Un principe all’improvviso – Lucia Cantoni

SINTESI DEL LIBRO:
Letizia doveva sospettare che quella sarebbe stata una giornata
da dimenticare.
Dieci minuti dopo essere uscita di casa, praticamente al canto del
gallo se solo ne avesse posseduto uno, una scarpa le si era
incastrata in un tombino, rompendo il tacco di una delle sue
decolletè preferite. Così, era arrivata zoppicando a Campo dei Frari,
sede dell’Archivio di Stato di Venezia, la sua seconda casa.
Lavorava tra polverosi faldoni documentari da circa due anni e ogni
volta che la familiare costruzione rossa e bianca spuntava nel suo
campo visivo, le mancava un battito. Amava il suo lavoro, amava la
sua vita tranquilla e senza scossoni.
La mattinata era proceduta senza più intoppi, catalogando
documenti che erano appena giunti da alcuni archivi della provincia
veneziana e presto era arrivata l’ora di pranzo.
Aveva, quindi, mangiato un’insalatina scondita e un paio di gallette
di riso, sospirando per una dieta che sentiva sua, quanto una colite il
giorno di Pasqua. La linea era un traguardo che inseguiva senza
successo dall’adolescenza, ma le sue forme floride rendevano la sua
figura femminile e aggraziata. Sbuffò, ritirando il contenitore di
plastica che aveva contenuto il suo triste pasto nella borsa e
addentando una brioche. Nella vita bisognava anche essere felici e
una donna felice era, per forza di cose, più bella. Sospirò mentre il
cioccolato coccolava le sue papille gustative. Il cibo, quello vero, era
davvero terapeutico!
Mancava ancora una buona mezz’ora prima di riprendere posto
alla scrivania, così si decise a uscire dall’archivio e ad andare a fare
visita, come tutti i pomeriggi, alla Basilica dei Frari. La chiesa
affiancava l’archivio, impreziosendo la piazza con l’imponente
facciata in gotico veneziano. Letizia non era una cattolica praticante,
ma l’edificio religioso pareva comunicarle serenità e leggerezza, per
non parlare dei ricchi tesori che custodiva al suo interno! Una
manciata di dipinti risalenti a grandi artisti dei secoli passati, molti dei
quali attribuiti a Tiziano.
Letizia si perse a contemplare, come ogni volta, la maestosa pala
d’altare dell’Assunta. Il viso della Vergine le appariva a ogni
occasione più bello e luminoso, come il volto benevolo del padre che
sovrastava tutti dall’alto…
«È meravigliosa, non è vero?» Letizia non si era stupita per quella
gentile intromissione, spesso le capitava di scambiare parole con i
visitatori che venivano a recare omaggio al superbo dipinto. Aveva
annuito, senza trovare altre parole per descriverlo.
«Signorina Schönburg Waldenburg?» nessuno la chiamava mai
con entrambi i suoi cognomi, per tutti era Letizia Waldenburg, italo
tedesca che non aveva mai messo piede in Germania.
«Chi la cerca?» Letizia indagò con lo sguardo l’uomo che l’aveva
interpellata. Non era per nulla alto, vestito completamente di nero,
non fosse stato per la camicia immacolata. Reggeva tra le mani una
bombetta scura che doveva aver calcato i capelli grigi e radi, poco
prima di entrare in chiesa.
«Mi hanno detto che l’avrei trovata qui; sono Carl Meyer, avvocato
del suo defunto nonno, il principe Otto Schönburg Waldenburg.»
Defunto nonno? Un moto di ansia le bloccò la bocca dello stomaco,
costringendola a tornare con gli occhi alla pala del Tiziano.
«Purtroppo, non ho rapporti con il ramo tedesco della mia famiglia.
Sono molto dispiaciuta che il nonno sia venuto a mancare, ma non
saprei che altro aggiungere.» Si era sempre sentita ferita dal
comportamento anaffettivo e freddo che quell’uomo aveva
dimostrato nei confronti di suo padre, mancato solo pochi mesi
prima, in seguito a un brutto male. Il nonno non si era nemmeno
presentato al funerale… non un biglietto di condoglianze. Dopotutto,
non conosceva nemmeno le fattezze del viso di quel suo avolo che
non aveva mai avuto occasione d’incontrare.
«Devo chiederle di seguirmi in un luogo maggiormente consono
per parlare di affari riguardanti la vita terrena.» Il forte accento
tedesco dell’avvocato Meyer rendeva le sue parole cadenzate come
la marcia di un esercito.
«Non posso, sono spiacente, ma il lavoro mi chiama…» raccolse
la borsa da terra e si diresse a passo spedito verso l’uscita della
basilica.
«Vostra Altezza…» Letizia si bloccò sul posto, aggrottando la
fronte.
«Voi, siete la principessa legittima di Baviera. Erede di Sua
Altezza Reale, il defunto principe Otto Schönburg Waldenburg.» No,
non poteva essere. Suo padre non le aveva mai parlato di una
discendenza nobiliare… sicuramente doveva esserci stato un errore.
«Deve esserci un equivoco, avvocato Meyer, mio nonno
commerciava in pelli, produceva cuoio. Voltò le spalle a mio padre,
molti anni fa, perché papà desiderava fare l’artista, vivere della sua
arte.» L’avvocato non si scompose minimamente a quelle parole.
«Questo è quello che le hanno raccontato, Meine Prinzessin. Le
chiedo solo di venire con me, ho alcune carte da farle firmare, il
testamento di suo nonno da leggerle e poi un videomessaggio per
lei. Ho già avvisato il suo posto di lavoro. Ho spiegato loro del
rovinoso lutto che ha colpito la sua famiglia.» Letizia diede un ultimo
sguardo alla pala dell’Assunta e al Padre che, serafico, osservava
ogni cosa dalla sua posizione.
