La sparizione – Saul Bellow 

SINTESI DEL LIBRO:

Clara Velde, per cominciare con quello che si notava maggiormente in
lei, aveva capelli biondi e corti, tagliati alla moda, su una testa di grandezza
inconsueta. In una persona priva di carattere una testa di tali proporzioni
sarebbe potuta sembrare una deformità; in Clara, dotata di tanta forza
interiore, risultava di una rude bellezza. Aveva bisogno di una testa così: un
cervello come il suo richiedeva spazio. Aveva ossa grandi, e spalle non
larghe ma alte. Gli occhi azzurri, eccezionalmente grandi, diventavano
sporgenti quando rifletteva. Il naso era piccolo - ancestralmente, un naso del
Mare del Nord. Aveva una bellissima bocca che si allargava però
eccessivamente quando sorrideva, quando piangeva. La fronte era possente.
Giunta alla soglia della mezza età, le rughe del suo fascino innato si erano
approfondite; ormai erano lì per restare. Sì, ogni cosa era notevole in lei,
non solo le proporzioni e la forma della testa. Da molto tempo doveva aver
deciso che per quelle come lei non poteva esserci dissimulazione; non era il
caso di sprecare energia nei travestimenti. Eccola quindi com'era, una donna
americana pelle e ossa. Aveva gambe bellissime - chissà cosa si sarebbe
visto, se le pi oniere avessero portato sottane più corte. Si vestiva nei negozi
migliori e si intendeva di cosmetici; ma non aveva mai perso l'aria di
campagna. Veniva da una zona rurale, su questo non potevano esserci
dubbi. La sua gente? Contadini dell'Indiana e dell'Illinois e uomini d'affari
di provincia, moltoreligiosi. Clara era stata tirata su con la Bibbia: preghiere
alla prima colazione, ringraziamenti a ogni pasto, salmi mandati a memoria,
i Vangeli, capitolo e versetto - la religione di una volta. Suo padre
possedeva alcuni piccoli empori nell'Indiana meridionale. I figli furono
mandati in buone scuole. Clara aveva studiato il greco a Bloomington e la
letteratura elisabettiana e giacobiana a Wellesley. Una delusione d'amore a
Cambridge la spinse a tentare il suicidio. La famiglia decise di non
riportarla nell'Indiana. Quando minacciò di inghiottire altre pastiglie di
sonnifer o, le consentirono di andare alla Columbia University, e visse a
New York sotto stretta sorveglianza - un regime di vita organizzato dai suoi
genitori. Il che non le impedì di trovare il modo di fare tutti i suoi comodi.
Temeva il fuoco dell'inferno, ma non si trattenne lo stesso.
Dopo un anno alla Columbia andò alla Reuters, quind i insegnò in una
scuola privata, e in seguito lavorò come inviato dall'America per giornali
inglesi e australiani. A quarant'anni aveva costituito una sua società -
un'agenzia giornalistica specializzata in moda femminile - che in seguito
vendette a un gruppo editoriale internazionale restandone tra i dirigenti. In
consiglio di amministrazione era per alcuni una 'fedelissima, per altri la
'zarina delle giornaliste della moda. A quel punto era anche la madre
premurosa di tre bambinette. Con la prima c'erano stati problemi in fase di
concepimento (la cosa era stata resa possibile grazie all'aiuto di uno staff di
ginecologi.) Il padre delle bimbe era il suo quarto marito.
Tre dei quattro non erano stati altro che questo - uomini che rientravano
nella categoria dei mariti. Solo uno, il terzo, era stato qualcosa di simile a
un marito vero. Si trattava di Spontini, il magnate del petrolio, intimo
amico del miliardario di sinistra e terrorista Giangiacomo F., che saltò in
aria negli anni Settanta. (Ci fu qualcuno in Italia che affermò
prevedibilmente che l'esplosione era stata predisposta dal potere politico.)
Mike Spontini non si occupava di politica, ma d'altro canto non era nato
ricco come Giangiacomo, il cui modello era stato Fidel Castro. Spontini si
era fatto da sé. Il suo aspetto, le sue case di città, i suoi castelli e i suoi
yachts lo avrebbero reso adatto a una parte nella "Dolce Vita". Frotte di
donne gli davano la caccia. Clara aveva vinto la lotta per sposarlo ma perso
quella per conservarlo. Da ultimo, rendendosi conto che egli si stava
sbarazzando di lei, non si oppose a quest'uomo difficile, dispotico, e
nell'accordo rinunciò a ogni diritto di proprietà - in realtà si trattò di un
non-accordo. Lui si riprese i fantastici regali che le aveva fatto, fino
all'ultimo braccialetto. Non appena sancito il divorzio, Mike fu messo fuori
combattimento da due colpi apoplettici. Ora era semiparalizzato e incapace
di formare le parole. Una versione italiana di Sarah Gamp (1) si occupava
di lui a Venezia, dove Clara lo andava a trovare ogni tanto. Il suo ex marito
le indirizzava un grugnito animalesco, un'occhiataccia furiosa, e quindi
