L’altra metà di Dio- Ginevra Bompiani

SINTESI DEL LIBRO:
E i due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava
seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro
incontro e si prostrò con la faccia a terra. 2 E disse: “Miei signori, venite in
casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi,
domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada”. Quelli risposero:
“No, passeremo la notte sulla piazza”. 3 Ma egli insistette tanto che vennero
da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece
cuocere gli azzimi e così mangiarono. 4 Non si erano ancora coricati,
quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono
intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. 5 Chiamarono
Lot e gli dissero: “Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa
notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!”. 6 Lot uscì verso di
loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé, 7 disse: “No,
fratelli miei, non fate del male! 8 Sentite, io ho due figlie che non hanno
ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi
piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati
all’ombra del mio tetto”. 9 Ma quelli risposero: “Tirati via! Quest’individuo è
venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che
a loro!”. E spingendosi violentemente contro quell’uomo, cioè contro Lot, si
avvicinarono per sfondare la porta. 10 Allora dall’interno quegli uomini
sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero il battente; 11 quanto
agli uomini che erano alla porta della casa, essi li colpirono con un abbaglio
accecante dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la
porta (Genesi, 19).
Gli angeli mandati da Dio1 a distruggere le città arrivano sul far
della sera. Lot è seduto davanti alla porta della città e vedendoli
corre a invitarli a casa sua. Li aspettava? Chi lo ha avvertito del loro
arrivo?
Quel che distingue Lot il “giusto” dagli abitanti di Sodoma è la sua
ospitalità. I Sodomiti non sono ospitali: secondo alcuni, questa e non
la lussuria è la loro colpa. Ma Lot, che è uno straniero, non è
ospitale, è insistente: chiama gli angeli “Signori” e offre alloggio,
lavacro e protezione. Pur di proteggerli cederebbe alla folla le sue
figlie, sebbene siano vergini e promesse. È come quei mercanti che
ti corrono appresso per offrirti le loro spezie. S’indovina qualcosa di
servile e di accorto nel suo sguardo. Non sappiamo l’aspetto degli
angeli, solo che la luce è la loro armatura. E attirano gli uomini come
calamite.
Sembra che uno di loro sia l’arcangelo Gabriele, quello che ha
cacciato la prima coppia dall’eliso, lo stesso che darà a Muhammad
la regola islamica, l’angelo armato, lo sterminatore (ed è anche
quello che spaventa la Vergine Maria annunciandole un figlio). E
forse l’altro è Michele, l’arcangelo armato secondo la tradizione
cristiana.
Pare che dopo l’incendio e la rovina delle città, Gabriele fosse
punito da Dio, non per aver compiuto lo sterminio, ma per il piacere
che provò nel compierlo.
Ibn ‘Abbas ha detto: l’Inviato di Dio disse a Gabriele: Dio ti ha attribuito la
potenza, l’obbedienza [che ottieni dagli altri] e la fedeltà al patto [amàna]:
informami su questo! Rispose: per quanto riguarda la potenza, io ho
sollevato sulle mie ali le città del popolo di Lot dai confini della terra al cielo,
finché gli abitanti del cielo hanno sentito abbaiare i loro cani, e poi le ho
capovolte sopra di loro [cioè il popolo di Lot].2
L’abbaiare dei cani giunge fino agli abitanti del cielo. Dopo Lot,
sono i cani a fiutare la rovina. Gli uomini restano sordi e ciechi finché
la rovina non si abbatte su di loro. Quel momento sospeso nel vuoto
non li distoglie dai loro traffici. Lot, invece, dopo aver accolto in casa
sua gli angeli della distruzione, accetta senza discutere la propria
salvezza e lascia la casa insieme alle sue donne senza voltarsi
indietro. Non prova piacere, non prova orrore. Nemmeno cerca,
come ha fatto suo zio Abramo – quando tre angeli (uno dei quali è il
Signore) gli hanno annunciato la distruzione della città dove vive il
nipote –, di mercanteggiare, di convincerli a salvarla se vi avessero
trovato almeno cinquanta, almeno trenta, almeno venti, e infine
almeno dieci uomini giusti. Ma Abramo, che ha accompagnato i
visitatori fino all’altura affacciata sulla valle destinata allo sterminio,
discuteva direttamente con Dio, o così pare, travestito da angelo.
