Napolitudine. Dialoghi sulla vita, la felicità e la smania ‘e turnà – Luciano De Crescenzo

SINTESI DEL LIBRO:
Oddio, non ci posso credere. E chi me lo doveva dire che sarebbe capitata una
cosa simile. Anzi, se proprio devo essere sincero, io a questa gita non ci volevo
proprio venire. Mi sembra ancora di sentirla la professoressa di storia prima di
partire: “Alfonsino, fammi capire, qual è il problema? Non sei contento di venire
a Roma?”.
“Sì che sono contento.”
“Allora perché stai facendo tutte queste storie?”
“A parte il fatto che mi chiamo Alfonsino? Con tutti i nomi che ci sono oggi,
Kevin, Andrea, Mattia, e io proprio Alfonsino mi dovevo chiamare?”
“Smettila di dire sciocchezze. Devo fare l’elenco di tutte le cose che hai
combinato nelle ultime settimane?”
“No prof, non sia mai.”
“Ecco, appunto. Sei sempre stato un bravo ragazzo e mo’, tutto in una volta,
hai deciso di comportarti come uno screanzato! Proprio ora che il ministero ci ha
invitati a Roma per la premiazione. Su, non mettermi nella condizione di doverti
lasciare a casa. Il tuo compagno Pierfederico ha bisogno del sostegno di tutti noi
il giorno della premiazione.”
Pierfederico. IL PROBLEMA.
Già il nome non si può sentire. PIER-FE-DE-RI-CO. Ma quale Federico e
Federico, questo è un nome del Nord, per me è solo Pier.
Ma poi, vi sembra normale? Io a Napoli ci sono nato e cresciuto, e un bel
giorno arriva lui, Pier, milanese al cento per cento come dice lui, e si permette di
vincere il concorso indetto dal ministero dell’Istruzione “Racconta la tua
Napoli”. Cioè, che ne può sapere un milanese di Napoli? Ma poi, il titolo del
concorso era molto chiaro. Non era certo “Racconta la tua Milano”. Fosse stato
così, avrei anche accettato la vittoria di Pier. No, il titolo era “Racconta la TUA
Napoli”, e da quando in qua Napoli è dei milanesi? Napoli è dei napoletani. E io
sono napoletano. Quindi Napoli è mia, e il concorso avrei dovuto vincerlo io!
Mamma mia! Meno male che alla fine la prof non ha deciso di lasciarmi a casa.
Voi non potete capire chi ho appena visto seduto ai tavolini di un bar: A L E S S A
N D R O S I A N I.
Avete capito bene, proprio lui!
Se ne sta lì seduto con un signore con la barba bianca. Chissà, magari è suo
padre. Non posso perdere questa occasione, devo assolutamente fare un selfie
con lui, anche perché, sai come schiattano i miei amici appena vedono la foto su
Instagram?
«Prof, prof, guardate là»
«Cosa è successo, Alfonsino?»
«Niente, prof, guardate là.»
«Ma là dove?»
«Là, fuori a quel bar.»
«Ma quale bar?»
«Mamma mia prof, il bar lì in fondo.»
«Ma come, noi siamo qui, in mezzo alla storia di Roma, circondati dalla
bellezza dei Fori Imperiali, e tu invece di godere di questo panorama unico perdi
il tempo a osservare le persone sedute ai tavolini di un bar? Ma ti rendi conto di
quanto sei fortunato? C’è gente che arriva da tutto il mondo per vedere queste
meraviglie e tu…»
«Sì prof, ho capito, ma io le strade tutte scassate le vedo ogni giorno pure
sotto casa mia. Ma voi avete capito chi è seduto a quel tavolino?»
«Strade scassate? Come sarebbe a dire strade scassate. Ci rinuncio…
Comunque non ho la minima idea di chi è seduto a quel tavolino, da questa
distanza non ci vedo bene.»
«Prof, c’è Alessandro Siani! A LES SAN DRO SIA NI. Ci possiamo avvicinare…
per piacere? Vi prego, vi prego, vi prego!»
«Non mi sembra il caso, Alfonsino. È in compagnia di una persona, magari li
disturbiamo.»
«Secondo me quel signore è suo padre. Dai prof, gli chiedo soltanto di fare
una fotografia.»
