Io odio internet- Jarett Kobek

SINTESI DEL LIBRO:
Molto tempo dopo che aveva commesso l’unico peccato imperdonabile
del ventunesimo secolo, qualcuno mandò a Adeline un messaggio via
Internet.
Il messaggio diceva: «Ciao troia, spero che tu venga violentata da una
banda di immigrati clandestini sifilitici».
Internet era un’invenzione meravigliosa. Era una rete informatica che gli
esseri umani usavano per ricordare ai loro simili che erano degli schifosi
pezzi di merda.
Adeline ricevette questo messaggio perché aveva commesso l’unico
peccato imperdonabile dell’inizio del ventunesimo secolo. Prima che potesse
arrivare a quel grossissimo errore, però, ne dovette commettere altri più
piccoli.
Alcuni degli altri suoi errori: 1) Era una donna in una cultura che odiava
le donne. 2) Era diventata più o meno famosa. 3) Aveva espresso opinioni
impopolari.
Essere una donna più o meno famosa che esprimeva opinioni impopolari
in una cultura che odiava le donne era di per sé un grave errore, ma né questo
né le parti che lo costituivano erano il grande errore.
Il grande errore era un altro.
La frase succitata consente una sola possibile interpretazione del
messaggio, una volta corretti – per maggiore chiarezza – gli errori di
grammatica e ortografia. L’originale diceva: «Ci troia... spero ke vieni
violenta da banda... de micranei klandestini 6fili».
È possibile che «micranei klandestini» non si riferisse ai cittadini stranieri
che arrivano in America con metodi alternativi ai visti e alla green card.
È altresì possibile che «ci troia» fosse qualcosa di diverso rispetto a una
formula di saluto generica seguita da uno delle centinaia di termini
dispregiativi della nostra lingua per indicare le donne. Un «ci troia» poteva
essere molte cose.
«Ci» può senz’altro indurre in errore. È infatti un avverbio e un pronome,
ma nel gergo di Internet può stare anche per «ci vediamo». E se in questa
sede è stato trascritto come «ciao», potrebbe significare benissimo altro, per
esempio «città».
«Troia» è uno delle centinaia di termini dispregiativi della nostra lingua
per indicare le donne. Questi termini enfatizzano il numero di partner sessuali
di una donna. Non esistono termini equivalenti per gli uomini, che è una
cazzata bella e buona.
«Troia» è anche il nome di un’antica città posta all’imbocco
dell’Ellesponto, che fu teatro di una guerra lunga e sanguinosa cantata
nell’Iliade, nell’Odissea e in altri poemi epici greci e latini. Il fatto che il
nome dell’antica città corrisponda a uno delle centinaia di termini
dispregiativi della nostra lingua per indicare le donne è fonte di grande
imbarazzo per i professori di Lettere quando si trovano a parlarne davanti a
classi piene di adolescenti con gli ormoni impazziti e una fissazione per i
doppi sensi.
Era possibile che chiunque avesse inviato il messaggio a Adeline fosse un
raffinato classicista, intenzionato a richiamare l’attenzione sul lungo protrarsi
di una situazione penosa. Forse si riferiva a uno stallo.
D’altro canto, però, il messaggio le era stato inviato da qualcuno via
Internet. Probabilmente era soltanto l’ennesimo coglione che odiava le donne.
DUE
Negli anni Novanta, quando Adeline aveva poco più di vent’anni e aveva
appena finito l’università, lei e il suo amico Jeremy Winterbloss iniziarono a
lavorare insieme a un fumetto che si intitolava Trill. Veniva pubblicato tutti i
mesi, in fascicoli di trentadue pagine con i disegni in bianco e nero.
Adeline faceva i disegni. Jeremy Winterbloss scriveva i testi.
Trill raccontava le avventure di un gatto antropomorfo di nome Felix Trill
che si muoveva in un mondo pseudo-medievale, scoprendo ambientazioni
inquietanti mentre lottava contro altri animali antropomorfi.
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