In presenza del nemico – Elizabeth George

SINTESI DEL LIBRO:
Charlotte Bowen pensò di essere morta. Aprì gli occhi al buio e al
freddo. Il gelo sotto di lei le ricordava quel pezzo di terra nel giardino
di sua madre, dove il perenne gocciolio del rubinetto per innaffiare le
piante creava una macchia verde umida e maleodorante. Il buio era
dappertutto, l'oscurità la schiacciava come una coperta soffocante;
Charlotte si sforzò di penetrare il buio, di distinguere in
quell'interminabile nulla una forma che le dicesse che non si trovava
in una tomba. All'inizio non si mosse, non allungò neppure un dito
perché non voleva sentire le pareti della bara, perché non voleva
credere che la morte fosse così, quando invece aveva sempre
pensato che ci sarebbero stati luce calda, santi e angeli che
suonavano l'ar-pa seduti sulle altalene.
Ascoltò con attenzione, ma non vi era nulla da udire; annusò, ma
attorno a lei c'era solo l'odore della muffa, simile a quello che
emanano le pietre ricoperte di terriccio. Deglutì e assaporò un
lontano ricordo di succo di mela. Quel sapore le fece tornare la
memoria.
Lui le aveva offerto del succo di mela, vero? Le aveva porto una
bottiglia con il tappo svitato e piccole gocce di umidità tutt'attorno. Le
aveva sorriso e le aveva stretto la spalla, dicendo: «Non devi
preoccuparti, Lottie.
Tua madre non vuole».
Mamma. Era di questo che si trattava: dov'era la mamma? Cosa le
era
successo? E cosa era successo a Lottie?
«C'è stato un incidente», aveva detto lui. «Devo portarti da tua
madre.»
«Dove?» aveva chiesto Charlotte. «Dov'è la mamma?» E subito
dopo, avvertendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco, e
per nulla ras-sicurata dal modo in cui lui la stava guardando, aveva
ripetuto a voce più alta: «Dimmi dov'è la mamma! Dimmelo subito!»
«Va tutto bene», si era affrettato a rispondere lui, guardandosi
intorno: proprio come la mamma, anche lui era imbarazzato dai suoi
schiamazzi.
«Abbassa la voce, Lottie. La mamma è in un rifugio del governo. Sai
cosa significa?»
Charlotte aveva scosso la testa: dopo tutto non aveva che dieci anni
e la maggior parte delle procedure governative erano per lei un
mistero. Sapeva soltanto che far parte del governo significava che la
mamma usciva di casa alle sette del mattino e tornava molto dopo
che lei era andata a dormire. La mamma andava al suo ufficio di
Parliament Square, alle riunioni del ministero degli Interni, alla
Camera dei Comuni e, il venerdì pomeriggio, incontrava i membri del
suo collegio elettorale a Marylebone, mentre Lottie faceva i compiti
nella sala gialla dove si riuniva il comitato del collegio elettorale.
«Comportati bene», le diceva sempre la madre ogni venerdì
pomeriggio, quando lei arrivava da scuola; e poi indicava con un
significativo cenno del capo la stanza dalle pareti gialle. «Non voglio
sentire nemmeno un fruscio fino a quando non è ora di andare: sono
stata chiara?»
«Sì, mamma.»
Allora la mamma sorrideva. «Dammi un bacio», diceva. «E anche un
abbraccio, voglio anche un grosso abbraccio.» Interrompeva il
colloquio con il parroco, o con il droghiere pakistano di Edgeware
Road o con chiunque altro in quel momento stesse godendo del
privilegio di poter disporre di dieci minuti del preziosissimo tempo del
loro deputato, per stringere Lottie in un abbraccio fin troppo forte. Poi
le dava una pacca sul sedere, concludendo: «E adesso fila!» E
subito dopo tornava a rivolgersi al suo visitatore, dicendo con una
risatina: «I bambini!»
Venerdì era la giornata migliore. Dopo l'orario di ricevimento degli
elettori, la mamma e lei tornavano a casa in macchina: Lottie le
raccontava tutto quello che era successo durante la settimana e la
mamma l'ascoltava, annuendo e dandole di tanto in tanto qualche
buffetto sul ginocchio, ma con lo sguardo sempre fisso alla strada, al
di là della testa dell'autista.
«Mamma», diceva allora Lottie con un sospiro accorato, nel vano
tentativo di distogliere l'attenzione della madre da Marylebone High Street
per riportarla su di sé; che bisogno aveva la mamma di guardare la
strada? Non era lei che stava guidando, dopo tutto. «Sto parlando
con te! Cosa stai cercando?»
«Guai, Charlotte. Sto in guardia contro i guai. Anche tu dovresti fare
altrettanto.»
E, a quanto pareva, i guai erano arrivati. Ma un rifugio governativo?
Co-s'era, di preciso? Era un posto per nascondersi se qualcuno
lasciava cadere una bomba?
«Stiamo andando al rifugio?» Lottie aveva trangugiato il succo di
mela tutto d'un fiato; aveva un gusto strano, non era abbastanza
dolce, ma lei lo bevve ugualmente perché sapeva che non stava
bene mostrare ingratitudine verso un adulto.
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