L’età dell’oro- Edoardo Nesi

SINTESI DEL LIBRO:

 Cavaliere!
(1987)
– Ivo, io... Non è stata una buona idea venire qui.
– Invece sì.
– No, io non mi sento a mio agio, via. Smettila, per piacere.
– Ma perché?
– Perché... non è il posto adatto, ecco perché.
– La mia piscina di notte non è il posto adatto? Hai paura che ti
guardino le stelle del cielo, bambina? Che ti spii l’Orsa Maggiore?
– No, ma...
– Ma cosa?
– Ma scusa, Ivo, io credevo che si andasse a casa tua...
– Perché, non ti piace qui?
– Sì, non è questo...
– E allora?
– È che siamo... Insomma, non siamo soli, ecco...
– Come, non siamo soli?
– Ma scusa, Ivo, ci sono gli operai...
– Macché operai...
– Ma come no...
– Scusa, non è bella? Non è una cosa bella?
– Sì, è bellissima... Un po’ strana, però...
– Macché strana. Una piscina così bella e grande a Prato non ce
l’ha nemmeno il comune.
– Sì, ma insomma, per me non siamo soli... Via, Ivo, c’è un sacco
di gente...
– Io non vedo nessuno.
– Ma io li sento che lavorano, scusa, sotto... E poi, quanta gente
c’è?
– Una ventina.
– Una ventina di operai? Cioè stanotte mi possono vedere con te
una ventina di persone?
– No. Qui non ti può vedere nessuno. Dai, vieni qui.
– Aspetta. Ma che fanno?
– Stanno provando una macchina nuova. Vieni qui.
– E che macchina è?
– È una macchina nuova per fare la pelliccetta sintetica. L’ho
appena finita di montare. Vuoi sapere la storia?
– Sì, raccontamela.
– Però vieni qui vicina.
– Sì.
– Brava. Ecco, allora, senti... Sono andato in America a vedere
una fabbrica dove c’era questa macchina speciale. L’ho guardata
bene, ho capito il procedimento, sono tornato e l’ho fatta rifare
uguale, anzi meglio, e ora sono l’unico in Italia che ce l’ha, capito?
– Ma dai, non è vero... Ivo, tu sei il migliore. Davvero. Io ti ammiro.
– Macché... Ci sto attento...
– No, sei il migliore. Hai fatto tutto da solo.
– Non lo so... Vieni qua, dai, prendimelo in bocca.
– Smettila. Sii serio. Ti devo dire una cosa importante.
– Dimmela.
– Ivo, io ti amo.
– Ma te sei già sposata, bambina.
– Ma io divorzio... Non mi importa nulla di nulla: della mamma, del
babbo, del marito... Io divorzio...
– Ah...
– Davvero, io ti amo e voglio vivere con te... sempre... È tanto che
te lo voglio dire...
– E tuo marito?
– Tanto tra noi è finita...
– Come, finita?
– Finita. È finita. E io non sono ancora vecchia, ho ventotto anni,
posso ricominciare tutto da capo con te.
– Ah...
– Fare figli... mettere su una vera famiglia...
– Ah... ecco...
– Che ne pensi?
– ...
– SIGNOR IVO, MI PERDONI...
– Oh...
– Che cazzo fa, questo?
– Oh, mamma...
– Che cazzo fa, questo imbecille? Scusami un attimo, devo
andare giù a vedere... Non vorrei ci fossero problemi con la
macchina nuova...
– Sì. Però mi chiudi dentro, eh?
– Sì, sì... Ora lo sistemo io...
– Torna subito.
– Sì. Intanto spogliati e fai il bagno.
– È freddo.
– Ma che dici, ci saranno trenta gradi. Spogliati, torno subito.
– Sì, ma hai capito quello che ti ho detto?
– Sì, ho capito, ma ora scusa, torno subito. Dove sono le scarpe?
– Eccole lì.
– Ora lo butto fuori a calci in culo, veriddio.
– Ivo, sta’ calmo. Non fare scenate.
– Vado. Aspettami in acqua.
– Sì. Io ti amo, Ivo. Io ti amo. Torna presto.
– Sì. Che cazzo fa questo scemo...
– Torna prestissimo.
– Sì, ciao, a tra poco.
– Chi cazzo mi ha chiamato all’altoparlante?
– Noi non si sa, Cavaliere...
– No, eh? Chi mi ha chiamato all’altoparlante? Carmine! Dov’è
Carmine! Tanto ho riconosciuto la voce!
– Cavaliere, son qua.
– Che cazzo mi chiami all’altoparlante? Io stanotte non ci sono,
capito?
– Lo so, Cavaliere, ma c’è una questione importante...
– Che c’è, che c’è?
– C’è uno di Napoli con tre camion a rimorchio.
– E allora?
– Dice che è venuto a prendere la pelliccetta.
– Quale pelliccetta? Mandalo in culo...
– Cavaliere, è in ufficio...
– In ufficio? Chi l’ha fatto entrare?
– Cavaliere, l’ho fatto entrare io...
– No, dico, ma che hai perso il capo, stanotte?
– Ivo, abbia pazienza, mi ha aperto davanti una valigetta...
– Ho bell’e capito.
– Ho fatto bene o no?
– Hai fatto bene. Quanti sono?
– Tanti soldi, tutti nuovi di zecca...
– No, non dicevo dei soldi, dicevo loro, i napoletani, quanti sono?
– Ah, è uno, uno solo, e poi ci sono tre camionisti ad aspettare
nella strada con tre camion a rimorchio.
– E dov’è? Nel mio ufficio?
– No, naturalmente no. L’ho fatto entrare in quello del ragioniere...
– Va bene. Come si chiama?
– Non l’ha detto.
– Buonasera, signor...
– Buonasera Cavaliere, sono Lo Turco, di San Giuseppe
Vesuviano...
– Ma noi ci si conosce...
– Può darsi...
– Sì, noi ci siamo già visti. Io non scordo mai una faccia.
– Può darsi. In effetti sembra anche a me. Cavaliere, io stanotte
mi permetto di disturbarvi perché ho da chiedervi un piacere, e
perché mi trovo in uno stato di grande difficoltà...
– Mi dica...
– Ho preso un ordine... No, prima vi voglio dire che non sono
capitato qui per caso, mi ha mandato da voi vostro cugino Brunero,
che è un ottimo cliente e anche un caro amico, e da lui ci compro la
flanella per abito. Ne lavoriamo tanta nella zona di Napoli e San
Giuseppe.
– Sì, lo so.
– Magari ci lavorate anche voi con Napoli...
– Sì, infatti.
– Ecco, e quando ho spiegato a Brunero qual era il mio problema,
lui mi ha mandato da voi.
– Mi dica.
– Ora, ho ricevuto un ordine per fare quei giubbotti, sapete, quelli
da comunista, quelli verdi col cappuccio. Ne devo consegnare
ventimila per venerdì prossimo, e ventimila per il venerdì dopo. E li
vogliono foderati con la pelliccetta, capisce Cavaliere, e quindi sono
qua da voi.
– Ah...
– Dicono che c’è una grande manifestazione, e vogliono tutti la
loro uniforme... Si credono soldati pure loro, Cavalie’, vogliono fare
la rivoluzione...
– Sì, la rivoluzione, allora, mi dica...
– Insomma, io non voglio guardare alla qualità, che tanto di tessuti
non capiscono nulla, e voglio guardare poco pure al prezzo, lo dico
molto chiaramente, perché la mia prima preoccupazione è farli
cucire in tempo, questi giubbotti, e quindi io stasera devo tornare a
Napoli con tutto quello che posso portare, e la prossima settimana
sono pronto a tornare da voi per un altro viaggio.
– Signor Lo Turco, ascolti, io sono capitato in fabbrica per puro
caso... Non è che lavori anche di notte, soprattutto d’estate...
– No, ma io vi capisco...
– Mi faccia finire... Ora io chiaramente non mi metto a telefonare a
Brunero alle tre di notte per chiedergli se è davvero suo amico o
no... E comunque anche se mi pare di averla già vista da qualche
parte, e non mi ricordo dove, non posso darle del tessuto così...
Insomma, garanzie non ce ne sono, e assegni non ne prendo,
quindi... con tutto il rispetto signor Lo Turco...
– No. Aspetti, io pago in contanti. Guardi.
– Ah.
– Forse non mi ero spiegato, prima. Io pago in contanti. Cash,
come dicono a Nuova York. Non ve l’aveva detto il vostro uomo?
– Ah, ecco, sì, va bene, allora... quanti metri vorrebbe?
– Cavaliere, quello che avete pronto, io lo prendo fino a ventimila,
trentamila metri. Anche più. Quanto ci sta nei camion, io lo prendo.
Un peso standard, colore chiaro. Bianco-lana. Posso pagare fino a
duemila lire al metro. 

SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :

Commento all'articolo

Potresti aver perso questo