Il piccolo Adolf non aveva le ciglia – Helga Schneider

SINTESI DEL LIBRO:
Berlino, maggio 1997.
Una cappa di nubi, solcate da sinistre striature, annuncia un
imminente temporale. L’asfalto del viale è ancora asciutto e
polveroso, di tanto in tanto l’automobile salta su una delle numerose
buche scavate dai veicoli militari.
Provo una sottile inquietudine, come ogni volta che ci viene
assegnato un compito speciale. “Dovremmo avere le spalle coperte”,
penso. Sono stati calcolati tutti i rischi.
«Andrà tutto bene», dice Rudi fiducioso.
Annuisco, il suo ottimismo mi conforta.
«Andrà bene», confermo, mentre il tergicristallo stride sul vetro,
bagnato solo da qualche grossa goccia che vi cade con un tonfo
lieve e sordo.
La persona che dobbiamo prelevare alla stazione di Lehrter è un
chimico specializzato nella preparazione di un inchiostro invisibile,
non rilevabile con i raggi infrarossi, né con nes-sun’altra tecnica
attualmente in uso. Il preparato contiene due sostanze
complementari: la prima, da mescolare con sangue umano, serve
per ottenere un inchiostro di colore rosso vivo che in pochi minuti
scompare, la seconda fa riapparire il colore.
Quell’uomo offrirà alla nostra Organizzazione un servigio
impagabile, anche se il suo arrivo dall’Est si sta rivelando
rocambolesco. Il pericolo maggiore è rappresentato dal Servizio
segreto del Reich e più precisamente dalla Sezione spionaggio
estero, che si occupa di inviare spie tedesche in area sovietica e di
impedire l’infiltrazione di agenti russi in territorio germanico.
Uno scoiattolo attraversa a un tratto la strada. Rudi frena, e mi
trattiene con un braccio per addolcire il brusco rallentamento. Si
preoccupa per le mie condizioni.
Ora ci superano un paio di automobili e una motocicletta, poi la
strada è libera. Ma dopo una curva ci attende il pericolo.
«Calma», mi rassicura Rudi, «calma e sangue freddo, tesoro.»
Il posto di blocco è composto da tre Mercedes e un minaccioso
cellulare. Due agenti della polizia di Stato, armati di piccoli mitra,
agitano le palette e ci invitano a fermare la nostra Ford. Subito dopo
altri militari si avvicinano alla vettura, spalancano le portiere e
gridano «Raus!» con quell’imbecille arroganza che li
contraddistingue. Scendiamo dall’auto e un improvviso acquazzone
ci bagna fino alle ossa.
Veniamo investiti da una raffica di domande diffidenti. In questa
nazione la presunzione di innocenza è un principio obsoleto.
Un paio di graduati procedono all’esame dei nostri documenti. Se li
scambiano, discutono fra loro, chiamano la Centrale. Altri, nel
frattempo, hanno ricevuto l’ordine di perquisire la Ford, operazione
che stanno assolvendo con scrupolosa pedanteria. Troveranno solo
la pistola di Rudi, regolarmente registrata. Ho freddo, sono fradicia, e
la verifica con la Centrale si sta prolungando. Comincio a
innervosirmi, anche se cerco di mascherarlo. C’è già abbastanza
tensione nel Paese. La situazione militare sta peggiorando, la
distribuzione di viveri è sempre più scarsa e lo sfacelo economico,
sempre più evidente. Tutto ciò produce nella popolazione una forte
avversione al regime. I gruppi di opposizione sono in crescita, motivo
per cui è in atto una nuova ondata di arresti che colpisce anche chi
sia solo sospettato di simpatizzare con la Resistenza.
L’acquazzone cessa di colpo, così come è venuto, mentre gli agenti
continuano a confabulare con la Centrale. Il timore di quello che
potrebbe accadere inizia lentamente a paralizzarmi. Oltre tutto sono
in ansia per il nostro appuntamento, si sta facendo tardi. Scambio
un’occhiata con Rudi, anche lui sembra preoccupato.
A un tratto avverto uno spasmo al basso ventre, seguito di lì a poco
da una contrazione che mi lascia senza fiato. Chiedo se posso
sedermi per qualche minuto nella Ford, ma mi viene opposto uno
sgarbato e sbrigativo diniego.
Improvvisamente nel cielo, a ovest, appaiono alcuni minuscoli
puntini neri simili a uno sciame di mosche che rapidamente si
ingigantisce.
