Racconti coranici- Tahar Ben Jelloun

SINTESI DEL LIBRO:
C’era una volta, diverse migliaia di anni fa, un re che si chiamava
Salomone. Un re che eccelleva su tutti gli altri. La sua leggenda è famosa in
tutte e tre le religioni monoteiste. La sua fama ha attraversato i secoli e
ancora oggi viene citato come simbolo di giustizia e di saggezza.
Fu in una notte di luna piena che Salomone venne al mondo. Il cielo era
illuminato da migliaia di stelle, alcune delle quali filavano con una grande
cometa, cosa che dava a questo evento tutti i fasti e la bellezza che meritava.
Né David, suo padre, né sua madre si aspettavano questi fuochi di artificio
che il cielo offriva loro. Il bambino era tranquillo e la levatrice si stupì della
facilità con cui il piccolo uscì dalla pancia di sua madre. Nessun dolore,
nessuna tensione: la madre diede alla luce il bambino alle prime contrazioni.
Quando la levatrice tagliò il cordone, si sentì un canto lontano che saliva
dietro le montagne: era il segno di una nascita d’eccezione.
David si allontanò e si mise sotto il più vecchio ulivo della regione per
pregare e meditare. Era profondamente felice e allo stesso tempo un po’
inquieto. Si sentiva investito di una missione: trasmettere a quel bambino
importantissimi ed elevati valori. Gli avrebbe insegnato la filosofia, le scienze
e la bellezza del mondo. Compito molto impegnativo, ma David era convinto
che Dio mai lo avrebbe abbandonato. Durante le preghiere, gli vennero le
lacrime agli occhi, lacrime di gioia e di emozione; alzò il suo sguardo al cielo
e, con le mani giunte, ringraziò il Signore della sua bontà e della sua
misericordia.
Il sole era appena sorto e già la gente si recava in massa a casa di David
per accogliere come si deve il bambino che avrebbe fatto regnare la giustizia
e il diritto. Tutti avevano capito che era venuta al mondo una persona
straordinaria. Avvertivano questa certezza in modo intuitivo; nessun dubbio:
era nato un re, o forse un profeta.
La gioia si associava a un senso di sollievo. Il popolo riprendeva coraggio
e i lavoratori si dedicavano con energia ai propri compiti.
Il cielo, quel mattino, era di un azzurro raro e puro, il sole era mite, l’aria
fresca e profumata. Alcuni riconobbero in quelle essenze il profumo del
paradiso. Nell’aria c’erano anche aroma di gelsomino, ambra, zenzero, fiore
d’arancio mescolato con una spezia importata da paesi lontani. Drappi
bianchi e azzurri sventolavano dalle case. Musicisti attraversavano il paese
suonando e cantando. La festa aveva riempito i cuori di gioia. Intanto il
bambino chiedeva il seno della madre facendole grandi sorrisi. Non piangeva,
non urlava. Aveva la fronte larga e grandi occhi. Sembrava che fosse nato già
con un anno di età; questo era stato il commento della levatrice di fronte a un
nuovo nato così sveglio, così vivace. La madre ne era fiera ma non diceva
nulla. Vide o credette di vedere degli angeli girare intorno alla culla: bianchi
e leggeri, quasi trasparenti, andavano e venivano, facevano la guardia a turno;
appena una mosca si avvicinava, la cacciavano subito e la madre sentiva un
soffio di vento portarle un po’ di frescura.
La donna parlò di questa sua visione al marito e David le disse: “No, non è
un’allucinazione; sono angeli accorsi per accogliere e proteggere nostro
figlio. Non preoccuparti, sono pieni di bontà.”
La sera, la loro casa era piena di regali portati dagli abitanti del regno. La
gente voleva esprimere così la sua gioia: i ricchi offrirono oro, i poveri frutta
e latte. Alcuni lasciarono sete, tessuti, oggetti; un pover’uomo portò un po’
della terra del suo paese, avvolta in un tessuto ricamato dalla moglie; un altro
un otre pieno dell’acqua piovana che conservava nel suo pozzo.
Per un attimo David si chinò su suo figlio, mentre la madre lo lavava.
Scoprì allora che era nato già circonciso: era il segno divino che confermava
che quel bambino avrebbe avuto un destino speciale.
Il settimo giorno il piccolo ricevette il suo nome: Salomone. Fu durante il
sonno che David sentì una voce suggerirgli di dargli questo nome; la voce
aveva suggerito: Sulaymane, Salomone, Shlomo, Salman...
Dio disse allora: “E a David, noi abbiamo fatto dono di Salomone.”
A partire da quel giorno, la vita di David prese un corso di cui lui non
controllava più né il senso né l’andamento. Dio aveva parlato e David era
sotto l’effetto di quella parola. Rivolse a Dio molte preghiere in cui chiedeva
umilmente di dargli la forza di essere degno di quel dono, di aiutarlo a
educare quel bambino in spirito di bontà, giustizia e diritto.