«Sì prof» intervengono a quel punto i miei compagni allertati dalla mia
scoperta. «Per piacere, facciamo una foto e andiamo via.»
Tutti, tranne uno.
«Professoressa, per me possiamo pure andar via» interviene Pier. «Io non ho
nemmeno capito di preciso chi sia questo Alessandro Siani.»
«Ovvio che non hai capito» gli dico a quel punto io. «Che ne può capì tu di
Alessandro Siani. Tu sei milanese, al massimo ne puoi capire di panettoni.»
«Non ti permettere, io capisco molte più cose di te» risponde lui.
«Sì vabbè, capisc’ che vvuò tu, a me non me ne importa» ribatto io, e poi
quasi implorando la prof, «per piacere, solo una foto, per piacereeee.»
«Va bene, ma non siate maleducati. Chiedetegli se vuole fare una foto, ma se
dice di no, non fate storie.»
«Ok prof, ma non vi preoccupate, Alessandro di sicuro non fa storie.»
«ALESSÀ, ALESSANDRO» chiamiamo tutti in coro avvicinandoci al tavolino del
bar. «Alessà quant’ si’ bell’, si’ proprio tale e quale.»
«Tale e quale a chi?» mi chiede lui.
«Tale e quale a te, a chi se no!»
Alessandro ride, e anche il signore seduto accanto a lui.
«Alessà, te la fai una foto con noi?»
«Certo» risponde Alessandro e poi, rivolgendosi al signore: «Luciano, tu
permetti un attimo?».
«Fai pure, io ti aspetto qui.»
A quel punto, mentre ci mettiamo in posa per scattare la foto, sento la prof
esclamare: «Ma che piacere, non ci posso credere, Luciano De Crescenzo!».
«Prof, Luciano chi?» chiedo io incuriosito.
«Come Luciano chi? L’ingegner Luciano De Crescenzo!» ribadisce lei con
tono stupito.
«E chi è, prof, un attore pure lui?»
«In effetti ha sia diretto che recitato in alcuni film. Però non è per la sua
carriera di attore che lo conoscono tutti, ma per quella di scrittore.»
«Sarà» ribatto, «ma io non ne ho assolutamente mai sentito parlare.»
«Io ho letto qualche suo libro» interviene a quel punto Pier.
«Ecco qua, e ti pareva che lui non lo conosceva» dico io. «Ma che ne sai tu,
tu non hai riconosciuto nemmeno Alessandro.»
«E solo perché non ho riconosciuto Alessandro non posso conoscere De
Crescenzo? Stai sempre a spararti le pose, come dici tu, e poi non riconosci chi è
napoletano come te» ribatte.
«Invece sei tu che ti spari le pose» dico io «solo per farti bello davanti alla
prof, ma tanto lo stesso ti boccia.»
«Ora basta» interviene lei. «Ma che figura mi fate fare. Se non la smettete ce
ne andiamo subito! Siete venuti qui per chiedere una foto al signor Siani o solo
per fare ammuina?»
«Per la foto» rispondo io mortificato.
«E allora facciamo questa foto e lasciamoli in pace.»
«Non si preoccupi» interviene a quel punto De Crescenzo. «Anzi, se la
professoressa è d’accordo, potete sedervi qui con noi e mangiare un gelato.
Alessandro, tu che ne pensi?»
«Per me va bene il gelato.»
«Ma siete sicuri?» chiede timidamente la prof. «Non vorremmo disturbare.»
«E che sarà mai» risponde il signor De Crescenzo, «giusto il tempo di un
caffè.»
«Sai che ti dico» interviene a quel punto Alessandro, «facciamo un gelato al
caffè, anzi, in onore di Luciano, una bella Coppa del Nonno per tutti.»
La prof sorride. Noi la guardiamo imploranti.
«Prof» dico io, «e quando ci ricapita di mangiare un gelato con Alessandro
Siani.»
«E con Luciano De Crescenzo!» interviene Alessandro.
«Va bene» annuisce la prof, «ma solo il tempo di un gelato e poi andiamo via.
La premiazione del concorso ci aspetta.»
«Quale concorso?» chiede a quel punto l’ingegnere.
«“Racconta la tua Napoli”» interviene subito Pier. «Il ministero ha indetto
questo concorso e io l’ho vinto.»