Segue l’ordine di riparare e i soldati di pattuglia si rifugiano dentro la
boscaglia, trascinandomi per i polsi. Incespico sui rovi, cado, loro mi
risollevano e mi insultano molte volte prima di arrivare al riparo,
mentre gli aerei nemici ci sorvolano. Hanno come obiettivo Wedding.
Ormai le incursioni sono quotidiane e la loro violenza non mi
sorprende più. Dopo la Conferenza di Teheran tra le grandi potenze
URSS, USA e Inghilterra, le operazioni belliche sono massicce e
concertate, motivate dall’inesorabile proposito di fiaccare la
popolazione e sconfiggere il nazismo.
Cerco con gli occhi Rudi, ma lo scorgo lontano sotto una macchia di
giovani querce. Mi fa un segno d’intesa, subito represso da uno degli
agenti. Sono cattivi, quelli, sono feroci e insensibili. Alla fine
dell’incursione ci lasceranno andare? Considerando le lungaggini
della Centrale, ne dubito. Forse stanno seguendo un indizio, una
soffiata, forse solo un vago sospetto. Tutto è possibile in questo
Paese corrotto. Tedeschi contro tedeschi, spesso è solo una
questione di prezzo.
Il sole di maggio fende il muro nero delle nuvole e insinua luminosi
bagliori tra le ombre della boscaglia mentre, verso Wedding, si
sentono i boati delle bombe. Quante case saranno distrutte? Quante
vite soccomberanno agli ordigni incendiari? Quanto dolore stanno
seminando quei bombardieri?
Ora però, fissando uno squarcio nel tronco di un tiglio, avverto una
sensazione del tutto nuova. È come se un sinistro silenzio si fosse
annidato nel mio ventre. Ha forse abdicato al compito di custodire
una nuova vita, ignara e indifesa, che non merita di nascere in
questa nazione? Trattengo il respiro per scongiurare la prossima
contrazione, ma ecco che arriva, come un’onda sorda. Gli occhi mi si
bagnano di lacrime. La mia gravidanza è forse compromessa e ora
sento crescere un rabbioso senso di impotenza mentre, formazione
dopo formazione, gli aerei sorvolano le nostre teste.
Poso una mano sul mio ventre, ma sento solo quel cupo silenzio.
Aveva resistito con tanto coraggio, il piccolo. Ogni tanto mi aveva
lanciato timidi segnali di scoramento, ma ero sempre riuscita a
rassicurarlo, raccontandogli storie lievi come rugiada. Invece, con il
passare dei giorni, deve essersi convinto che erano prive di
consistenza e verità. Il mondo in cui lo sollecitavo così
amorevolmente a nascere non era affatto accogliente e, forse, ha
rinunciato all’avventura. Forse non riuscirò mai più a tenerlo buono
mormorandogli che l’urlo delle sirene è la voce del Signor Vento
quando infuria la tempesta, e le detonazioni delle bombe sono il
maestoso battito del Creato. Se la voce di quel Signore gli ha
trasmesso solo angosciosi presagi di pericolo e il battito del Creato
lo ha scosso di terrore, avrà concluso che venire al mondo non è poi
quel meraviglioso evento di cui gli ho a lungo parlato.
A un tratto sento la voce di un poliziotto imprecare: «Dannazione,
faccia qualcosa! Non vede?!». E accenna alla mia gonna. Seguo
turbata il suo sguardo e scopro una grande macchia di sangue.
Rimango atterrita, allora è più grave di quanto temessi…
Insiste «Insomma, si muova, faccia qualcosa!» Mi accorgo che
balbetta, mentre fino a qualche minuto fa sbraitava, prepotente.
Faccia qualcosa… come se potessi ancora governare ciò che si è
messo in moto di forza propria. Ora l’uomo mi porge un fazzoletto
facendo cenno di infilarmelo tra le gambe. In un repentino accesso di
collera gli sputo in faccia: «Si tenga il suo lurido fazzoletto,
imbecille!». L’offesa mi è sfuggita di bocca, ma ormai è tardi. La
reazione giunge puntuale: con una violenta pedata mi scaraventa
contro il tronco di un albero.
Per un attimo interminabile mi manca il fiato, infine avverto uno
spasmo, lungo e affilato, che mi piega in due. Mi mordo le labbra,
ma non grido. Lui ne godrebbe.
Cessato l’allarme, da Wedding salgono al cielo bagliori fumosi e
rossastri. La pattuglia si ricompatta.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo