Manuel (volume unico): tra odio e amore/ tra gelosia e follia – Leda Moore

SINTESI DEL LIBRO:
È lunedì mattina, come al solito sono terribilmente in ritardo
e, dopo aver preparato Federico per la scuola, usciamo di casa.
Ha inizio, così, la mia devastante giornata. Lascio mio figlio
al nido e mi reco subito al posto di lavoro, ossia il mio primo posto di
lavoro, perché in verità ne ho ben tre.
Ogni mattina faccio le pulizie presso una ricca signora
anziana, inizio alle nove e smonto alle tredici; alle tredici e trenta
vado a prendere Federico a scuola e insieme a lui mi reco alla
lavanderia, dove lavoro tre ore al giorno, per arrotondare.
Per fortuna, la lavanderia è di una mia amica, che mi
permette di portarmi dietro anche il mio bambino che è un angioletto,
rimane tutto il tempo a disegnare, non disturba e non fa alcun danno.
Torno poi a casa insieme al mio piccolino, lo lavo, lo faccio giocare e
aspetto che arrivi quella santa donna di mia madre alle venti di ogni
sera, di ogni santo giorno della settimana ad eccezione della
domenica, che sono riuscita a essere sempre libera, in modo da
potermi dedicare completamente al mio amore. Alle venti e trenta
attacco il mio turno al locale, che si trova di fronte la mia minuscola
casetta, e stacco all’una di notte.
Mia madre, ovviamente, si ferma a dormire ogni sera a casa
mia, ma puntualmente alle sette del mattino rientra nel suo
appartamento, che si trova a cinque minuti da noi.
Se non ci fosse stata lei ad aiutarmi, non so come avrei
potuto fare a gestire tutto con le mie sole forze.
Ogni giorno faccio questa vita e sarei un’ipocrita se dicessi
che mi piace.
Amo mio figlio più di ogni altra cosa al mondo, ma sono
veramente stanca di lavorare tutto il giorno, per arrivare a
raggiungere la cifra di 1.200 euro al mese, con ben tre lavori. Mia
madre è vedova da quattro anni e percepisce una piccola pensione,
quindi non riesce proprio ad aiutarmi economicamente, ma mi
agevola tantissimo con Federico e io le sono infinitamente grata.
Viviamo a Roma, in periferia, il quartiere non è dei migliori,
ma altrove gli affitti sono troppo alti, quindi mi sono dovuta
accontentare. Abito in un bilocale e sono consapevole che non è il
massimo per un bambino, ma meglio di così non ho potuto trovare.
Da quando Manuel è andato via, quasi tre anni fa, non ho
più avuto nessuna relazione né seria, né occasionale, e questo per
tanti motivi: non avrei materialmente il tempo per frequentare un
uomo e soprattutto non sono mai riuscita a dimenticare Manuel, che
è stato il mio unico amante e l’unico uomo che abbia mai amato.
Bello e incredibilmente sexy, Manuel mi ha fin da subito
stravolto la vita.
Mentirei se dicessi che nessuno mi ha fatto la corte, molti
uomini cercano di avvicinarsi e dovrei sentirmi lusingata visto che
sono una ragazza madre; in realtà, spesso sono infastidita dalle
pressioni che ricevo da loro, ma semplicemente non voglio togliere il
poco tempo libero che ho a disposizione con mio figlio.
Questa è la mia vita: ogni giorno che passa ringrazio Dio che
il mio bambino stia crescendo sano e che riesca a garantirgli il
necessario e, soprattutto, tutto il mio amore.
Federico ha due anni ed è un bambino adorabile: somiglia
tantissimo a Manuel, ha i suoi stessi occhi verde smeraldo e i capelli
neri, ma ha un temperamento più calmo, rispetto a quello del padre.
Ho vissuto con lui due mesi d’intensa passione: ero felice e
innamorata, anche se sapevo che era una storia destinata a finire.
Manuel viveva a New York: mi aveva raccontato di aver
avuto dei contrasti con il padre e per tale motivo aveva deciso di
allontanarsi per un po’, venendo in vacanza in Italia.
Il giorno che scoprii di essere incinta, andai da lui per
comunicarglielo, ma non ne ebbi il tempo. Manuel mi lasciò,
dicendomi che sarebbe rientrato negli Stati Uniti, per sposarsi con
un’altra donna. Il mondo mi crollò addosso e a quel punto non trovai
più il coraggio di dirgli nulla.
Più volte, in questi anni, ho avuto la tentazione di contattarlo,
ma saperlo sposato mi ha impedito di farlo.
La settimana è trascorsa con la solita routine. È giovedì,
sono già esausta e per giunta di cattivo umore. Ieri, al locale, una
delle cameriere non è venuta e sono stata costretta a smontare alle
tre di notte.
Questa mattina, alzarmi alle sei e trenta è stato un incubo.
Nell’ultimo periodo ho perso parecchi chili, per lo stress e per
il poco sonno.
Oggi pomeriggio, sono finalmente a casa con il mio bambino
e spero di potermi rilassare un po’, ma è solo un sogno. Arriva una
chiamata al mio cellulare che sconvolge la mia vita.
«Pronto, parlo con la signorina Gioia Ducato?», mi chiede
una voce sconosciuta.
«Sì, sono io. Mi scusi, ma lei chi è?», replico, incuriosita.
«Sono il dott. Ludovico Ancora e sono l’avvocato
dell’ingegner Manuel Start».
Rimango pietrificata a sentire il suo nome e mi sento
sopraffare dal panico.
Che diavolo può volere da me l’avvocato di Manuel? Sono
terrorizzata e mi tremano le mani.
«Mi scusi, ma io non vedo e non sento il signor Start da
quasi tre anni, a cosa devo questa telefonata?», chiedo, cercando di
mostrarmi calma, per non far percepire il terrore che in verità mi ha
sommersa. Ho sempre pensato, o meglio sperato di non dover mai
più sentir parlare di quell’uomo. Anche se ho sofferto molto per il suo
abbandono, ho sempre trovato la forza di andare avanti per il mio
bambino. Federico non ha mai conosciuto Manuel, per lui è solo un
estraneo.
«Signorina Ducato, avrei bisogno di incontrarla», continua
l’avvocato, «devo parlarle di una cosa molto delicata e non mi
sembra opportuno affrontare il tutto telefonicamente. L’aspetto nel
mio studio in via A. De Gasperi trentatré, alle diciassette di domani
pomeriggio. Per lei va bene?».
«Ci sarò», rispondo dopo un momento di pausa. Chiudo la
telefonata, le mani iniziano a sudarmi e non sento più le gambe.
Sono completamente scioccata e la paura si è impossessata di me.
Cosa può voler Manuel? È qui a Roma? Da quando? Ha
saputo di Federico? E se volesse portamelo via?
È un uomo pericoloso: sa essere molto convincente e poi, da
quello che ho capito, appartiene a una delle famiglie più potenti di
New York.
Non so di preciso di cosa si occupasse il padre, ma so che,
quando ci frequentavamo, Manuel non badava mai a spese. Mi
portava sempre nei migliori ristoranti e alloggiava in una suite da
sogno.
La prima volta che lo incontrai, ero in un locale con alcune
mie amiche e, quando lo vidi ballare, con una bottiglia di birra in
mano, rimasi esterrefatta dalla sua bellezza, e non ero la sola. Anzi,
posso dire con estrema certezza che tutte le ragazze presenti si
trovavano nella mia medesima situazione, ovvero con la schiuma
alla bocca.
Ambra, la mia collega di università, mi trascinò in pista e si
mise a ballare vicino a lui e io, fortemente imbarazzata, rimasi a
guardarla per qualche minuto, senza riuscire a muovermi.
Manuel iniziò a guardarmi, o meglio ad analizzarmi, dalla
testa fino ai piedi, in maniera decisamente sfacciata. Con l’aria da
arrogante e la faccia da stronzo, mi prese la mano e iniziò a farmi
ballare con lui.
In maniera provocante, strofinava la patta contro il mio
sedere e con le mani mi premeva l’inguine per farmi sentire la sua
erezione. Volevo morire per la vergogna ma non riuscivo a fermarlo.
Appena mi resi conto che tutti, e dico tutti, ci stavano
guardando, lo spinsi lontano e mi allontanai di corsa verso l’uscita.
Lui cosa fece? Niente.
Il giorno dopo me lo ritrovai davanti all’entrata dell’Università
di Economia. Ero al secondo anno ed ero una studentessa modello:
esami dati in regola, e voti sempre alti.
Quel giorno, quando lo vidi, capii una cosa: quell’uomo, per
me, sarebbe stato solo fonte di guai. E fu vero, perché dopo due
mesi mi ritrovai incinta e con il cuore spezzato.
Il mio unico desidero era: NON VOGLIO RIVEDERLO MAI
PIÙ!
È venerdì. Nonostante fuori piova e faccia più freddo, sono
sudata per la forte tensione che provo sapendo che dovrò affrontare
l’incontro con l’avvocato Ancora.
Toccatemi tutto ma non Federico. Lui è la mia vita, il mio
scopo e il mio unico grande amore.
Ho lasciato il bambino da mia madre e mi sono preparata
accuratamente per questo incontro, indossando un tailleur giacca e
pantalone e truccandomi più del solito. Infine, ho calzato delle
scarpe con i tacchi e sono uscita di casa con largo anticipo.
Arrivo in via A. De Gasperi qualche minuto prima
dell’appuntamento e sento che la paura si fa sempre più forte. Lo
vedrò? Ci sarà anche lui?
Spero di no, perché non potrei reggere un confronto con
Manuel.
Aspetto che si faccia l’ora esatta e mi decido a suonare il
citofono.
«Sono la signorina Ducato. Ho un appuntamento con
l’avvocato Ancora.»
«Salga, secondo piano. L’avvocato la sta aspettando», mi
dice una donna con la voce giovanile.
Cavolo! Dio, aiutami tu, perché io non so se troverò la forza
per affrontare questo incontro.
Quando giungo al secondo piano, mi trovo davanti una
ragazza, intuisco che è la segretaria. Senza farmi attendere, mi
invita ad accomodarmi nell’ufficio dell’avvocato.
Il dott. Ancora è in piedi, davanti alla scrivania e, come un
perfetto gentiluomo, mi fa sedere in una delle poltrone.
«Signorina Ducato, si starà chiedendo come mai il mio
cliente ha chiesto di contattarla». L’avvocato mi sorride, ma io non
ricambio perché in questo momento l’ansia mi sta devastando.
«Decisamente sì», rispondo, cercando di tenere un tono
calmo anche se un forte mal di pancia mi sta facendo impazzire.
Purtroppo lo stress e queste situazioni mi provocano sempre questo
tipo malessere. Mi si contrae tutto lo stomaco e mi vengono delle
forti coliche.
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