Salomone iniziò a parlare molto presto. In ogni ambito, le sue parole si
rivelavano sensate; i suoi genitori non ne furono stupiti. Passava le sue
giornate nella piccola fattoria vicino a casa. Si occupava delle pecore, delle
vacche, dei polli, dei cani, dei gatti. In un angolo c’era una voliera in cui
vivevano uccelli di ogni sorta. Dava loro da mangiare e da bere, accarezzava
le piume di alcuni di essi, si preoccupava della salute degli altri. Era un
bambino previdente e portato a fare compagnia agli animali. I suoi genitori
non glielo impedivano, sapevano che era felice così.
Una sera David lo prese per mano e lo portò sotto il vecchio ulivo. Ogni
volta che doveva fare qualcosa di importante, come prendere una decisione o
meditare, David si ritirava sotto quell’albero. Lì, confidò a suo figlio che
grazie a Dio Onnipotente capiva il linguaggio degli uccelli e degli insetti.
Salomone non ne fu sorpreso. Dopo un momento di silenzio, confessò a suo
padre che anche lui era dotato di quella straordinaria facoltà. Non ne
parlarono più. Restò il loro segreto.
All’epoca Salomone aveva sei anni e parlava già dell’avvenire del suo
regno: proponeva a suo padre riforme e insisteva affinché il suo fosse un
regno improntato alla giustizia. Qualche anno dopo, David lo mise alla prova
sottoponendogli il caso di un conflitto fra un pastore e un proprietario
terriero. Gli disse: “Il vicinato è spesso fonte di conflitti; gli uomini spesso
non imparano come vivere insieme; i tribunali sono pieni di denunce di vicini
malcontenti. Ti sottopongo il caso di un vignaiolo arrabbiato perché la pecora
di un vicino non solo mangia la sua uva, ma saccheggia la vigna; trova una
soluzione che renda giustizia all’uno e all’altro.” Salomone, che aveva
appena compiuto undici anni, prese sul serio la richiesta del padre e rispose:
“Il mio orecchio deve ascoltare con la stessa attenzione la versione dell’uno e
quella dell’altro; si dice infatti che i giudici esistono perché i due piatti della
bilancia siano sullo stesso livello, in una eguaglianza assoluta. È quello che
cercherò di fare in modo rigoroso e severo.”
Come un adulto, Salomone convocò i due litiganti e tenne loro un discorso
di conciliazione.
“Non potreste mettervi d’accordo con calma e regolare la vostra
controversia senza appellarvi a un giudice, peraltro così giovane e privo di
esperienza?”
Il vignaiolo era di pessimo umore e ricordò che le sue vendemmie erano
sempre meno buone, e questo a causa di un animale che non veniva legato.
A questa accusa il vicino rispose: “Io non posso legare i miei animali; si
devono muovere per mangiare; non sono responsabile delle mie pecore nere;
siete voi che dovete alzare una barriera alta e insuperabile.”
Salomone fece uscire il pastore e chiese al vignaiolo di raccontare la sua
versione. Poi fece la stessa cosa con l’altro e, infine, si ritirò per riflettere.
David assisteva alla seduta senza intervenire. Salomone convocò quindi le
due parti e comunicò loro il suo giudizio.
“Signori! Ho riflettuto, ecco cosa vi propongo: il proprietario degli animali
dovrà coltivare il terreno del suo vicino fino a che gli acini non saranno
tornati; dovrà prendersene cura affinché la vendemmia sia di buona qualità.
Nel frattempo, il vignaiolo potrà servirsi della pecora indisciplinata
bevendone il latte e utilizzandone la lana.”
I due contendenti si guardarono in silenzio.
Salomone aggiunse: “Se l’uva e la vigna torneranno al proprietario nel
loro stato iniziale, allora il vicino potrà riprendersi la sua pecora, e sarà tenuto
a sorvegliarla perché non entri più nella vigna.”
David intervenne rivolgendosi a suo figlio: “Sei veramente Salomone il
Saggio.” Sua madre aggiunse: “Salomone il Giusto.”
Così ebbe fine il conflitto. Tutti ne parlarono, al punto che la casa di
Salomone fu invasa da gente che chiedeva il suo giudizio su questa o
quell’altra cosa. La sua fama di saggio fece il giro della città. Alla sua età, era
più che sorprendente. Lui stesso era stupito da ciò che gli stava capitando e la
sera, prima di addormentarsi, si chiedeva da dove provenisse questo spirito di
giustizia e di saggezza. Non aveva vissuto abbastanza per attribuirlo
all’esperienza e alle prove della vita. Considerò che fosse un dono di Dio e
che dovesse accettarlo senza farsi troppe domande.
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