«D’accordo, ma verrò con lei, solo per provarle che si sbaglia. C’è
sicuramente stato uno scambio di persona.»
***
L’appartamento di Letizia era un piccolo bilocale situato proprio in
Campo dei Frari, ultimo regalo che suo padre aveva voluto donarle
grazie ai risparmi di una vita. La sua non era mai stata una famiglia
benestante, ma non le era mai mancato nulla, men che meno la
possibilità di studiare e avere gli strumenti necessari a costruirsi il
futuro che sognava. La madre, invece, viveva in un appartamentino
alla Giudecca e si vedevano spesso dopo il lavoro.
Mise il DVD nel lettore e attese che la registrazione partisse.
L’avvocato la osservava compito, sorseggiando un caffè che gli
aveva offerto per puro spirito di ospitalità.
Un uomo anziano era apparso sullo schermo. I vividi occhi azzurri
risaltavano sulla carnagione pallida e sulle rughe del tempo. Doveva
essere stato un bell’uomo in gioventù. Avrebbe riso di quella
situazione tragicomica, se solo il principe Schönburg Waldenburg
non fosse stata l’esatta fotocopia di suo padre.
«Buongiorno, Letizia, è tuo nonno che ti parla.» Un traduttore
simultaneo riportava in italiano le parole che il principe esprimeva in
tedesco, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno. Suo padre,
nonostante la sua patria non fosse stata che un ricordo lontano,
l’aveva cresciuta come una bimba bilingue.
«Ti starai chiedendo perché abbia deciso di presentarmi ora nella
tua vita e la risposta è molto semplice: sto morendo. Quando questo
video arriverà nelle tue mani, probabilmente, non sarò più di questo
mondo, quindi è meglio che mi sbrighi!» Il principe aveva riso.
«Non mi pentirò mai abbastanza di non essermi rappacificato con
tuo padre, prima che accadesse l’irreparabile. A mia discolpa posso
confessarti che sono venuto a conoscenza delle sue condizioni di
salute solo quando, ormai, era troppo tardi.» Gli occhi azzurri di Otto
si erano fatti foschi, rendendo quell’uomo burbero, fragile come il
guscio di un uovo. Letizia aveva deglutito il nodo che aveva in gola,
continuando a guardare il filmato, respingendo le lacrime.
«Vi ho sempre osservato da lontano, attraverso le foto che i miei
investigatori privati mi facevano avere di voi… ti ricordi il giorno della
tua laurea? Io ero tra la folla, durante la proclamazione…» aveva
sollevato alcune immagini a favore della camera, mostrando una
Letizia sorridente con il tocco.
«Avrei voluto averti qui, anche adesso, ma sono stato troppo
codardo. Non avrei retto un tuo plausibile e giustificato rifiuto… ho
preferito affidare tutto alla tecnologia e alle sapienti cure di Carl.
Beh, è venuto il momento di chiederti di esprimere l’ultimo desiderio
di questo povero vecchio. So di non avere nessun diritto di esigere
da te affetto o, addirittura, devozione genitoriale, ma con me morirà il
mio casato a parte… te. Ti chiedo di prendere il posto che ti spetta
come principessa di Baviera, di prendere le redini del nostro castello
e di quelli che, ormai, dopo l’unificazione della Germania, non sono
altro che modesti possedimenti.» Un colpo di tosse obbligò l’uomo a
fermarsi per qualche istante e Letizia cercò lo sguardo di Meyer.
«Suo nonno non ha ancora finito.» Le infermiere corsero lontano
dall’obbiettivo e il principe parve ricomporsi.
«Se non accetterai non rimarrà più nulla della nostra storia, del
nostro centenario principato… i possedimenti verranno spezzettati,
battuti all’asta, venduti al miglior offerente e anche la comunità che
ha sempre contato sul nostro appoggio, la lauta beneficienza e le
nostre alte conoscenze per dialogare con le istituzioni, si troverà
completamente sola. Hai una grande responsabilità, Letizia!» il
nonno aveva addirittura il coraggio di redarguirla! Poi la telecamera
si era spostata, focalizzandosi su decine e decine di volti sorridenti.
Uomini, donne e bambini dalle guance bianche e rosse e dalle
espressioni ilari la stavano salutando. Era la comunità che abitava le
terre di proprietà della sua famiglia.
«Contiamo su di te!» le aveva urlato un bambino dagli occhi blu
come fiordalisi.
«Cazzo.» Si era lasciata sfuggire, affondando le mani tra i capelli
biondi.
«Meine Prinzessin, il linguaggio è la prima cosa su cui dobbiamo
migliorare.» Letizia era arrossita.
«Sembro non avere scelta, non è vero?» L’avvocato si era stretto
nelle spalle.
«Se ha un cuore, temo di no, ma c’è un’ultima cosa che Sua
Altezza deve dirvi…» l’obbiettivo tornò sul principe.
«C’è un’unica condizione, Letizia, la tua inesperienza deve essere
colmata in qualche modo… il tuo spirito indipendente e ribelle
necessita di un giusto riequilibrio. Dovrai sposarti con un principe.»
«Un principe? E dovrei indire un concorso? Fare un bando per chi
si aggiudicherà la mano della principessa rozza e senza
educazione?» il nonno rispose immediatamente alla sua domanda.
«Il candidato prescelto è il principe del Palatinato, Wilhelm Thurn
und Taxis.» Un matrimonio combinato. Avrebbe dovuto sposare uno
sconosciuto o il suo casato avrebbe cessato di esistere.
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