Giochi pericolosi – James Patterson

SINTESI DEL LIBRO:
Nora si sentiva addosso gli occhi di Connor.
La osservava sempre, quando faceva i bagagli per uno dei suoi
viaggi, appoggiato allo stipite della porta della camera da letto, con le
mani nelle tasche dei Dockers e il viso imbronciato. Detestava stare
lontano da lei.
Di solito non diceva niente. La guardava in silenzio, dall'alto del
suo metro e novanta di statura, mentre lei preparava la valigia
bevendo ogni tanto un sorso di Evian, la sua acqua minerale preferita.
Quel pomeriggio, però, non riuscì a trattenersi.
« Non partire », le disse con la sua voce profonda. Nora si voltò a
guardarlo con un sorriso affettuoso.
« Devo andare, lo sai. E sai che dispiace anche a me. »
« Sì, ma ho nostalgia di te prima ancora che tu sia partita. Per una
volta di' di no, Nora. Mandali a quel paese. » Fin dal primo giorno
Nora era rimasta conquistata dal fatto che Connor osasse mostrarsi
tanto vulnerabile con lei, contrariamente a quanto ci si sarebbe
aspettati da un personaggio del suo calibro. Connor era un investment
banker molto ricco e aggressivo, titolare di una società di Greenwich
con un ufficio anche a Londra. I suoi occhi da cucciolo contrastavano
con la corporatura imponente e l'aria possente e fiera da re della
foresta.
Pur essendo relativamente giovane - aveva quarant'anni -, Connor
dominava incontrastato sul suo regno. E in Nora, trentatreenne, aveva
trovato la sua regina, l'anima gemella con cui condividere l'esistenza.
« Sai che potrei legarti e impedirti di partire », le disse in tono
scherzoso.
« Sarebbe divertente», rispose lei, stando al gioco. Sollevò il
coperchio della valigia, aperta sul letto, in cerca di qualcosa.
« Prima, però, mi aiuti a trovare il cardigan verde, per favore? »
Connor sorrise. Nora riusciva sempre a divertirlo: aveva la risposta
pronta in ogni occasione.
« Quello con i bottoni di perle? È nell'armadio in camera mia. »
Nora rise.
« Hai giocato di nuovo a travestirti da donna?»
Andò a prendere il cardigan nella stanza accanto e, quando tornò,
trovò Connor ai piedi del letto. La guardava sorridendo, con gli occhi
che brillavano.
« Oh oh », disse lei. « Conosco quello sguardo. »
« Quale? »
« Quello che dice che vuoi un regalino d'addio. » Nora lasciò
passare un attimo prima di sorridere a sua volta. Mise il cardigan nella
valigia e si avvicinò lentamente all'uomo fermandosi a pochi
centimetri da lui. Indosso aveva solo slip e reggiseno.
« Un regalino tutto per te », gli bisbigliò nell'orecchio.
Connor la baciò sul collo, poi scese con le labbra fino a lambirle le
spalle e il seno, piccolo ma sodo, e vi indugiò. Mentre con una mano le
accarezzava un braccio, con l'altra le slacciò il reggiseno.
Nora rabbrividì, eccitata. Bello, spiritoso e bravissimo a letto. Che
cosa si può volere di più da un uomo?
Connor si inginocchiò e le sfiorò il ventre con le labbra, tracciando
con la lingua cerchi leggeri intorno all'ombelico. Le posò i pollici sui
fianchi e cominciò ad abbassarle gli slip, baciando ogni centimetro di
pelle che scopriva.
« Molto... piacevole », mormorò Nora.
A quel punto toccava a lei. Connor si alzò e lei cominciò a
spogliarlo. Con gesti rapidi, esperti, ma sensuali. Era alto e muscoloso.
Per qualche secondo rimasero in piedi l'uno di fronte all'altra, nudi,
a guardarsi, a osservare ogni dettaglio. Mio Dio, che cosa può esserci
di meglio?
Nora scoppiò a ridere e lo spinse con dolcezza sul letto. Connor,
eccitato, si lasciò cadere sul piumone.
Lei prese dalla valigia aperta una cintura di pelle nera, di
Ferragamo, e la srotolò tendendola con forza. «Chi ha parlato di legare
chi? » chiese.
Mezz'ora dopo, avvolta in una morbida vestaglia di ciniglia rosa,
Nora scese lo scalone della villa in stile neoclassico di Connor. Mille
metri quadrati, suddivisi su tre piani: una casa di gran lusso perfino
per gli standard di Briarcliff Manor e delle altre sofisticate localitÃ
della contea di Westchester.
Ed era arredata in maniera impeccabile, con un perfetto equilibrio
fra design e funzionalità , eleganza e comfort. C'erano pezzi provenienti
dai migliori negozi di antiquariato di New York e del Connecticut
Eleish Van Breems, New Canaan Antiques, Silk Purse, The Celiar -,
opere di Monet, di Thomas Cole, fondatore della Hudson River School,
e di Magritte; in biblioteca c'erano persino uno scrittoio Giorgio III che
era appartenuto a J.P. Morgan e un humidor per sigari che Richard
Nixon aveva regalato a Fidel Castro, con tanto di attestazione di
provenienza. Nella spaziosa cantina erano conservate quattromila
bottiglie di vino.
Vero è che Connor aveva assoldato una delle migliori arredatrici di
New York. Appena conosciuta, gli aveva fatto un'ottima impressione.
Tant'è che l'aveva invitata a cena fuori e, a sei mesi di distanza, le
permetteva di legarlo al letto.
Connor non si era mai sentito così felice, eccitato e pieno di vita.
