto delle grandi trasformazioni tecnologiche che
regolavano la vita nel suo tempo.
Non era del tutto convinto della bontà di alcune scelte del Governo
del Mondo (lo aveva chiamato il “Sistema Centrale”). Scelte che,
secondo la sua interpretazione condizionavano, in qualche modo, la
libertà e la fantasia delle persone!
«Il fatto che le macchine possano decifrare i pensieri di tutti, che
possano analizzarli e catalogarli, fino a distinguere il bene dal male,
la cattiveria dalla bontà, la verità dalla falsità, è stata una di quelle
conquiste che non mi hanno convinto sin dalla loro origine, ma a
poco a poco ne ho compreso l’utilità.» precisava con uno sguardo un
po' triste e preoccupato.
«Quando si scoprì l’Algoritmo della Felicità sembrò che tutti i
problemi dell’umanità potessero essere risolti! Ti ricorderai» -
aggiunse rivolgendosi a me, che dimostravo quasi la sua stessa età
- «della bellezza di quella straordinaria scoperta. Un successo
planetario che sconvolse la vita dell’Umanità e creò, nel tempo, le
condizioni per il superamento di tutte le cattiverie che la “preistoria
dell’intelligenza” (furono queste le parole usate) aveva creato nel
mondo. Da quel momento in poi, era l’anno 2034, tutto cambiò ed
iniziò quella che, poi, fu definita la “Rivoluzione dell’Amore”. Da
qualche anno, i comunicatori del Sistema hanno inventato un nuovo
slogan per spiegare i successi dell’algoritmo e ormai parlano del
nostro tempo come del “Rinascimento delle coscienze”!»
Mentre lui raccontava, con la precisione e la ricchezza di
particolari di cui solo i vecchi sono capaci, perché ricordano il
passato con le sfumature ed i dettagli anche più inutili, noi, a stento,
riuscivamo a seguirlo per la straordinarietà degli avvenimenti che
raccontava. Sembravamo come quei bambini bravi e diligenti che
spalancano gli occhi ed il cuore quando un adulto sta per iniziare la
lettura di una favola, anche se è la stessa che hanno ascoltato tante
volte. Eravamo stupefatti da quelle novità ma non potevamo
dimostrarlo rischiando domande inopportune o ingenue che
avrebbero finito per tradirci. Memorizzavamo tutto quello che
potevamo senza battere ciglio, mostrando attenzione ma fingendo (il
Mauri si mostrò, nell’occasione, anche furbo), persino, di avere fretta
inventando una specie di appuntamento da rispettare a Firenze.
«Se debbo dirla tutta,» - concluse il suo racconto Giovanni,
lasciandosi andare ad un giudizio che avevo, in qualche modo,
immaginato - «anch’io fui entusiasta delle conquiste che avevano
rivoluzionato il mondo. Quando cominciò l’”Era della Globalizzazione
Virtuosa”, fummo tutti contenti: perché i governi di tutto il mondo
decisero di utilizzare i progressi tecnologici nell’interesse
dell’Umanità. Tutti insieme riuscirono a sconfiggere il Male mettendo
fine alle guerre ed agli orrori che l’egoismo delle persone e delle
strutture politico-economiche preesistenti avevano causato alle
nostre comunità.»
Scoprimmo che era stata la scoperta di un giovane scienziato
italiano a dare il via alla nuova era: un ricercatore meridionale aveva
inventato la formula che aveva sconvolto il mondo. Fu una bella
soddisfazione sapere che l’algoritmo era stato ideato da un italiano,
anche se allo sviluppo di tutto il sistema ed alla sua applicazione
pratica avevano lavorato scienziati e uomini di cultura di ogni
nazione, di ogni religione ed etnia.
Una semplice applicazione era servita a costruire una nuova
società basata su un’architettura tecnologica globale: un sistema di
interpretazione e regolazione della realtà che collegato a tutti i
sistemi informatici in funzione nel pianeta, riusciva a rimodulare -
grazie ad una specie di grande scrigno della conoscenza - ogni
avvenimento, ogni situazione ma anche ogni iniziativa, ogni progetto
ed ogni idea che si volesse perseguire sul pianeta.
Era stato il momento del tripudio dell’Automazione Intelligente:
tutte le macchine, da quelle più antiche a quelle più avanzate erano
state assoggettate ai parametri dell’algoritmo sicché in poco tempo
nulla riuscì a sfuggire al suo discernimento.
Nel giro di pochi anni, gli scienziati (aiutati dai filosofi, dagli uomini
di fede e di cultura) avevano trovato le soluzioni più giuste non solo
ai problemi sociali ma anche a quelli politici, economici e, persino,
religiosi.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo