Rapita Quando ami chi dovresti temere – Raffaella Spano

SINTESI DEL LIBRO:
«Che tempaccio» mormora Brenda mentre mi accompagna alla
porta.
Infatti è buio pesto, tira vento e si sentono dei tuoni sempre più forti.
«Credo che la partita di golf domani salterà con questo tempo» dico
fiera mentre guardo i nuvoloni neri sopra di me e Brenda ridacchia.
«Contenta, eh?»
«Non immagini quanto» sospiro sollevata.
«Non credo che sarà lo stesso per tuo padre. Aveva scommesso col
mio ben trenta casse di champagne» mima il numero tre con le dita,
sventolandomele davanti agli occhi.
«Non è per questo che sono sollevata. Non mi interessano le
scommesse di mio padre...» spingo via la sua mano curata e con
troppi anelli per i miei gusti.
«Ah, verooo» si ricorda immediatamente «È per Walter, giusto?» mi
punzecchia strizzando l'occhio chiaro velato da un ombretto verde
smeraldo.
«Giusto» alzo gli occhi al cielo esasperata.
«Dio, quel ragazzo è davvero stressante» ride.
«Non per mio padre. Vuole combinarmi con lui... Ti immagini un pel
di carota cicciotto come marito?» la mia espressione è inorridita.
«Assolutamente no! Non vorrei avere gli incubi!» para avanti le mani
facendo un'espressione peggio della mia.
«Ecco. Ti lascio immaginare gli incubi che vengono a me ogni volta
che devo sorbirmi le cene con la mia famiglia a casa sua... L'ultima
volta aveva una caccola che gli spuntava dal naso e la madre lo pulì
col fazzoletto manco fosse un bambino di tre anni» ridiamo di gusto,
ma ricordo ancora la sensazione di vomito che ebbi.
«Basta, ti prego. Abbiamo appena finito di mangiare» si tocca lo
stomaco fingendo un conato.
«Okay. Meglio non ricordare» scuoto la testa eliminandomi dalla
mente un'altra serie di stomachevoli scene legate a Walter e al suo
essere poco elegante.
Ma i ricordi di come si lecca le dita dopo aver mangiato le alette di
pollo, oppure il mutandone di cotone bianco che fuoriesce dai suoi
pantaloni da golf color cachi e decisamente troppo stretti, lottano per
annebbiarmi il cervello e minacciano addirittura di far salire la pizza
tutta intera su per il mio esofago.
«Ricordiamoci di Andrew, piuttosto» mi sgomita lanciandomi
un'occhiata lasciva.
Andrew, Andrew Baker... be’! Cosa dobbiamo ricordarci? Che è il
bocconcino più figo e ambito dell'alta società? Nonché mio ex
fidanzato e ragazzo con il quale tutt'ora ho qualche scappatella?
«Ci siamo visti ieri sera» so bene che i miei occhi hanno assunto la
banale e stupida forma di un cuore.
«E allora?» Chiede curiosa.
«E allora niente. Ci vediamo di nascosto. Lo sai che mio padre non
vuole e che ha fatto di tutto per farci lasciare...»
«Sì, lo so. Ma lui? Non ti dice di voler ritornare insieme e riparare
con tuo padre? Insomma, eravate così affiatati...»
«Certo che me lo chiede, ma è meglio lasciare le cose così per il
momento. Sai com'è mio padre: vede Andrew come un patetico
ragazzo viziato e indisponente che non mi merita neanche
lontanamente. Non ha tutti i torti se vogliamo essere oneste»
«Sì. È viziato e c'è suo padre sempre pronto a riparare i casini che
combina... Ma se vogliamo essere oneste è un figo assurdo, alla
moda, con lo yacht e una serie di auto di lusso...»
«Anche io ho tutte queste cose. Quindi non è che mi entusiasmino
parecchio» interrompo il suo discorso con tanto di bava alla bocca
mentre pensa alla serie di comfort extra lusso che possiede Andrew.
«E Walter? Cioè, voglio dire: sta allo stesso livello di Andrew. Perché
combinarti con quel carotino?» Aggiunge poi pensierosa con un dito
sul mento.
Alzo le spalle «Forse perché non è sfacciato e insolente. Non
combina guai. Non è uno spendaccione che sperpera denaro in
festini, auto, alcol e droga...»
«Insomma, l'opposto di Andrew»
«Esattamente. Mio padre trova tante qualità in Walter, e non ha
torto. Il ragazzo deve solo controllare un po' di più il suo rapporto
con la madre impicciona e rendersi un po' più autonomo»
«Già! Soprattutto imparare a sapersi soffiare il naso da solo»
conclude il discorso al posto mio facendomi scoppiare a ridere. Poi
mi blocco all'istante mentre uno strano pensiero prende forma nella
mia testa.
«Brenda...» la guardo pensierosa «E se decidessi di stare con un
ragazzo che non c'entra nulla col nostro mondo?» azzardo
pensando per l'ennesima volta a quel ragazzo sconosciuto che, circa
un anno fa, mi afferrò mentre stavo per cadere fuori da un negozio.
Era così diverso dalla gente che conosco. Direi per lo più un
ragazzaccio, stando a giudicare quel suo odore così pericoloso e
virile, e il calore della sua mano tatuata che si strinse intorno al mio
braccio.
Ho ancora impressa nella mente la forma di quel tatuaggio alato.
«Che vuoi dire?» risponde Brenda, incuneando un sopracciglio
perfettamente curato.
Alzo le spalle pensando alle parole giuste da dire a questa mia
strana ipotesi «Be’, un tipo umile. Che ama me e non il conto in
banca della mia famiglia» la guardo scrutando la sua reazione. E
infatti sgrana gli occhi turbata.
«Ti direi che sei completamente rincoglionita! Credi ancora
nell'amore vero dopo aver saputo che il matrimonio stesso dei nostri
genitori è stato combinato solamente per incrementare gli affari?»
Le sue parole mi spiazzano «Forse hai ragione»
«La gente di questo posto ucciderebbe per essere come noi e per
appropriarsi di tutto quello che abbiamo. L'amore nel ventunesimo
secolo è scritto solamente nei libri»
«Ma è bello crederci» difendo comunque il mio fantasioso pensiero,
anche se non mi va assolutamente di raccontarle quel vecchio
episodio e le mie assurde sensazioni provate verso uno sconosciuto
tramite un gesto gentile e il profumo diverso dal solito.
«Non nel nostro ambiente. Un poveraccio si approfitterebbe di una
come noi... Per non parlare poi dei nostri padri che non ce lo
permetterebbero mai» aggiunge facendomi riflettere bene se
continuare o no a credere in un pensiero letteralmente infondato.
Ma un tuono ci ridesta e mi fa ricordare che è ora di tornare a casa
«Ti aspetto domani a casa mia... Ci saranno anche le altre ragazze
per discutere della vacanza a Dubai» dico cambiando
definitivamente discorso.
«Sì, Dubai! Non vedo l'ora. A domani, Eleanor»
Ci baciamo sulle guance ed esco da casa sua sentendo il
cellulare che squilla nella mia borsa.
Rispondo frettolosamente non appena leggo che si tratta di una
chiamata di mio padre.
Lo avviso che sto per tornare a casa e che sono appena andata
via da casa di Brenda, la quale mi ha offerto una pizza e abbiamo un
po' chiacchierato.
Mi fa centomila raccomandazioni sulle condizioni del tempo e di
guidare piano fino a casa. Le ascolto tutte senza fare obiezioni,
annuendo come solo una figlia modello può fare e alla fine gli
rispondo che sarò prudente e che può stare tranquillo.
Io e mio padre abbiamo sempre avuto un bel rapporto. Sono la sua
unica figlia e cerca di darmi sempre il meglio.
Tranne per quest'ultimo periodo, a dire il vero. Ho deciso di lasciare
l'università e lui non l'ha presa molto bene, quindi ce l'ha un po' con
me dato che non condivide affatto questa mia decisione. E ce l'ha
anche un po' con mia madre, ora che ci penso. Sembrano molto
distanti e c'è dell'astio ogni volta che si parlano.
Entro in macchina e mi tolgo le scarpe col tacco, posandole poi sul
sedile accanto.
A piedi nudi riesco a guidare meglio.
Avvio il motore e mi immetto sulla strada semi deserta.
Le insegne dei negozi si spengono una ad una e non resta che la
luce bianca dei fari della mia auto che illuminano la statale
silenziosa, ma fortunatamente c'è della musica pop che passa in
radio a rallegrare un po' la cupa atmosfera.
Sta cominciando anche a piovere e mi conviene accelerare un
po'. Avvio i tergicristalli per liberare il parabrezza dalle goccioline
d'acqua, ma uno scoppio sotto l'auto mi fa frenare di botto.
«Ma che diavolo è?» Borbotto guardandomi intorno «Oh mio Dio!
Non avrò mica bucato?»
Mi infilo le scarpe allarmata ed esco dall'auto per controllare e
accertarmi che non sia nulla di grave.
Io con i motori sono praticamente impedita. Non conosco un
attrezzo e non so avvitare un bullone, e di aspettare i soccorsi non
se ne parla proprio!
Vedo del fumo fuoriuscire da sotto la ruota anteriore, ma non mi
sembra per niente bucata.
La tasto con il piede e tiro un sospiro di sollievo nel constatare che
è perfettamente gonfia. Decido comunque di abbassarmi facendo
luce col cellulare e noto che si tratta di un petardo appena esploso.
Scuoto la testa rassicurandomi del fatto che la mia auto non ha
nulla che non vada. Evidentemente qualche ragazzino si sta
divertendo a spaventare gli automobilisti.
Mi guardo un attimo intorno, e infatti vedo sul cavalcavia, sopra di
me, due ombre che si muovono. Non riesco a mettere bene a fuoco
dato che c'è poca luce a disposizione, ma preferisco rientrare in auto
e ritornare a casa.
La pioggerella sembra farsi più fitta e il vento è un tantino gelido.
Indosso una giacca leggera di cotone che non mi da per niente
calore. Rabbrividisco e apro la portiera, ma i fari accecanti di un
furgone guidano dritti e veloci verso di me.
Il conducente frena bruscamente davanti alla mia auto, facendo
slittare le ruote sull'asfalto inumidito e facendo girare il furgone di tre
quarti.
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