Nodo di sangue – Laurell K. Hamilton

SINTESI DEL LIBRO:
Da vivo, Willie McCoy era stato un balordo, e la morte non lo aveva
cambiato. Seduto sulla sedia di fronte a me, indossava una sgargiante giacca
sportiva a scacchi e un paio di calzoni in poliestere verde squillante. I capelli
neri, corti e lisciati all'indietro, evidenziavano il volto magro e triangolare. Lo
avevo sempre associato ai caratteristi dei film di gangster, quei delinquenti di
mezza tacca che vendono informazioni, sbrigano qualche faccenda e che sono
tranquillamente sacrificabili.
Naturalmente, da quand'era diventato un vampiro, Willie non era più
sacrificabile, tuttavia continuava a vendere informazioni e a sbrigare
faccende. La morte, in effetti, non lo aveva cambiato granché. Comunque
evitavo di guardarlo negli occhi: una precauzione di routine, quando si tratta
coi vampiri. Benché fosse sempre e comunque un verme, Willie era diventato
un verme non-morto: apparteneva insomma a una categoria per me alquanto
nuova.
Eravamo seduti nel silenzio tranquillo del mio ufficio, con l'aria
condizionata che ronzava. Il mio capo, Bert, aveva fatto dipingere le pareti
d'azzurro perché, secondo lui, aveva un effetto rilassante. Invece raggelavano
l'ambiente.
«Ti spiace se fumo?» chiese Willie.
«Sì, mi spiace.»
«Dannazione... Vuoi proprio metterla giù dura, eh?»
Lo scrutai per un attimo negli occhi, che erano rimasti marroni, ma, non
appena lui se ne accorse, abbassai lo sguardo alla scrivania.
«Cristo! Questo sì, che mi piace!» confessò Willie, con la sua tipica risata
roca e ansimante. Neppure quella era cambiata. «Hai paura di me!»
«Nient'affatto. Sono soltanto prudente.»
«Non sei mica obbligata ad ammetterlo... Però riesco a fiutare la tua paura:
è quasi come se mi sfiorasse il viso o il cervello. Hai paura di me perché sono
un vampiro...»
Mi strinsi nelle spalle. Come avrei potuto ribattere? Come si può mentire a
chi è in grado di fiutare la paura? «Perché sei qui, Willie?»
«Cristo...» Un angolo della sua bocca guizzò. «Ho una gran voglia di
fumare...»
«Non credevo che i vampiri avessero tic nervosi...»
Willie sollevò una mano sin quasi a sfiorare la bocca, quindi sorrise: un
balenio di zanne. «Certe cose non cambiano!»
Avrei voluto chiedergli: Che cosa cambia, allora? Come ci si sente a
essere morti? E invece non gli domandai nulla. Willie suscitava in me una
sensazione strana perché, sebbene conoscessi altri vampiri, lui era l'unico che
avessi conosciuto anche prima della morte. «Allora, che vuoi?»
«Ehi! Sono qui per farti guadagnare un po' di soldi: per diventare tuo
cliente.»
Alzai di nuovo lo sguardo, badando a evitare i suoi occhi. Il suo
fermacravatta rifletteva le luci sovrastanti: era d'oro autentico. Willie non
aveva mai posseduto nulla del genere prima di allora. A quanto pareva, da
defunto se la stava cavando molto meglio che da vivo. «Io resuscito i morti
per vivere», replicai. «E non è una battuta. Ma perché mai un vampiro può
volere uno zombie?»
Con due rapidi scatti, Willie scosse la testa. «No, niente vudù. Voglio
assumerti per indagare su alcuni omicidi.»
«Non sono un'investigatrice privata.»
«Però ce n'è una che lavora qui...»
Annuii. «Ti converrebbe assumere direttamente Ms. Sims, allora. Per
questo, non occorre che ti rivolga prima a me.»
Di nuovo, Willie scosse convulsamente la testa. «Ma lei non conosce i
vampiri come li conosci tu!»
Sospirai. «Possiamo stringere, Willie? Devo uscire...» Lanciai un'occhiata
all'orologio a muro. «Fra un quarto d'ora... Non mi piace lasciare i clienti soli
ad aspettare nei cimiteri: tendono a diventare nervosi.»
Willie rise, e la sua risata roca mi parve confortante, nonostante le zanne:
ai vampiri si addice piuttosto un tipo di risata profonda e melodiosa. «Ci
scommetto! Sicuro!» esclamò. Poi, d'improvviso, come se una mano gli
avesse cancellato il sorriso dalla faccia, Willie ridiventò impassibile.
Uno spasmo di paura mi strinse la bocca dello stomaco. Se, come tutti i
vampiri, era capace di mutamenti così subitanei, neanche fosse azionato da
un interruttore, di cos'altro poteva mai essere capace, Willie?
