Democrazia! – George Soros

SINTESI DEL LIBRO:
Il momento storico attuale.
La mia presenza a Davos per dare una panoramica sulla
situazione del mondo è diventata una specie di tradizione annuale.
Stavolta voglio concentrarmi su alcuni problemi che considero
prioritari.
Trovo il momento storico attuale piuttosto doloroso. Le società
aperte sono in crisi e diverse forme di dittature e Stati mafiosi,
esemplificate dalla Russia di Vladimir Putin, sono in ascesa. Negli
Stati Uniti, il presidente Donald Trump vorrebbe instaurare uno Stato
di mafia, ma non può farlo perché la costituzione, le altre istituzioni e
una società civile vivace non glielo consentiranno.
Che ci piaccia o no, le mie fondazioni, gran parte dei nostri
beneficiari e io stesso stiamo combattendo una dura battaglia per
preservare le conquiste democratiche del passato. Un tempo le mie
fondazioni si concentravano sui cosiddetti Paesi in via di sviluppo,
però ora che la società aperta è a rischio anche negli Stati Uniti e in
Europa, oltre la metà del nostro budget viene utilizzato piú vicino a
casa, perché quello che accade qui ha un impatto negativo sul
mondo intero.
Proteggere le conquiste democratiche del passato tuttavia non è
sufficiente; dobbiamo anche salvaguardare i valori della società
aperta perché possano resistere meglio ad attacchi futuri. La società
aperta avrà sempre i suoi nemici e, perché sopravviva, ogni
generazione deve riaffermare il proprio impegno nei suoi confronti.
La migliore difesa è un contrattacco preparato con cura. I nemici
della società aperta si sentono vittoriosi e questo li porta a esagerare
con le loro azioni repressive, generando un risentimento che offre
delle possibilità di resistenza. È quello che sta accadendo oggi in
Paesi come l’Ungheria.
È in gioco la sopravvivenza della nostra civiltà.
Un tempo definivo gli obiettivi delle mie fondazioni «la difesa delle
società aperte dai loro nemici, la responsabilizzazione dei governi e
la promozione di un pensiero critico». La situazione è però
degenerata. È in gioco non solo la sopravvivenza della società
aperta, ma anche quella della nostra intera civiltà. L’ascesa di leader
come Kim Jong-un nella Corea del Nord e Donald Trump negli Stati
Uniti ha molto a che vedere con tutto ciò. Entrambi sembrano
disposti a rischiare un conflitto nucleare pur di mantenere il potere.
La vera ragione va però cercata ancora piú lontano.
L’abilità dell’uomo di sfruttare le forze della natura a scopi
costruttivi ma anche distruttivi continua ad accrescersi, mentre la
nostra capacità di governarci in modo adeguato oscilla, ed è ora in
fase calante.
La minaccia della guerra nucleare è cosí spaventosa che
tendiamo a ignorarla. Però è reale. In verità, rifiutando di accettare
che la Corea del Nord sia diventata una potenza nucleare, gli Stati
Uniti stanno andando nella direzione di un conflitto. Il fatto
rappresenta per la Corea un forte incentivo a sviluppare il proprio
arsenale nella maniera piú rapida possibile, cosa che a sua volta
può indurre gli Stati Uniti a fare valere in via preventiva la superiorità
militare di cui godono per evitare una guerra nucleare; strategia
palesemente contraddittoria.
Vale la pena ribadire che la Corea del Nord è diventata una
potenza nucleare e che non c’è azione militare che possa impedire
quello che è già accaduto. L’unica strategia ragionevole è accettare
la realtà, per quanto spiacevole possa essere, e venire a patti con la
Corea come potenza nucleare. Perciò è necessario che gli Stati Uniti
cooperino con tutte le parti interessate, in primo luogo la Cina.
Pechino detiene gran parte delle leve del potere nei confronti della
Corea del Nord ma è riluttante a sfruttarle. Se la Cina punisse
Pyongyang con troppa severità, il regime potrebbe crollare e la Cina
subirebbe un’invasione di profughi nordcoreani. In piú, Pechino è
restia a fare qualsivoglia favore a Stati Uniti, Corea del Sud o
Giappone, contro i quali nutre una serie di risentimenti. Ottenere una
cooperazione necessiterebbe complesse trattative, ma se si
arrivasse a un’alleanza del genere si potrebbe affrontare la Corea
del Nord con il bastone e con la carota. Il bastone si potrebbe usare
per costringerla a intraprendere negoziati in buona fede, e la carota
per premiarla nel caso in cui si accerti l’avvenuta sospensione dello
sviluppo di armi nucleari. Prima si giunge al cosiddetto accordo del
«doppio congelamento», piú questa politica potrà considerarsi
riuscita. Il successo dell’operazione si può valutare in base al tempo
che impiegherebbe la Corea del Nord a rendere del tutto operativo il
proprio arsenale nucleare. Vorrei richiamare la vostra attenzione su
due resoconti fondamentali appena pubblicati dalla Ong Crisis Group
sulle possibilità di conflitto nucleare in Corea del Nord.
L’altra grande minaccia alla sopravvivenza della nostra civiltà
sono i cambiamenti climatici, che rappresentano anche una causa
crescente di emigrazione forzata. Mi sono già diffusamente dedicato
al problema delle migrazioni altrove, ma devo sottolineare quanto
gravi e difficili da gestire siano certi problemi. Non voglio entrare nel
merito dei cambiamenti climatici perché ciò che si deve fare è ben
noto. Disponiamo delle conoscenze scientifiche; quello che manca è
la volontà politica, in particolare all’interno dell’amministrazione
Trump.
È palese che consideri l’amministrazione Trump un pericolo per il
mondo. Ritengo però che sia un fenomeno solo temporaneo,
destinato a scomparire nel 2020, se non prima. Riconosco al
presidente Trump un’eccezionale capacità di motivare i suoi
sostenitori ma, per ogni sostenitore, si è creato un numero maggiore
di oppositori, altrettanto motivati. Per questo nel 2018 mi aspetto un
trionfo dei democratici.
Il mio obiettivo personale negli Stati Uniti è contribuire a ristabilire
un sistema bipartitico efficiente. Questo richiederà non solo una
vittoria schiacciante nel 2018, ma anche un partito democratico che
punti a una ridistribuzione dei distretti elettorali in modo obiettivo, alla
nomina di giudici qualificati, a un censimento ben organizzato e ad
altre misure necessarie al corretto funzionamento di un sistema
bipartitico.
I pericoli rappresentati dai giganti dei social media.
Voglio impiegare il tempo che resta a mia disposizione per
affrontare un altro problema globale: l’ascesa e il comportamento
monopolistico delle gigantesche piattaforme tecnologiche. Queste
aziende hanno spesso svolto un ruolo innovativo e libertario.
Diventando però monopoli sempre piú potenti, Facebook e Google
sono ormai degli ostacoli all’innovazione e causano una serie di
problemi dei quali cominciamo a renderci conto solo ora.
Tutte le aziende ricavano profitti dallo sfruttamento del proprio
ambiente. Le aziende estrattive e petrolifere sfruttano l’ambiente
fisico; i social media sfruttano l’ambiente sociale. Ciò è
particolarmente deleterio poiché tali società influenzano pensieri e
comportamenti delle persone senza che queste ne siano
consapevoli. Una simile situazione comporta conseguenze negative
di vasta portata sul funzionamento della democrazia, in primo luogo
sullo svolgimento regolare delle elezioni.
Il tratto distintivo delle piattaforme di Internet è che sono delle reti
e godono di rendimenti marginali crescenti che giustificano la loro
crescita fenomenale. L’effetto rete è davvero senza precedenti e
rivoluzionario, ma è anche insostenibile. Facebook ha impiegato otto
anni e mezzo per raggiungere un miliardo di utenti e la metà del
tempo per il miliardo successivo. Di questo passo, in meno di tre
anni avrà esaurito le persone da attrarre.
Facebook e Google controllano di fatto oltre la metà di tutti i
proventi pubblicitari di Internet. Per mantenere il dominio, devono
espandere le reti e incrementare la quota di attenzione da parte
dell’utente. Al momento ciò avviene fornendo agli utenti una comoda
piattaforma. Piú tempo gli utenti trascorrono sulla piattaforma, piú
acquistano valore per le aziende
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo