Il cavaliere nero- Bernard Cornwell

SINTESI DEL LIBRO:
Era ottobre, quel periodo dell'anno ormai prossimo al termine in cui le greggi
venivano portate al macello in previsione dell'inverno e i venti che spiravano
da settentrione annunciavano l'arrivo del gelo. Le foglie dei castagni avevano
assunto una tinta dorata, i faggi erano diventati simili a torce fiammeggianti e
le querce sembravano scolpite nel bronzo. Stava già calando l'oscurità
allorché Thomas di Hookton, con la sua donna, Eleanor, e l'amico, padre
Hobbe, giunse alla masseria in cima alla collina e il fattore si rifiutò di
aprirgli la porta, ma gli urlò, attraverso il battente di legno, che i viandanti
potevano dormire nella stalla. La pioggia sferzava la marcescente copertura
di frasche. Thomas portò il loro unico cavallo sotto quel riparo che dovevano
condividere con una catasta di legna da ardere, sei maiali rinchiusi tra le assi
di un rozzo recinto e, in un angolo, una montagnola di penne, segno che una
gallina era stata appena spiumata.
Furono le penne a rammentare a padre Hobbe che quello era il giorno in cui
si celebrava san Gallo, e raccontò a Eleanor come costui, una sera d'inverno,
nel rientrare in casa avesse trovato un orso intento a rubargli la cena. «Il santo
allora ordinò all'animale di smetterla», le disse, «e, dopo avergli fatto una
bella ramanzina, lo obbligò ad andare a prendergli la legna per il fuoco.»
«Ho visto questa scena in un dipinto», ricordò Eleanor. «Non è forse vero che
l'orso divenne il suo servo?»
«Sì, perché Gallo era un sant'uomo», spiegò padre Hobbe. «Gli orsi non
portano la legna a nessuno! Solo a chi è santo.»
«Un sant'uomo che è anche il patrono delle galline», intervenne Thomas.
Lui sapeva tutto sui santi, anche più di padre Hobbe. «Perché mai una gallina
dovrebbe volere un santo protettore?» aggiunse in tono sarcastico.
«San Gallo è il patrono delle galline?» chiese Eleanor, sconcertata dal tono di
Thomas. «Non degli orsi?»
«Delle galline», confermò padre Hobbe. «Anzi, per la verità, di tutto il
pollame.»
«Ma perché?» volle sapere Eleanor.
«Perché un giorno aveva scacciato un demone che possedeva una fanciulla.»
A padre Hobbe, un giovane uomo di origine contadina dal viso largo, con i
capelli che ricordavano i raggi delle pinne di uno spinarello, la figura
massiccia e un carattere vivace, piaceva raccontare storie di santi.
«Un intero drappello di vescovi aveva tentato ogni sorta di esorcismi, ma
erano tutti falliti», proseguì, «quando si fece avanti il benedetto Gallo, che
inveì contro il demone. Gli lanciò una maledizione! E il demone mandò un
urlo di terrore» - padre Hobbe agitò le mani in aria per illustrare il panico
dello spirito maligno - «e sortì dal corpo della fanciulla, lo fece
materialmente, e aveva l'aspetto di una gallina nera, poco più grande di un
pulcino. Un pulcino nero.»
«Non l'ho mai vista raffigurata, questa scena», commentò Eleanor, in un
inglese stentato, poi, guardando al di là della porta della stalla, aggiunse con
un sospiro: «Mi piacerebbe vedere un vero orso che porta legna da ardere».
Thomas si sedette accanto a lei e fissò l'umida oscurità incombente, velata da
una leggera foschia. Non era sicuro che fosse realmente il giorno di San
Gallo, perché durante il viaggio aveva perso la nozione del tempo.
Che fosse già, magari, quello di Sant'Audrey? Era il mese di ottobre, questo
lo sapeva, così come sapeva che erano trascorsi 1346 anni dalla nascita di
Cristo, ma non era sicuro del giorno. Era facile perdere il conto.