Cinque anni prima aveva trovato l'amore, se n'era rallegrato e lo
aveva coltivato con cura, ma la sua fidanzata, Moira, era morta di
cancro. Pensava di non potersi innamorare mai più, invece era arrivata
lei, la splendida Nora Sinclair.
Nora attraversò l'atrio dal pavimento di marmo e superò la sala da
pranzo. Prima di partire le restava giusto il tempo di preparare
qualcosa da mangiare per Connor.
Entrò in cucina, la sua stanza preferita. Prima di iscriversi alla New
York School of Interior Design sognava di fare la cuoca e aveva
addirittura frequentato alcuni corsi al Cordon Bleu a Parigi.
Poi aveva deciso di dedicarsi all'allestimento di case di
lusso,anziché di pietanze sopraffine, ma cucinare aveva continuato a
essere una delle sue passioni. La trovava un'attività rilassante, che la
aiutava a liberare la mente, anche quando si trattava di preparare
qualcosa di semplice, come il piatto preferito di Connor:doppio
cheeseburger con cipolle e caviale.
Un quarto d'ora dopo lo chiamò. « Tesoro, è quasi pronto. Tu a che
punto sei? » In pantaloncini corti e polo, Connor scese al pianterreno e
si avvicinò a Nora da dietro.
« Non c'è un altro posto al mondo... »
«... in cui preferirei essere», disse Nora, concludendo la frase per
lui. Era una delle loro piccole usanze, una sorta di mantra con cui
esprimevano la gioia di stare insieme. Dati gli impegni lavorativi di
entrambi, il tempo che passavano l'uno in compagnia dell'altra era
sempre poco.
Connor allungò il collo per curiosare da dietro le spalle di Nora,
intenta ad affettare una grossa cipolla. « Non ti fa piangere?»
« No. » Lui andò a sedersi al tavolo. «Quando ti viene a prendere
l'autista? »
« Tra meno di un'ora. » Connor annuì, spostando leggermente il
tovagliolo. «E dove sta questo tuo cliente che ti costringe a lavorare di
domenica? »
« A Boston. È un tizio in pensione che ha appena comprato e
ristrutturato un enorme edificio nella Back Bay. » Nora tagliò a metÃ
un panino con semi di papavero e vi sistemò il doppio cheeseburger
appena cotto e le cipolle. Poi prese dal frigo una Amstel Light per
Connor e un'altra Evian per sé.
« Meglio di Smith & Wollensky», commentò lui dopo il primo
boccone. «E la cuoca è molto più affascinante, vorrei precisare. » Nora
sorrise.
« E per concludere in bellezza c'è del Graeter's al lampone. » Era il
miglior gelato che lei avesse mai assaggiato. Una vera specialità .
Nora bevve un sorso d'acqua e lo guardò trangugiare il panino.
Connor mangiava sempre in fretta, con appetito. Buon per lui.
« Ti amo, Nora », esclamò a un certo punto.
« Anch'io », rispose lei fissandolo negli occhi azzurri. « Anzi, ti
adoro. » Lui aprì le mani, con la palma rivolta verso l'alto.
« Che cosa aspettiamo, allora? »
« In che senso? »
« Be', intendo dire, ci sono già più vestiti tuoi che miei, in questa
casa. » Nora sbatté le palpebre.
« Vorrebbe essere una proposta di matrimonio, questa? »
« Lo è », ribatté lui. Prese dalla tasca una piccola scatola azzurra di
Tiffany e gliela porse con un inchino. «Nora Sinclair, tu mi rendi
indicibilmente felice. Non riesco a credere di averti incontrato. Vuoi
sposarmi? » Senza fiato, Nora aprì la confezione. Alla vista
dell'enorme diamante, gli occhi verdi le si riempirono di lacrime.
« Sì! Certo che ti voglio sposare! » esclamò. « Sì, Connor Brown, ti
amo! » Per festeggiare, stapparono una bottiglia di Dom Pérignon
dell'85. Connor l'aveva messa in fresco per l'occasione. E si era
comprato anche una bottiglia di Jack Daniel's, nel caso Nora gli avesse
detto di no.
Riempiti due calici, Connor alzò il proprio e fece un brindisi. « Alla
nostra felicità , ora e per sempre. »
« Alla nostra felicità , ora e per sempre», ripetè lei. « Evviva! »
Fecero tintinnare i bicchieri e bevvero un sorso di champagne,
tenendosi per mano. Follemente innamorati, entusiasti, si baciarono e
abbracciarono.
Ben presto, però, furono interrotti dal suono di un clacson davanti
al portone. L'autista di Nora era arrivato.
Pochi minuti dopo, mentre la limousine si allontanava, Nora si
sporse dal finestrino e gridò a Connor: «Sono la donna più fortunata
del mondo! »
Nora non riuscì a staccare gli occhi dall'anello scintillante per tutto
il viaggio fino all'aeroporto di Westchester. Connor aveva scelto bene.
Un diamante tondo, di almeno quattro carati, colore D o E come
minimo, e altri due tagliati a baguette ai lati, montati in platino. Al dito
le stava benissimo. È assolutamente perfetto.
« Desidera che la venga a prendere al ritorno, signorina Sinclair? »
chiese lo chauffeur aiutandola a scendere dalla Lincoln davanti al
terminal.
« No, non occorre. Grazie. » Gli diede una mancia generosa,
allungò il manico del trolley e si avviò. Superò la fila lunghissima di
passeggeri in attesa del check-in in classe economica e andò dritta al
bancone della prima classe. A ogni passo le pareva di sentire la voce di
Connor che intonava un altro dei loro mantra.
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