La sposa dai capelli di luna – Anne Herries

SINTESI DEL LIBRO:
Jack Harcourt, conosciuto anche come capitano Manton dei Dragoni di Sua
Maestà, nonché agente segreto di Wellington per diversi anni, sedeva nella
biblioteca della sua casa di Londra, fissando il bicchiere vuoto. Davvero la
vita non aveva da offrirgli più di quello? Un bicchiere che avrebbe continuato
a riempire e svuotare, cercando di lenire la pena?
Come capitano Manton, Jack aveva fatto la sua parte nel combattere e
sconfiggere Napoleone. Aveva affrontato nemici e spie, ma quell’amarezza
che provava ora, quel senso di vertigine e di vuoto erano impossibili da
scacciare. Era un Pari del Regno, ricco e di bell’aspetto, ma aveva avuto
troppi assaggi della crudeltà del mondo e, in quel momento, avrebbe
desiderato di essere morto sul campo di battaglia. Invece era stato ricoperto di
medaglie al valore, ricevuto persino dal Reggente, orgoglioso di potergli
stringere la mano, però neppure questo era servito ad alleviare il dolore.
«Perdonami, David. Non ero qui quando avevi bisogno di me» mormorò.
«E ora sei morto, con la faccia nel fango, in un vicolo. Solo e senza amici.»
Jack era convinto che i veri amici si potessero contare sulle dita di una
mano ed era per quello che la morte di David lo affliggeva tanto.
Ucciso da un borseggiatore in un vicolo di Londra. L’immagine lo
tormentava giorno e notte e gli sembrava di sentire la voce di David che
invocava giustizia.
Era successo sei mesi prima, quando lui era stato in Francia a combattere,
tuttavia non aveva appreso la notizia finché non era tornato. Al momento,
non ne sapeva di più, quindi si sentiva impotente. Sporse la mano verso la
bottiglia, per versarsi dell’altro brandy, ma venne interrotto da qualcuno che
bussò alla porta.
Era il suo maggiordomo. «Mi duole disturbarvi, milord, ma c’è una
lettera.»
«A quest’ora? Chi l’ha portata?»
«Non ne sono certo, milord. L’hanno data a Rose, la cameriera, mentre
tornava da una commissione.»
«Molto bene, lasciatela sul tavolo, Henshaw. La leggerò più tardi.»
«Hanno detto a Rose che era urgente, signore.»
«Davvero?» Jack prese la lettera, che era chiusa con della ceralacca, ma
senza alcun sigillo. L’aprì. «Santo cielo!» esclamò, precipitandosi alla
finestra. La strada sembrava deserta ed era scarsamente illuminata.
«Portatemi Rose. Sentiamo un po’ com’era questo messaggero.»
Mentre il maggiordomo eseguiva l’ordine, Jack tornò a leggere la missiva.
Se venissi da voi di persona non mi ricevereste, ma conoscevo David
Middleton e lo consideravo un buon amico. Se cercate il suo assassino, non
dovete guardare più in là di Sir Frederick Collingwood. Collingwood è un
baro e Middleton lo aveva scoperto. Non posso darvi prove della
colpevolezza di quel farabutto, ma ne sono sicuro. Potrebbe esserci anche un
altro motivo, ma per il momento tutto quello che so è che lui è il colpevole. Il
resto spetta a voi, Harcourt. Questo avvertimento proviene da qualcuno che,
una volta, poteva fregiarsi di essere vostro amico.
La lettera non era firmata.
Poteva essere uno scherzo, ma Jack sentiva che non era così. Sapeva che
David era il tipo che non sarebbe stato zitto, se avesse scoperto che qualcuno
barava a carte. Eppure quella missiva lasciava sottintendere che potesse
esserci un altro motivo per il quale era stato ucciso, oscuro e sinistro.
Jack non aveva mai accettato la morte di David e quella lettera sembrava
confermare i suoi sospetti. Se diceva il vero, avrebbe scovato e portato
davanti alla giustizia l’assassino.
Chissà chi gli aveva scritto quel biglietto... Per il momento, non aveva
importanza. Per prima cosa, avrebbe scoperto la verità sulla morte
dell’amico, poi si sarebbe occupato dell’identità del misterioso mittente.
«Mamma! C’è una lettera di Marianne!» Lucy corse in salotto, dove la madre
sedeva a ricamare.
«La stavo aspettando.» Mrs. Horne guardò con tenerezza la figlia minore.
Lucy aveva diciotto anni, ormai, ed era diventata una vera bellezza.
Prese la lettera e ruppe l’importante sigillo dei Marchesi di Marlbeck. «È
proprio come pensavo, Lucy. Tua sorella conviene con me che è giunto il
momento di farti debuttare. Suggerisce che ci rechiamo da lei e Drew, così
assisteremo al battesimo della loro bambina, poi Drew ci accompagnerà a
Londra per qualche settimana.»