Una volta, suo padre aveva recitato di sabato tutte le orazioni domenicali ed
era stato costretto a ripeterle l'indomani. Thomas si fece furtivamente il segno
della croce. Era il figlio bastardo di un prete, il che, a detta di tutti, portava
sfortuna. Rabbrividì. Nell'aria c'era una pesantezza che non aveva nulla a che
fare con il tramonto o con le nuvole gravide di pioggia o con la nebbia. Dio ci
assiste, pensò il ragazzo, eppure quell'imbrunire aveva un che di diabolico e
lui si segnò di nuovo e rivolse una silenziosa preghiera a san Gallo e al suo
orso obbediente. Gli era capitato di vedere, a Londra, un orso che ballava,
con i denti ridotti a putridi mozziconi giallastri e i fianchi bruni coperti di
grumi di sangue per i colpi di pungolo del suo padrone. I cani randagi
avevano ringhiato contro quel bestione, ma si erano ritratti, appiattendosi,
quando l'orso si era girato dalla loro parte.
«Quanto dista ancora Durham?» chiese Eleanor, parlando stavolta in
francese, la sua lingua madre.
«Domani ci dovremmo essere, credo», rispose Thomas, con lo sguardo
ancora fisso a settentrione, dove la pesante oscurità stava velando la pianura.
«Mi ha chiesto quando arriveremo a Durham», spiegò in inglese a padre
Hobbe.
«Domani, se il Signore lo vorrà», disse il prete.
«Domani potrai riposare», promise Thomas, in francese. Eleanor era gravida
e il figlio, a Dio piacendo, sarebbe nato in primavera. Thomas non aveva le
idee chiare a proposito di quella sua prossima paternità. Gli pareva che fosse
un po' troppo presto per mettere la testa a partito, ma Eleanor era felice e lui
amava compiacerla in ogni cosa, perciò le assicurava di essere felice a sua
volta. Di tanto in tanto, nel dirlo era sincero.
«E domani», proseguì padre Hobbe, «otterremo le risposte che cerchiamo.»
«Domani, porremo le domande cui cerchiamo risposta», lo corresse Thomas.
«Dio non permetterà che, dopo aver fatto tanta strada, le nostre aspettative
vengano deluse», ribatté padre Hobbe; poi, per impedire a Thomas di
controbattere, tirò fuori la loro misera cena. «Questo è ciò che resta del
pane», disse, «e dovremo tenere per domattina un po' di formaggio e una
mela.» Fece il segno della croce sul cibo, benedicendolo, poi spezzò in tre
parti la dura pagnotta. «Mangiamo, prima che cali la notte.»
Con l'oscurità venne anche il freddo. Dopo un breve scroscio di pioggia, il
vento cessò. Thomas, che si era sdraiato a dormire nel punto più vicino alla
porta della stalla, si ridestò a un tratto, dopo che il vento si era acquietato, e
vide che nel cielo a settentrione era apparsa una luce.
Si girò, si mise a sedere e dimenticò il freddo, la fame, i piccoli e molesti
fastidi della vita, perché davanti ai suoi occhi era apparso il Graal. Il Santo
Graal, il più prezioso di tutti i lasciti di Cristo agli uomini, smarrito da oltre
mille anni, e lui poteva vederlo splendere in cielo, radioso, vivido come il
sangue, circondato da una raggiera di luce abbagliante, come l'aureola di un
santo, che si spandeva nel firmamento.
Thomas anelava a credere. Voleva che il Graal esistesse veramente. Era
convinto che, se il Graal fosse stato ritrovato, tutto il male del mondo sarebbe
stato risospinto negli abissi più profondi. Era tale il suo desiderio di credere
che in quella notte di ottobre vide il Graal come una grande coppa che ardeva
a nord, e le lacrime che riempirono i suoi occhi resero l'immagine sfumata,
ma non per questo meno visibile, dandogli l'impressione che il sacro calice
emanasse vapore. Al di là, in ranghi che raggiungevano la sommità
dell'empireo, c'erano file di angeli, con le ali infuocate. Tutto il cielo a
settentrione era un tripudio di tinte argentee, dorate e scarlatte, risplendendo
nella notte come un segno rivolto al dubbioso Thomas. «Oh, Signore»,
esclamò il giovane, gettando via la coperta e inginocchiandosi sulla gelida
soglia della stalla, «oh, mio Dio.
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