Promettimi che mi amerai – Lisa Destiny

SINTESI DEL LIBRO:
Quattro minuti all’incursione.
Era tardo pomeriggio e intorno a noi tutto era silenzioso.
Ero affacciato a una finestra di un’abitazione abbandonata e
fatiscente e scrutavo lo spazio davanti a me. Alle mie spalle gli
uomini della mia squadra – cinque dei migliori soldati che insieme a
me formavano lo squadrone d’assalto – imbracciavano gli M16 in
attesa di entrare in azione. A una cinquantina di metri di distanza al
secondo piano di un’altra abitazione abbandonata, erano appostati i
tiratori scelti.
Guardando attraverso il mirino del mio fucile diedi un’occhiata al
nostro obiettivo: la villa a poche miglia da Mosul, che ospitava i
membri di una milizia sciita irachena e le forze di élite della guardia
rivoluzionaria islamica iraniana. Fissai i dieci uomini armati che
erano di guardia all’entrata della villa. Quegli uomini sarebbero stati i
nostri primi nemici.
L’FBI ci aveva segnalato quella villa come possibile nascondiglio
delle armi di distruzione di massa. Ora il nostro compito era quello di
fare incursione in quella villa, neutralizzare i nemici e trovare le armi
chimiche.
Speravo che le armi chimiche fossero nascoste proprio lì.
Nelle ultime tre settimane - da quando avevamo lasciato la base di
Callil per raggiungere la città di Mosul - avevamo fatto incursione in
decine di ville. Eravamo stati coinvolti in numerosi attacchi. Eravamo
stati feriti e avevamo perso quindici dei nostri uomini. Ma il
nascondiglio delle armi chimiche ci era ancora ignoto e le armi di
distruzione di massa erano ancora in mani nemiche.
Dovevamo trovare quel sito. E alla svelta.
E non solo perché le armi chimiche potevano essere usate dalle
forze nemiche irachene per chissà quale atroce attacco, ma anche
perché più tempo saremmo rimasti lì a Mosul più perdite avremmo
subìto.
Lanciai un’occhiata alle mie spalle, verso i miei uomini.
Mi chiesi se saremmo sopravvissuti tutti a quell’attacco. Ci eravamo
preparati al meglio delle nostre possibilità. Avevamo studiato la
mappa della villa. Avevamo ripassato centinaia di volte il piano
d’azione, ma non potevamo sapere una volta dentro con quanti
ribelli avremmo avuto a che fare.
<<A tutte le squadre, qui Squadra Alpha>> dissi attraverso la radio.
<<Com’è la situazione lì fuori?>>
<<Qui Squadra Bravo>> disse il comandante dei tiratori scelti.
<<Niente da segnalare.>>
<<Qui Squadra Charlie>> rispose la voce del comandante della
squadra addetta ai bazooka. <<Niente da segnalare nemmeno qui.
Visuale libera fino alla vostra posizione, tutto tranquillo.>>
<<Qui Squadra Delta>> sentii la voce del caporale Bryan Gaith
seguita subito dopo dal suo sorrisino. <<Lo stesso vale per noi,
Sergente Maggiore. Ci grattiamo il culo in attesa del suo segnale,
signore.>>
Qualche risata seguì quel commento e sorrisi anch’io nonostante la
gravità della situazione.
Soltanto Bryan poteva uscirsene con una frase del cazzo in quel
momento.
<<Bene>> risposi. <<Sapete cosa fare, soldati. Entriamo lì dentro e
facciamogli vedere chi siamo>> li incoraggiai. <<Un’ultima cosa,
soldati. State attenti e non fatevi ammazzare, o mi farete incazzare
di brutto>>
<<Sì, signore>> risposero tutti, e la linea tacque.
Guardai la mia squadra.
Sembravano calmi, quasi indifferenti, ma c’era da aspettarselo. Ci
eravamo già passati tutti. Avevamo una lunga esperienza
nell’incursione e nella battaglia.
Preoccuparsi del nostro destino proprio in quel momento era inutile.
Qualcuno di noi sarebbe potuto morire quella sera. Lo sapevamo.
Quella era la guerra.
Promettimi che tornerai.
Quelle parole mi tornarono in mente un minuto prima che l’attacco
iniziasse. Erano le parole che mi davano forza. Quelle che mi
spingevano a lottare. A restare vivo.
<<È ora.>> Dissi alla radio e quelle due parole furono seguite da un
colpo di bazooka.
Bastò quello a far scatenare l’inferno.
I dieci uomini nemici di guardia all’entrata imbracciarono le loro
mitragliatrici e aprirono il fuoco. In risposta sentii le detonazioni dei
fucili dei cecchini.
Gli uomini di guardia furono raggiunti da altri ribelli armati. Venti
uomini, contai velocemente.
Percepivo la tensione dei miei uomini dietro di me, che seguivano lo
scontro dalla finestra con gli M16 già pronti in spalla.
Aspettavano i miei ordini, ma non era ancora il nostro momento.
Avremmo potuto lasciare il nascondiglio solo una volta che gli uomini
all’esterno della villa sarebbero stati neutralizzati.
Erano i ribelli all’interno della villa, gli uomini di cui noi avremmo
dovuto occuparci.
Sentii delle voci gracchiare dalla radio. I comandanti delle altre
squadre impartivano ordini ai loro uomini.
Sentii qualcuno sbraitare inferocito contro i ribelli, sentii il crepitio
delle mitragliatrici, un urlo disperato che poteva significare solo che
qualcuno era stato gravemente ferito… o peggio.
Sconvolto, chiusi gli occhi per placare la rabbia che mi ribolliva
dentro.
Fuori la battaglia infuriava.
I soldati e i ribelli sparavano all’impazzata ma poi notai che molti dei
nostri nemici stavano abbandonando la loro postazione. C’era solo
un gruppo di cinque ribelli concentrato in un unico punto.
Guardai la mia squadra e annuii.
Il nostro momento era arrivato: non ci sarebbe stata occasione
migliore.
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