«Che meraviglia! La piccola Andrea verrà battezzata! Mi sembrano secoli
che non vedo Marianne e Jo.»
«Sono solo sei mesi. Sai che Marianne non poteva viaggiare, subito dopo
il parto.»
Lucy baciò la guancia della madre. Era felice di vivere con la mamma e
zia Bertha, ma le sorelle le mancavano molto.
«Avevo pensato di portarti a Bath, per il debutto» proseguì sua madre,
«ma Marianne insiste per Londra.»
Lucy si sentiva strana all’idea del debutto, perché sapeva che per molte
ragazze era l’occasione di trovare marito. «Sono così contenta che ci sarà
anche Marianne!» si limitò a dire.
«Dovremo rifarti il guardaroba» proseguì Mrs. Horne. «Forse però sarà
meglio aspettare e lasciar fare a tua sorella Marianne, che s’intende di queste
cose e sicuramente saprà cos’è adatto a una giovane alla sua prima stagione.»
A Lucy piaceva molto avere vestiti nuovi, ma ce ne erano alcuni, come la
giacca che le aveva confezionato Jo, ai quali non rinunciava sebbene fossero
diventati ormai vecchi.
Si avvicinò alla finestra e percorse con lo sguardo il giardino in fiore.
Pensava a un gentiluomo. Qualcuno che aveva incontrato al matrimonio di
Marianne. Erano passati tre anni ed erano successe così tante cose...
Marianne aveva sposato il suo marchese e Jo Hal Beverly. Eppure, il ricordo
del capitano Harcourt e del suo sorriso le era rimasto impresso nella mente.
Sì, ora era Lord Harcourt, a dire il vero, visto che aveva lasciato l’esercito
subito dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo.
Lucy si scostò una ciocca di capelli dal viso. Erano del colore dei raggi di
luna, più argentei che biondi, e, così come la sua carnagione rosata e gli occhi
azzurri, la facevano spiccare tra le altre ragazze. Era una giovane di buona
natura e non si arrabbiava quasi mai. A prima vista, sembrava così dolce e
gentile da risultare quasi insipida, ma in realtà era tutt’altro, poiché era
coraggiosa e sincera.
«Avrai bisogno di molti vestiti» disse sua madre. «E grazie a tua zia e alle
tue sorelle saremo in grado di garantirti il guardaroba che meriti.»
Jack rientrò in casa. I suoi guanti finirono sul mobile dell’ingresso, seguiti
subito dal cappello. Non notò neppure che quell’ultimo rotolò per terra né
fece caso all’espressione del suo lacchè, che lo raccolse e lo spazzolò con una
mano. Accigliato, prese le due lettere che lo aspettavano sul vassoio
d’argento e le portò con sé in biblioteca.
La prima era di Lady Staunton, sua sorella Amelia. Le era molto
affezionato, anche perché non gli rimaneva nessun altro della sua famiglia,
ma al momento non poteva occuparsi dei problemi della sorella. Aveva
cercato Frederick Collingwood, tuttavia sembrava che l’uomo avesse lasciato
la città.
Lesse la lettera di Amelia, veniva dall’Hampshire. Era tornata in
Inghilterra per via della salute di David, suo figlio, che non tollerava il clima
dell’India.
Nella lettera non diceva niente della propria infelicità, ma Jack sapeva che
non era cambiato niente. L’unica ragione per cui Staunton l’aveva lasciata
tornare dall’India era che temeva di perdere il proprio erede.
Jack biascicò un’imprecazione. Se avesse potuto decidere lui, avrebbe
indotto la sorella a lasciare Staunton una volta per tutte, ma sapeva che ci
sarebbero state molte difficoltà. Quell’uomo era un mostro, ciononostante, se
Amelia avesse chiesto il divorzio, sarebbe stata lei a essere allontanata da
tutti. E avrebbe dovuto lasciare il figlio, poiché la legge era dalla parte di
Staunton.
Non c’era niente che potesse fare per Amelia, al momento. Aprì la
seconda lettera, che era di Drew Marlbeck. Jack era invitato al battesimo
della figlia dell’amico, la piccola Andrea.
Un sorriso gli incurvò le labbra. Drew era uno dei pochi uomini che
stimava, quindi non poteva deluderlo con un rifiuto.
Ricordava di essere stato al suo matrimonio, ma non l’aveva più visto
dopo, poiché era stato occupato con alcuni affari di stato e poi con la
faccenda della morte di David Middleton.
Se Collingwood era davvero colpevole, pensò, non si sarebbe dato pace
finché non l’avesse sbattuto in prigione. Purtroppo, al momento non poteva
far altro che aspettare che si decidesse a tornare in città.
Tanto valeva andare al battesimo, perciò doveva pensare a un regalo
adatto alla piccola Andrea.