Lot, che ha due angeli sulla porta di casa, non discute. Va per la sua
strada, preoccupandosi solo che venga risparmiato il borgo dove
pensa di trascorrere la prima notte.
Dietro di lui gli angeli, silenziosi e luminosi, compiono la loro opera:
trasformare fiorenti e corrotte città in grandi, silenziose distese di
sale.
La pulsione distruttiva
Nel luglio del 1932, la Società delle Nazioni chiese ad Albert
Einstein di invitare una persona di suo gradimento a uno scambio di
opinioni su un tema di sua scelta. Einstein invitò Sigmund Freud a
rispondere a questa domanda: “C’è un modo per liberare gli uomini
dalla fatalità della guerra?”.
“Vi è una possibilità di dirigere l’evoluzione psichica degli uomini in
modo che diventino capaci di resistere alle psicosi dell’odio e della
distruzione?” chiede Einstein. “Non penso qui affatto solo alle
cosiddette masse incolte. L’esperienza prova che piuttosto la
cosiddetta ‘intellighenzia’ cede per prima a queste rovinose
suggestioni collettive, poiché l’intellettuale non ha contatto diretto
con la rozza realtà, ma la vive attraverso la sua forma riassuntiva più
facile, quella della pagina stampata.”
Freud gli risponde esponendo il suo pensiero sulla “pulsione
distruttiva”.
“Sembra che il tentativo di sostituire la forza reale con la forza
delle idee sia per il momento votato all’insuccesso. È un errore di
calcolo non considerare il fatto che il diritto originariamente era
violenza bruta e che esso ancor oggi non può fare a meno di
ricorrere alla violenza.”
E ancora:
“Lei si meraviglia che sia tanto facile infiammare gli uomini alla
guerra, e presume che in loro ci sia effettivamente qualcosa, una
pulsione all’odio e alla distruzione, che è pronta ad accogliere
un’istigazione siffatta. Di nuovo non posso far altro che convenire
senza riserve con Lei. Noi crediamo all’esistenza di tale istinto e
negli ultimi anni abbiamo appunto tentato di studiare le sue
manifestazioni [...]. Noi presumiamo che le pulsioni dell’uomo siano
soltanto di due specie, quelle che tendono a conservare e a unire –
da noi chiamate sia erotiche (esattamente nel senso di Eros nel
Convivio di Platone) sia sessuali, estendendo intenzionalmente il
concetto popolare di sessualità –, e quelle che tendono a distruggere
e a uccidere; queste ultime le comprendiamo tutte nella
denominazione di pulsione aggressiva o distruttiva [...]. La difficoltà
di isolare le due specie di pulsioni nelle loro manifestazioni ci ha
impedito per tanto tempo di riconoscerle [...]. Con un po’ di
speculazione ci siamo convinti che [la pulsione distruttiva] opera in
ogni essere vivente e che la sua aspirazione è di portarlo alla rovina,
di ricondurre la vita allo stato della materia inanimata [...]. Da quanto
precede ricaviamo la conclusione che non c’è speranza di poter
sopprimere le tendenze aggressive degli uomini... Io la ritengo
un’illusione”.3
Sia Einstein che Freud riconoscono nell’umano una tendenza
innata alla violenza e alla distruzione. Non è possibile sopprimerla,
perché “ciò avviene in tutto il regno animale”, di cui la specie umana
fa parte. E tuttavia, quando Freud si chiede perché, nonostante
questa natura distruttiva, alcuni umani si oppongano alla guerra,
vede un’unica spiegazione: il processo di “incivilimento” che li
costringe a essere pacifisti.
“Poiché la guerra contraddice nel modo più stridente a tutto
l’atteggiamento psichico che ci è imposto dal processo civile,
dobbiamo necessariamente ribellarci contro di essa.”
E questo conduce a una conclusione: tutto ciò che promuove
l’evoluzione civile lavora anche contro la guerra.
Così, mentre la natura ci spinge alla distruzione, qualcosa che “si
può paragonare all’addomesticamento di certe specie animali”, muta
gradualmente le nostre pulsioni e il rapporto fra loro. Due forze
contrastanti, assoggettandoci alle quali possiamo forse arrivare a un
cauto predominio della ragione.
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