La mossa della cernia – Valeria Corciolani

SINTESI DEL LIBRO:

Lo scoglio, come un nero iceberg incastonato a venti metri di
profondita, affiora appena tra lo sciabordare leggero dell’alta marea.
La giovane cernia sporge i labbroni fuori dall’anfratto roccioso,
per tornare immediatamente dentro, spaventata da un banco di
pelagici color lapislazzuli che si lasciano trasportare dalla corrente
della Cala dei Morti.
Il grosso dentice che vive sotto il picco dei tre pini le passa
davanti, con lenta e maestosa indifferenza.
La giovane cernia ruota l’occhio grigio pagliuzzato di arancio.
Ora pare tutto tranquillo.
Abbandona il buio rassicurante della tana e scivola silenziosa
verso la fine dell’insenatura. Adora il pizzicore della corrente piu
fredda del mare aperto, dove il fondale si abbassa e sprofonda scuro
e meraviglioso. Laggiu intravede le grosse corvine dalla fronte
rotonda che sbattono indolenti le pinne baluginando la coda gialla.
Le osserva curiosa per qualche secondo, prova a imitare il loro fluido
ancheggiare da odalische, poi con un colpo di reni si spinge su, dove
i raggi rosati dell’alba affettano l’acqua.
L’ora seguente passa rapida tra una nuotata con due ricciole e
un’azzuffata con un piccolo sarago antipatico, poi un rumore rotondo
che si allarga nella massa d’acqua cattura tutta la sua attenzione.
Non l’aveva mai sentito tanto vicino da farle vibrare la pancia. Resta
immobile. Non scappa. Non ha neppure paura, e solo
maledettamente curiosa. Si, si, lo sa che la curiosita non e cosa
buona, porta solo guai. Ma stara attenta. Vuole solo sapere da dove
arriva questo morbido martellare costante.
La coda si muove impercettibile, solo per mantenere la
posizione. Il mento e teso, le pupille fisse. Il rumore ora e fortissimo,
sente le onde sonore attraversarle tutto il corpo fino a disperdersi nel
fondale scuro delle corvine. E divertente, come un crepitante
solletico. Le piace un sacco.
Di colpo il silenzio.
La giovane cernia rolla sulla destra presa da un senso di
vertigine, non si era accorta di contrastare l’azione dell’acqua mossa
dalle vibrazioni.
Contempla per un attimo la lunga forma scura che e giunta con
il suono a incidere la superficie del mare.
Aspetta.
Non succede nulla.
E la cosa comincia a farsi noiosa.
Un guizzo di reni e la cernia fende il blu verso Punta Manara.
Due
Un colpo di retromarcia e il cavalier Rinaldo Merello spegne il
motore.
<<>> Il Cavaliere osserva l’acqua.
<<>>
Felix fa un tirchio cenno di assenso con il suo testone rotondo,
poi con estrema calma inizia a spostare i parabordi verso prua.
Il cavalier Merello stringe gli occhi chiari incastonati nel groviglio
di rughe abbronzate e abbandona lo sguardo, seguendo il pelo
dell’acqua iridescente nella luce del primo sole fino agli scogli dei Tre
Fre’, che affiorano come tre fratelli all’ingresso della Baia del
Silenzio, paradiso brulicante di saraghi, cefali, orate e, poiche siamo
in aprile, pure di spigole. Respira con volutta ingoiando il gustoso
profumo salmastro arricchito dai pini resinosi, esaltato dall’umida
rugiada del mattino, e amabilmente fuso con il grasso aroma d’olio di
lino che protegge il prezioso legno del suo Sangermani.
Il Cavaliere blocca il timone e scende nel pozzetto. Il Colombre
ondeggia elegante nella pigra risacca e lo specchio di poppa riflette
la scritta dorata nel viola indaco del mare. Merello guarda con affetto
la prua imperiosa del suo vecchio sport-fisherman che sfida le mode