Lucy osservò la nipotina che veniva battezzata nella bella chiesetta della
quale suo padre era stato il vicario.
«È adorabile, non trovi?» chiese a sua sorella Jo mentre uscivano dalla
chiesa. «E non ha pianto per tutta la durata della funzione. Marianne mi
sembra molto felice.»
La dimora dei Marlbeck risplendeva dei colori degli abiti delle signore e dei
gentiluomini che a Lucy sembravano molto sofisticati. Era un po’ intimidita
dall’idea di conoscere tutte quelle persone in una volta sola. Gli amici di
Drew erano stati gentili con lei, ma il loro rango e le loro maniere sofisticate
la mettevano a disagio. Non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbe
stata la sua stagione a Londra e temere che si sarebbe risolta in un disastro.
Non appena giunsero a Marlbeck, Lucy colse la prima occasione per
dileguarsi. La casa di Marianne era bellissima, ma lei amava stare all’aria
aperta, specie durante la bella stagione. Nel giardino di Marlbeck c’erano
molti alberi centenari, che offrivano rami robusti tra i quali potersi
arrampicare.
Lucy scelse una quercia e si guardò attorno per assicurarsi che nessuno la
stesse guardando. Sollevò un poco il vestito e si issò tra i rami e le foglie, per
poi appoggiarsi contro il tronco dell’albero.
Da quel punto, riusciva a vedere il retro della casa. C’erano un paio di
signore che passeggiavano sulla terrazza, proteggendosi dalla luce con i loro
parasole. Lucy veniva spesso ripresa dalla mamma perché usciva senza
cappellino e le veniva ripetuto che le lentiggini non erano molto ammirate.
E il suo nasino delicato si riempiva di lentiggini con il primo sole,
nonostante le lozioni della mamma!
Persa nei propri sogni, non si accorse del cane finché questi non iniziò ad
abbaiare forsennatamente. Allora guardò giù e si accorse che era un grosso
cane da caccia nero. Abbaiava e si issava sulle zampe posteriori, grattando il
tronco dell’albero.
«Vattene via!» gridò. «Via, cattivo!» Il cane continuò ad abbaiare,
mostrandole i denti. Lucy ne ebbe paura, perché da bambina era stata morsa.
«Oh, va’ via, orrida creatura! Ora voglio scendere.»
«Venite pure giù, Bruto non vi farà niente» disse la voce di qualcuno che
non riusciva a vedere. Lucy si sporse un po’ e scorse un gentiluomo a cavallo
venire nella sua direzione e poi fermarsi sotto l’albero. «Qui, Bruto. A
cuccia.»
Il cane gli obbedì immediatamente. Scodinzolò e si sedette.
«Mi sono spaventata» spiegò Lucy mettendosi a posto il vestito, poiché
temeva che lui le vedesse le gambe mentre scendeva. «Sembra molto feroce.»
«Non fatevi ingannare dal suo aspetto» le spiegò l’uomo, un sorriso
sardonico sulle labbra, poiché non gli era capitato spesso di vedere una
signorina perbene su un albero. «Probabilmente si è spaventato nel vedervi là
sopra. Dovete ammettere che è piuttosto insolito vedere una dama tra i rami
di una quercia.»
«Sì, be’...» Lucy si sentì le guance in fiamme. Sapeva che quello non era il
comportamento che ci si sarebbe aspettati da lei. «La mamma dice che ormai
sono troppo grande per arrampicarmi sugli alberi.»
«Davvero?» Lui le riservò un’occhiata indulgente: era chiaro che la
credeva ancora una bambina. «Quanti anni avete, sedici?»
«Diciotto! Li ho compiuti due settimane fa» gli riferì Lucy senza il
coraggio di guardarlo. «Tra qualche settimana, la mamma mi porterà a
Londra per il mio debutto.»
«Sono sorpreso. Pensavo che foste più giovane. Dovrete rinunciare a salire
sugli alberi, una volta che sarete introdotta nella società di Londra, altrimenti
farete storcere il naso a più di una signora. Sarebbe un peccato che vi fosse
negata la possibilità di avere il successo che meritate.» Il gentiluomo
schioccò le dita verso il cane. «Bruto, andiamo.» L’animale trotterellò dietro
di lui e il cavallo, lasciando Lucy trarre un sospiro di sollievo e tornare verso
casa.
Conosceva quel gentiluomo. E, infatti, il suo cuore aveva iniziato a battere
più velocemente non appena l’aveva riconosciuto. Lord Harcourt era uno dei
migliori amici di Drew, ma non si era aspettata che presenziasse al battesimo.
Oddio, perché l’aveva scoperta sull’albero? Lucy storse la bocca. Lui
aveva trovato divertente quell’incidente. Che stupida! Non avrebbe dovuto
farsi cogliere in quella situazione così poco dignitosa. Di certo, ora pensava
che fosse soltanto una bimbetta.
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