Come funziona la mente- Steven Pinker

SINTESI DEL LIBRO:
Perché ci sono tanti robot nelle opere di fantasia e nessuno nella
vita reale? Pagherei parecchio per un robot che mettesse via i piatti
e facesse semplici commissioni. Ma non avrò una simile opportunità
in questo secolo, e probabilmente neanche nel prossimo. Esistono,
certo, robot che saldano e dipingono a spruzzo nelle catene di
montaggio, o che rotolano lungo i corridoi dei laboratori; la mia
domanda, però, riguarda le macchine che camminano, parlano,
vedono e pensano, spesso meglio dei loro padroni umani. A partire
dal 1920, quando Karel Capek, nel dramma R.U.R., coniò il termine
«robot», essi sono stati evocati con grande libertà in tante opere di
fantasia: Speedy, Cutie e Dave in Io, Robot di Isaac Asimov, Robbie
in Il pianeta proibito, il barattolone svolazzante in Perduti nello
spazio, i daleks in Dr Who, Rosie the Maid in The Jetsons, Nomad in
Star Trek, Hymie in Get Smart, i maggiordomi senza espressione e i
litigiosi commercianti in Il dormiglione, R2D2 e C3PO in Guerre
stellari, il Terminator del film omonimo, il capitano Data in
Generazioni, e gli spiritosi critici cinematografici in Mystery Science
Theater 3000.
Questo libro non si occupa di robot: si occupa della mente umana.
Cercherò di spiegare che cos’è la mente, da dove è venuta, e come
ci fa vedere, pensare, sentire, interagire e rispondere a vocazioni
superiori quali l’arte, la religione e la filosofia. Lungo la strada
cercherò di gettar luce su bizzarrie squisitamente umane. Perché i
ricordi sbiadiscono? Com’è che il trucco muta l’aspetto di un volto?
Da dove vengono gli stereotipi etnici, e quando sono irrazionali?
Perché si va in collera? Qual è il motivo che rende pestiferi i
bambini? Perché gli sciocchi s’innamorano? Che cosa ci fa ridere? E
perché la gente crede negli spettri e negli spiriti?
Ma il mio punto di partenza è il divario tra i robot
nell’immaginazione e nella realtà, perché indica il primo passo da
compiere per conoscere se stessi: cogliere appieno quale
programma straordinariamente complesso stia dietro ad atti di vita
mentale che noi diamo per scontati. Se non esistono robot umanoidi
non è perché l’idea di una mente meccanica sia in sé insensata. È
perché i problemi d’ingegneria che noi esseri umani risolviamo per
vedere, camminare, progettare e giungere alla fine della giornata
sono qualcosa di ben più arduo che sbarcare sulla Luna o tracciare
la sequenza del genoma umano. La natura, ancora una volta, ha
trovato soluzioni ingegnose che i nostri ingegneri non sanno ancora
duplicare. Quando Amleto dice: «Che opera d’arte è l’uomo! Com’è
nobile in virtù della ragione! Quali infinite facoltà possiede! Com’è
pronto e ammirevole nella forma e nel movimento!», non dobbiamo
inchinarci a Shakespeare, Mozart, Einstein o Karim Abdul-Jabbar,
ma a ogni bambino di quattro anni che adempie alla richiesta di
riporre un giocattolo su un ripiano.
In un sistema ben progettato, le componenti sono scatole nere che
svolgono le loro funzioni come per magia. È altrettanto vero per la
mente. La facoltà con la quale consideriamo il mondo non ha la
capacità di scrutare in se stessa né nelle nostre altre facoltà per
scoprire la molla che le fa funzionare. Il che ci rende vittime di
un’illusione: che le nostre funzioni psicologiche provengano da
qualche forza divina o misteriosa essenza o principio onnipotente.
Nella leggenda ebraica del Golem, una figura di creta si anima
quando su di essa viene inscritto il nome di Dio. L’archetipo trova
eco in tante storie di robot: la statua di Galatea fu portata alla vita
dalla risposta di Venere alle preghiere di Pigmalione, Pinocchio dalla
fata Turchina. Versioni moderne dell’archetipo del Golem appaiono
in alcuni dei meno fantasiosi racconti di fantascienza. Tutta la
psicologia umana, si dice, è spiegata da una singola, onnipotente
causa: grande cervello, cultura, lingua, socializzazione,
apprendimento, complessità, auto-organizzazione, dinamica della
rete neurale.
Io voglio convincervi che la nostra mente non è animata da un
qualche vapore divino o da un singolo portentoso principio. La
mente, come la nave spaziale Apollo, è designata a risolvere molti
problemi di ingegneria, ed è quindi zeppa di sistemi high-tech ideati
ognuno per superare i propri ostacoli specifici. Inizierò mettendo sul
tavolo questi problemi, che costituiscono sia le specifiche di
programma di un robot sia l’oggetto della psicologia. Credo infatti
che la scoperta, da parte della scienza cognitiva e dell’intelligenza
artificiale, delle sfide tecniche superate dalla nostra quotidiana
attività mentale sia una delle grandi rivelazioni della scienza, un
risveglio dell’immaginazione paragonabile alla scoperta che
l’universo è fatto di miliardi di galassie o che una goccia d’acqua
stagnante pullula di vita microscopica.
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