«Sai dei vampiri massacrati al Distretto?»
La frase era stata pronunciata in tono interrogativo, dunque risposi: «Sì».
In effetti, sapevo che quattro non-morti erano stati liquidati nel quartiere
riservato ai club di vampiri: a ognuno di loro era stato strappato il cuore ed
era stata tagliata la testa.
«Lavori sempre per la polizia?»
«Collaboro con la nuova squadra investigativa.»
Willie rise di nuovo. «Già... La Spook Squad, la 'squadra demoni': scarsi
mezzi e personale all'osso...»
«Come quasi tutte le forze di polizia in questa città.»
«Può darsi... Comunque, nonostante le nuove leggi, i poliziotti sono tutti
come te, Anita: non ve ne frega niente se un vampiro viene ammazzato.»
Erano trascorsi soltanto due anni dalla sentenza relativa alla causa
«Addison contro Clark», una sentenza che aveva fornito alla società una
versione riveduta e corretta di ciò che era la vita e di ciò che non era la morte.
Ormai il vampirismo era legale nei cari, vecchi Stati Uniti d'America. Il
nostro era uno dei pochi Paesi a riconoscere diritti ai vampiri, e
l'immigrazione faticava maledettamente a impedire che i succhiasangue
stranieri attraversassero le nostre frontiere a... be'... a branchi.
Intanto, nei tribunali si discuteva per trovare risposte a interrogativi di ogni
genere. I familiari erano forse tenuti a restituire ai parenti non-morti ciò che
avevano ereditato? Bisognava considerare vedovo colui che era sposato a una
donna divenuta vampira? L'annientamento di un vampiro doveva essere
considerato alla stregua di un omicidio? Si era persino costituito un
movimento che si batteva per la concessione del diritto di voto ai redivivi. I
tempi stavano davvero cambiando...
Fissando il vampiro che avevo di fronte, scrollai le spalle. Chi se ne frega
se un vampiro viene annientato... Davvero la penso così? mi chiesi. Forse...
Poi risposi: «Se credi che io la pensi così, perché ti sei rivolto a me?»
«Perché nel tuo campo sei la migliore. E noi vogliamo la migliore.»
Aveva detto noi. «Per chi lavori, Willie?»
Lui sorrise: un sorriso reticente e nel contempo amichevole, come se
sapesse qualcosa che anch'io avrei dovuto sapere. «Di questo non
preoccuparti», replicò, evasivo. «Il compenso è ottimo, e noi vogliamo che su
questi omicidi indaghi qualcuno che conosce il mondo di quelli che vivono di
notte.»
«Ho visto i cadaveri, Willie, e ho già detto alla polizia come la vedo.»
«Ebbene, qual è la tua opinione?» Willie si curvò in avanti, posando sulla
scrivania le piccole mani aperte: aveva unghie pallide, quasi bianche,
esangui.
«Ho già consegnato un rapporto completo alle autorità», ribadii, sollevando
lo sguardo e rischiando così di fissare il vampiro negli occhi.
«Non vuoi concedermi nemmeno questo, vero?»
«Non posso discutere con te di un'indagine di polizia ancora in corso.»
«Lo avevo detto, agli altri, che 'sta faccenda non ti sarebbe piaciuta...»
«Quale faccenda? Non mi hai ancora spiegato un accidente di niente!»
«Vogliamo che tu conduca un'indagine sugli omicidi dei vampiri, e che tu
scopra chi, o che cosa, li ha commessi. Ti pagheremo il triplo del tuo
compenso usuale.»
Scossi la testa. Quell'offerta spiegava il motivo per cui quell'avido bastardo
di Bert aveva organizzato il colloquio. Il mio capo sa benissimo che detesto i
vampiri, tuttavia il mio contratto mi obbliga almeno a ricevere i clienti che gli
versano un anticipo. Bert farebbe qualsiasi cosa per soldi ed è convinto che
anch'io dovrei avere la medesima inclinazione. Così promisi a me stessa di
fare al più presto una chiacchieratina col mio capo e mi alzai. «Come ho
detto, la polizia sta indagando e io collaboro con lei. In un certo senso,
dunque, sto già lavorando al caso: puoi risparmiare i soldi.»
Fissandomi, Willie rimase seduto, perfettamente immobile. La sua non era
quell'immobilità, del tutto priva di vita, di coloro che sono morti da lungo
tempo, però ne era un'ombra.
Nel sentire la paura che saliva velocelungo la spina dorsale fino a
insinuarsi in gola, mi sforzai di reprimere la smania di sfilare il crocifisso
dalla camicetta e di scacciare quel vampiro dall'ufficio: usare un oggetto
sacro per buttar fuori un cliente mi sembrava, in un certo senso, poco
professionale. Così rimasi immobile anch'io, in attesa.
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