La Città di Pietra – Claudia Melandri

SINTESI DEL LIBRO:
Era notte fonda quando il jet privato, con
a bordo Rebecca, Diana e i sempre più
nervosi Lianne e Boris, toccò il suolo
nepalese. L’assistente di volo, una bellissima trentenne dalla folta capigliatura corvina raccolta in un ordinato chignon, si alzò dal suo
posto dirigendosi verso le due americane, con un sorriso largo da un
orecchio all’altro. Rebecca infilò in fretta le lenti scure, temeva che i
suoi occhi potessero scintillare nel momento meno opportuno, quella
gravidanza sarebbe stata un problema da nascondere.
– Signore, potete slacciare le cinture e prepararvi allo sbarco.
– Con Boris come facciamo? – Chiese Diana mentre
armeggiava con le cinture di sicurezza.
– Non si preoccupi, lo farò scendere io stessa dall’aereo.
– Non credo sia una buona idea. – Protestò Rebecca. – È
diffidente con gli estranei.
– E chi dice che io sia un’estranea? – Replicò l’assistente di
bordo abbassando la voce. D’un tratto gli occhi si fecero più grandi e
il nero annientò ogni traccia di umanità che c’era in essi fino a poco
prima. Rebecca e Diana saltarono sulle poltrone.
– Sei una Gargoyle. – Sussurrò la giornalista. La creatura
sorrise, ma chissà perché a Rebecca gelò il sangue, quel sorriso era
tutt’altro che cordiale.
– Torna al tuo posto. – Ringhiò Lianne. Si era mossa talmente
in fretta che le due amiche rimasero senza fiato quando si mise in
mezzo tra loro e la Gargoyle.
L’assistente di volo indietreggiò a capo chino.
– Non era nelle mie intenzioni spaventare le signore. – Il tono
dispiaciuto non risultò comunque credibile.
– E invece lo hai fatto, sparisci dalla mia vista.
La creatura batté in ritirata.
– Perché non ci hai avvisato che su questo aereo c’erano altri
Gargoyles? – Diana era inviperita, odiava che qualcuno le
nascondesse informazioni importanti.
– Non ne vedevo la necessità e poi è la sola Gargoyle oltre me
qui dentro. Il comandante e il secondo pilota sono umani e all’oscuro
della nostra esistenza, quindi evitate di alzare la voce.
Rebecca le riservò uno sguardo severo. – Non ho attraversato
mezzo mondo per farmi prendere in giro. Da adesso in poi esigo la
massima sincerità da parte tua, altrimenti ti “fanculizzo” all’istante.
Lianne sgranò gli occhi. – Fanculizzo? – Ripeté.
– Sì. – Intervenne Diana. – Voce del verbo fanculizzare:
mandare al diavolo, andare a farsi fottere, aria...
– Okay, okay, ho capito. – La interruppe la guerriera. – D’ora in
poi massima sincerità.
– Grazie. – Rispose Rebecca lasciando vagare un sospiro. –
Adesso scendiamo, non ne posso più di stare chiusa qui dentro.
– Aspetta. – La fermò Lianne. – Fate scendere me per prima.
Devo assicurarmi che fuori ci stia aspettando Belial e non qualche
altro Gargoyle ben poco amichevole.
– Perché? Non percepisci già la sua presenza? – Domandò
Diana.
– Non siamo a NewRock, ogni richiamo potrebbe essere
intercettato dai nemici. Vi ricordo che c’è una guerra in corso. – Un
bip del cellulare di Lianne fece ammutolire le ragazze. – È Belial. –
Annunciò. Rebecca e Diana trattennero il respiro. – È qui. Controllo
l’esterno e vi faccio scendere. – Senza attendere la loro risposta,
lasciò veloce l’aereo.
– Ci siamo Diana, cominciano i giochi. – Disse Rebecca con lo
sguardo fisso sul portellone aperto.
– Che Dio ci aiuti in questa follia.
Le due donne si presero per mano, ognuna con una stretta
disperata sull’altra. Gioia, incertezza, persino un pizzico di paura, si
avvicendavano contribuendo a rinvigorire il loro stato d’animo già
passato alla fase due: ansia persistente.
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