riassumeva la propria espressione inebetita. Preferiva essere un ebete sul
Canal Grande che un marito sulla Fifth Avenue. Gli altri mariti - uno,
sposato in chiesa con abito bianco, gli altri alla svelta, in Municipio -
erano...be, per dirla con chiarezza, mariti-gesto. Velde era grande e bello,
indolente, di un'inettitudine arrogante. In media non restava nella stessa
azienda per più di sei mesi. A quel punto chiunque lavorasse con lui lo
avrebbe volentieri ucciso.
A mo di giustificazione per questo trovare e perdere i posti di lavoro,
diceva che il suo vero talento si esprimeva nelle strategie delle campagne
elettorali. Le elezioni portavano a galla il suo lato migliore: attirare
l'attenzione dei media sul suo candidato, che tuttavia mai e poi mai vinceva
le primarie. E poi non gli piaceva stare lontano da casa, e le elezioni sono
uno spettacolo itinerante. «Tanto caro» esordiva uno dei rapporti di Clara a
beneficio di Laura Wong, la disegnatrice di moda cinoamericana che era la
sua confidente. «Padre affettuoso finché le bambine non gli danno noia.
Quello che Wilder fa soprattutto è starsene a leggere dei tascabili... gialli,
fantascienza e biografie pop. Credo che abbia la sensazione che tutto andrà
bene fin quando se ne starà lì seduto sui suoi cuscini. Per lui l'inerzia
equivale alla stabilità. Nel frattempo io mando avanti la casa da sola -
mutuo, manutenzione, cameriere, ragazze alla pari dalla Francia o dalla
Scandinavia; l'ultima, dall'Austria. Faccio progetti per le bambine, mi
occupo della scuola, del dentista e del pediatra, e poi dei compagni di
gioco, delle uscite, dei test psicologici, dei vestiti delle bambole, di
ritagliare e incollare i biglietti di San Valentino. Che altro...? Di tirargli
fuori i crucci segreti, di appianare le loro liti, di incoraggiarle dal punto di
vista intellettuale, di asciugargli le lacrime. Di volergli bene. Wilder se ne
sta lì a leggere P. D. James o chiunque sia, fin quando non mi viene voglia
di strappargli di mano il libro e buttarlo dalla finestra.»
Una domenica pomeriggio fece esattamente questo... prima aprì la
finestra, e poi mandò il suo tascabile a planare a volo radente su Park
Avenue. «E' rimasto sorpreso?» chiese Ms Wong.
«Niente affatto. Capisce quanto è irritante. Quello che non mi concede è
di avere ragione di irritarmi. Non è forse "lì"? Che altro voglio? In tutta
questa turbolenza, lui è la zona di calma. E dopo tutte le traversie e le
infelicità che ho inco ntrato nel gioco dell'amore - e delle quali è
pienamente al corrente - lui è la soluzione. Una donna sexy che non
trovava dove collocare i propri bisogni emotivi, e che attirava uomini
brillanti incapaci di fare quello che lei voleva.» «E lui lo fa?»
«Lui è l'arrogante monarca assoluto, e per nessun'altra ragione all'infuori
delle sue prestazioni sessuali. E' la sua forza di stallone a dargli tanta
fiducia. Non che sia il tipo da formulare un ragionamento del genere.
Questo devo farlo io. Una donna sexy si può anche illudere sulle
soddisfazioni di una vita intellettuale. Ma quello che sistema veramente
tutto, secondo lui, è la potenza virile. Il momento in cui arriva più vicino a
formulare questa teoria è quando dice che ho sprecato il tempo con delle
Jaguar che non si mettevano in moto. Poi per mia fortuna mi sono imbattuta
in una vera Rolls Royce. Però ha sbagliat o macchina» disse, attraversando
la cucina con passo svelto e deciso per togliere il bollitore dal fuoco. Aveva
un'andatura energica, le sue belle gambe un po malferme avanzavano
troppo rapide per i tacchi, che stentavano a seguirle. «Forse sarebbe il caso
di parlare piuttosto di una Lincoln Continental. In ogni modo, nessuna
donna vuole che la propria camera da letto sia un garage, e meno che mai
per ospitare un'automobile noiosa.» Cosa se ne faceva di confidenze del
genere una signora sofisticata come Laura Wong? Lo zigomo alto con
l'occhio cinese incastonato, la lieve sfumatura di pesantezza della piega
epicantica tanto più bianca sopra il nero dell'occhio, e la luce di
quell'occhio, così esotica a vedersi e allo stesso tempo così familiare nel suo
senso riposto... Cosa avrebbe potuto essere più umano del riconoscimento
di questa familiarità? Eppure Laura Wong era per molti versi una signora di
New York, nel suo modo di interpretare le cose. Non si confidava con Clara
quanto Clara si confidava con lei. Ma d'altro canto chi lo faceva, chi
avrebbe potuto vuotare il sacco a tal punto? Quello che gli occhi vividi di
Ms Wong suggerivano, Clara nella sua goffaggine tentava di dirlo con
chiarezza. Di farlo.

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