«Eccolo, ora ricomincia a spararsi le pose» ribatto io.
«Tu sei solo invidioso perché non hai vinto.»
«Invidioso io? Ma poi, di te? Figurati che me ne importa a me. Stevem’
aspettann’ ’o milanese per raccontare Napoli.»
«BASTA» tuona la prof, «ora ce ne andiamo!»
«No prof, ti pregoooo» gridiamo in coro e poi aggiungo: «E ti pareva che il
milanese non faceva fare questioni».
«Hai iniziato tu» risponde lui.
«No, tu» ribatto io
«No, sei stato tu.»
«Ma allora si’ scem’? Sei stato TU.»
«HO DETTO BASTA!» grida la prof.
Ed è a quel punto che De Crescenzo si rivolge a me e Pier: «Su su, non
facciamo arrabbiare la professoressa. Venite qui, sedetevi accanto a me e
Alessandro».
Ci avviciniamo, mentre tutti gli altri compagni si sistemano in cerchio intorno
a noi.
«Piacere, io sono Luciano, tu come ti chiami?»
«Pierfederico.»
«E sei originario di Milano?»
«Sì, milanese al cento per cento» risponde lui.
«E tu invece sei napoletano?» chiede a me.
«Sì, Luciano, napoletano al mille per mille» rispondo orgoglioso.
«Ti ricorda qualcosa?» chiede Luciano rivolgendosi ad Alessandro.
«Qualcosina, sì» risponde sorridendo. «Mi ha ricordato Benvenuti al Sud.»
«E a me Così parlò Bellavista» ribatte Luciano.
«Così cosa?» chiedo io.
«Così parlò Bellavista.»
«E che cos’è?» chiedo curioso.
«In principio era un libro, poi è diventato un film e presto, grazie a un’idea di
Alessandro, sarà anche uno spettacolo teatrale.»
«Aspetta, ora cerco su Google…»
«Perché, con quella specie di telefono riesci anche ad accedere a Google?» mi
sfrocolea Pier.
«Statt’ zitt’ tu, solo perché tieni l’iPhone non è che sei meglio di me. Vedi di
non farti mandare a vafangoogle.» E poi, quasi incredulo: «Guarda qua, quanti
risultati. Ma allora è vero che sei famoso. Ci sono pure un sacco di foto, solo che
dal vivo sembri più vecchio».
«Fammi vedere.»
«E guarda qua.»
«Diciamo che quando mi hanno scattato quelle foto ero più giovane.»
«Alfonsino non essere maleducato» interviene la prof.
«Non fa niente» risponde lui.
«Vabbè, ma se sei così famoso, com’è che non ti riesco a trovare su
Instagram?»
«Alessà» chiede a quel punto Luciano, «ma di preciso a cosa serve questo
Instagram? A quanto pare, tutti lo usano, ma non mi è chiaro il perché.»
«È un social network tutto dedicato ai propri scatti. Trovi anche un’infinità di
fotografie di paesaggi, oppure selfie con paesaggi. I giovani, infatti, quando
vanno in un luogo panoramico si mettono di spalle al paesaggio e impostano il
proprio selfie. E tra il tempo perso a capire se si vede il paesaggio, se si vede il
sole, se si vede il mare, se si vedono le montagne, ti ritrovi che sei andato in un
luogo panoramico e invece del paesaggio l’unica cosa che hai visto è il cellulare,
o la macchina fotografica!»
«Quindi potresti tranquillamente restartene a casa.»
«Esattamente. Per non parlare di quando i ragazzi vogliono far entrare ancora
più panorama nelle foto e allora ricorrono alla famigerata “asta per selfie”. Una
volta ho assistito a una scena: due fidanzatini che si scattavano una foto con
l’asta.
«“Amó, ma questa la mettiamo nella stanza da letto o nella stanza da pranzo?”
«“La mettiamo nella stanza d’ ’o mariuolo perché il telefono stava così
lontano che se l’hanno pigliato!”»
«Ah ah ah… Alessà mi fai troppo ridere» intervengo io e aggiungo:
«Luciano, ma allora Instagram non ce l’hai?»
«Nossignore! È grave?»
«Ma com’è possibile, tu sei uno scrittore e non hai nemmeno un profilo
Instagram?»
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