La Maschera – Teodora Kostova

SINTESI DEL LIBRO:
Otto mesi dopo
Adam
Adam era furibondo: Fenix Bergman era tornato e Jared, il suo
migliore amico, si comportava come se non avesse fatto nulla di
male.
Due anni prima, Fenix aveva annientato Jared e non si era
limitato a spezzargli il cuore, l’aveva completamente distrutto. I due
vivevano insieme da un anno, quando Fenix aveva ricevuto una
chiamata da Broadway e se n’era andato senza nemmeno un attimo
d’esitazione. Jared era quasi rimasto ucciso da quel gesto, ma
adesso il bastardo era tornato e quell’idiota del suo amico l’aveva
riaccolto a braccia aperte.
«Allora, fammi capire bene,» disse Adam, riuscendo a malapena
a trattenersi dall’alzare la voce, poi aprì la porta dell’ingresso del
Queen Victoria e la tenne aperta per Jared, mentre entravano
insieme nel teatro. «Hai acconsentito ad annunciare al mondo intero
che ciò che ti ha fatto Fenix non ha avuto assolutamente alcun
effetto su di te, e che ora lui è il tuo migliore amico?»
Era una vera e propria cazzata e lui era così arrabbiato che non
riusciva a trattenersi dal gesticolare furiosamente, rischiando di
rovesciare il suo caffè.
«Dubito che il mondo intero legga Entertain Me,» rispose Jared,
continuando a camminare e ignorando completamente la sua
scenata. I jeans gli ricadevano larghi sui fianchi snelli, ma una volta
gli stavano perfettamente e gli fasciavano il culo come una seconda
pelle: da quando Fenix se n’era andato il suo amico non aveva perso
solo del peso, e la scintilla che solitamente gli illuminava lo sguardo,
ma anche la volontà di continuare a combattere per vincere quel
gioco crudele chiamato vita.
«È questo ciò di cui vuoi parlare? La tiratura di Entertain Me?»
gli chiese Adam.
«No davvero, no,» disse Jared, oltrepassando una porta e
lasciando che si richiudesse alle sue spalle.
«Jared!» gridò Adam, seguendolo. «Sul serio, aspettami!»
Quando lo raggiunse, lo afferrò per la spalla e lo costrinse a voltarsi
verso di lui, ma Jared si limitò ad alzare gli occhi al cielo e sbuffare,
frustrato. «Questa è una cazzata, e lo sai anche tu,» tentò ancora di
farlo ragionare.
«Non lo è. È il modo migliore di gestire questa situazione,»
ribatté il suo amico. «So che stai cercando di guardarmi le spalle, ma
va tutto bene. Fenix e io ci siamo visti per prendere un caffè…»
Adam avrebbe voluto scuotere Jared forte, fino a fargli tremare i
denti, cadere gli occhi dalle orbite e farlo tornare a ragionare. Caffè?
Si erano incontrati per bere un maledetto caffè? Stava per far notare
a Jared che si stava comportando da stupido, ma lo sguardo
d’ammonimento negli occhi del suo amico lo fermò dal dire qualsiasi
cosa.
«E abbiamo parlato,» continuò Jared, a cui evidentemente non
interessava per niente la sua opinione. Nulla di nuovo, quindi.
«Siamo a posto, adesso.»
Adam scosse la testa e gli lanciò uno sguardo d’accusa.
«Scusate,» disse qualcuno, interrompendo l’invettiva che stava
componendo dentro la sua testa. Adam si girò nella direzione da cui
proveniva la voce e quello che vide lo sconvolse.
A pochi metri da lui c’era un giovane uomo dall’aria sperduta. I
capelli biondo scuro erano tagliati a caschetto, gli arrivavano appena
sotto la mascella ed erano raccolti dietro le orecchie, facendo
risaltare ancora di più i bellissimi lineamenti. Quando riprese a
parlare, le labbra piene e imbronciate si incurvarono in un sorriso
affascinante.
«Sapete dov’è l’ufficio del costumista? È da mezz’ora che lo
cerco, ma questo posto è un labirinto.»
Quando sorrise, gli brillarono gli occhi. Erano di un intenso color
grigio acciaio, gli stessi incantevoli occhi grigi che ancora
perseguitavano Adam nei suoi sogni.
Quel tizio era la copia sputata di Charlie.
Adam non riuscì a fare altro che spalancare gli occhi con
espressione esterrefatta e fissarlo. I ricordi che aveva tentato così
disperatamente di dimenticare gli si affollarono nella mente: Charlie
che rideva mentre lui gli faceva il solletico; Charlie bloccato sotto di
lui mentre facevano l’amore; Charlie che si mordeva il labbro
inferiore, roseo e morbido, mentre Adam lo osservava accarezzarsi
l’erezione; Charlie che lasciava il letto in cui avevano appena
scopato per l’ultima volta e se ne andava senza guardarsi indietro.
«Charlie?» sussurrò, ma non era nemmeno sicuro di essere
riuscito a produrre un suono udibile.
L’altro uomo aggrottò le sopracciglia e puntò quegli occhi
incredibili su Adam, poi li assottigliò e fece un passo indietro.
«No,» rispose, lanciandogli un’occhiata sospettosa. «Mi chiamo
Penn. Charlie è mio fratello. Dall’espressione della tua faccia, direi
che vi conoscete già.»
Ma. Che. Cazzo.
Adam scosse la testa, desiderando di poter cancellare gli ultimi
cinque minuti e tornare a discutere con Jared. In quel momento, gli
sembrava un’alternativa di gran lunga migliore del dover affrontare il
fatto che Charlie aveva un gemello di cui non gli aveva mai parlato, e
che ora quel gemello era lì davanti a lui.
«Com’è possibile?» mormorò, quasi a se stesso.
«Beh, quando una donna rimane incinta, talvolta dà alla luce due
gemelli identici. Non è un miracolo o roba del genere, succede
piuttosto spesso,» rispose Penn, senza nemmeno una nota di
divertimento nella voce, incrociando le braccia sul petto.
«No,» ribatté duramente Adam, agganciando il suo sguardo e
fissandolo. «Voglio dire, com’è possibile che io sia stato con Charlie
per quasi un anno e che lui non abbia nemmeno accennato al fatto
di avere un fratello gemello?» Ora che lo shock iniziale di quella
scoperta era passato e stava venendo rapidamente sostituito dalla
rabbia, la sua voce si fece più salda e Adam si voltò a guardare
Jared, incredulo, cercando delle risposte che evidentemente il suo
amico non poteva dargli. Jared alzò le spalle e spostò di nuovo la
sua attenzione su Penn.
«Non siamo molto vicini,» rispose lui, abbassando le braccia
lungo i fianchi e offrendo loro un sorriso cortese. «Sentite, mi
piacerebbe molto rimanere qui con voi a chiacchierare su mio
fratello,» continuò, anche se chiaramente non era sincero, «ma devo
essere nell’ufficio del costumista tra dieci minuti. Uno di voi mi può
indicare la direzione giusta, o devo chiedere a qualcun altro?»
Jared si schiarì la gola, ma Adam non riusciva a fare altro che
fissare Penn a bocca aperta, incapace di pensare per via del tornado
che vorticava nella sua mente.
«Se vai da quella parte,» sentì dire il suo amico, «e arrivi alla fine
del corridoio, è la seconda porta a destra.»
«Grazie,» replicò Penn, con quel suo sorriso assurdamente
adorabile. «È stato bello incontrarvi,» aggiunse, guardando Jared,
poi il suo sguardo si spostò su Adam per un lungo istante. «Sono un
vostro grande fan. Per me lavorare in questo posto è un sogno che
si avvera.»
Adam rimase in silenzio, non aveva idea di cosa dire.
«Grazie. Spero che ti piacerà stare qui,» disse Jared,
lanciandogli un’occhiata critica.
«Oh, sono sicuro di sì,» rispose Penn, senza mai distogliere lo
sguardo da Adam. Le guance gli si tinsero di un’attraente tonalità di
rosso e aggiunse: «Grazie ancora.» Poi si incamminò nella direzione
che Jared gli aveva indicato.
Quando il giovane svoltò l’angolo e scomparve, Adam sentì le
prime avvisaglie dell’arrivo di un gigantesco mal di testa, che
cominciava a fargli dolere le tempie. Si passò le mani sul viso e si
lasciò sfuggire un sospiro profondo.
«Cazzo, non posso crederci,» disse, lanciando un’occhiata piena
di disperazione a Jared.
«Nel mio camerino. Subito!» gli ordinò il suo amico, cominciando
a incamminarsi e alzando il mento di scatto per indicargli di seguirlo.
Ad Adam girava ancora la testa per tutto quello che era appena
successo e di certo non era dell’umore giusto per parlarne, ma seguì
comunque Jared, sapendo che non l’avrebbe lasciato in pace così
facilmente.
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