di tutte le epoche: un quindici metri d’amore. Sorride al ricordo del
vecchio film di Minelli con la bionda Lucille Ball, ma forse i metri della
roulotte del film erano dodici. Boh. Non importa. Il Colombre e parte
di lui: come un dito, un orecchio, un piede. Potrebbe viverci senza,
ma ne sentirebbe molto la mancanza. Lo ha battezzato cosi in onore
del racconto di Buzzati, divenuto perno, cardine, memento perenne
della sua vita. Lo aveva letto la prima volta nel sessantasette,
quando la grande Pasticceria Merello aveva appena avviato la
produzione a livello industriale. Lui era giovane, ricco e si dibatteva
nella sua vita agiata con la fastidiosa sensazione di perdere
qualcosa. Cosa, precisamente, non sapeva dirlo neppure lui.
Il Colombre gli squarcio l’anima.
Il Cavaliere riconosce di avere una visione tutta sua di Dio e
della fede, ma e certo che quel Dio gli ha aperto le pagine sotto il
naso proprio un attimo prima che lui precipitasse in un baratro da cui
difficilmente sarebbe riemerso. Leggendo il Colombre giuro a se
stesso che non si sarebbe piu nascosto nella comoda ombra della
sua famiglia: era pronto a sbarcare per affrontare l’ignoto, le difficolta
e le gioie che la vita gli riservava.
E cosi e stato.
Ma adesso…
Il Cavaliere sospira.
Poi apre il giubbotto blu e dalla tasca interna del suo soffice pile
grigio perla estrae la sua pipa di schiuma e inizia a riempirla.
Come a un segnale convenuto, anche Felix infila tra le labbra la
prima delle sue tre Gitan giornaliere.
Restano cosi, muti, seduti sulle vasche per il pescato, immobili
come due pellirossa con il viso rivolto al sole e il sottile filo di fumo
che si disperde nel cielo terso d’inizio d’aprile.
In queste albe fatte di mare e silenzi il cavalier Merello ha
concepito le sue idee migliori.
E il tenue sorriso che ora si apre sul cannello della pipa
conferma che anche oggi qualcosa di buono sta prendendo forma.
Tre
Cinque minuti. Solo cinque, giura.
Guia assapora ancora un attimo il calore del letto e si rannicchia
sul fianco. Sente il sonno impregnarle ogni particella, ogni poro, ogni
singolo atomo.
Spalanca gli occhi.
No. Deve alzarsi immediatamente, altrimenti ripiomba in questo
sonno letargico che la avviluppa ogni maledetta primavera che Dio
manda.
Poggia i piedi nudi sul pavimento gelato e resta cosi, nella
speranza che il freddo le risvegli il cervello che, d’acchito, le pare sia
rimasto ancorato al cuscino.
Sbuffa.
A Guia la primavera cade malissimo.
Spalanca le persiane.
Beh, bisogna ammettere che la giornata e davvero splendida:
un profumo quasi estivo impregna l’aria frizzante, le rondini
sfrecciano in alto nel cielo di uno sfacciato blu ceruleo e i passeri
cinguettano bucolici tra i platani del viale. Mah, proprio bucolici,
insomma. Guia socchiude i vetri: e uno schiamazzo infernale.
Le brucia la gola. Stai a vedere che anche quest’anno e passato
indenne tra varie influenze, parainfluenze e stafilococchi invernali,
aspettando di soccombere ai virus quando l’intero mondo creato va
in spiaggia.
Colpa della primavera, le ingoia le difese. Immunitarie e non.
Accosta la porta della stanza di Elia ed Emma che possono
godersi ancora una mezzora abbondante di nanna. Dalla cucina la
schiaffeggia l’eco della tv accesa con il bip-bip del forno a microonde
che Andrea lascia suonare all’infinito: sicuramente lo schermo gli ha
risucchiato la testa e oblia quindi ogni altra forma che transiti o
rumoreggi al di fuori del tubo catodico.

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